Oggi, appena conclusa la sessione di esami di settembre, mi piacerebbe scrivere qualche riga sull’università italiana, in particolare sul Politecnico di Milano, dove ho studiato per la laurea triennale, e sull’Università degli Studi di Trento, che ho frequentato durante il primo anno di doppia laurea nell’ambito del progetto Eumi (European Master in Informatics). La motivazione alla base di un simile racconto è quella di dare consigli utili ai futuri studenti che volessero iscriversi a una di queste università, nonchè offrire spunti di riflessione sulle numerose problematiche relative al mondo accademico del nostro paese. Vorrei potervi descrivere i professori del posto, l’organizzazione, gli aspetti positivi e quelli negativi e così via. I miei avvocati hanno però consigliato prudenza, suggerendo di non citare i nomi degli interessati o i corsi che insegnano. Siccome questo limiterebbe non poco l’utilità del racconto, ho deciso di cambiare completamente argomento.
Vi parlerò delle Università di Trnt, ricca cittadina di montagna, e di quella di Mln, operosa metropoli interplanetaria, situate nel remoto pianeta Arret e più precisamente nella nazione di Ai-lati. In questo paese vigono regole ferree per quanto riguarda la scelta del nome di una persona: esso è composto sempre da sei lettere, le prime tre sono l’equivalente del nostro nome di battesimo, mentre le rimanenti sono quelle del cognome. Per ragioni culturali, di conseguenza, anche i corsi dell’università sono spesso indicati con delle sigle; ad esempio, il corso di Scienze delle Merendine si chiama SDM e così via. Fanno eccezione quelli definiti da una sola parola, come Elettrotecnica.
Su Arret esistono, come un po’ ovunque nella Via Lattea, i professori universitari. A seguito dell’evoluzione biologica del pianeta, essi si sono divisi in tre specie che descriverò brevemente:
ProfessorCazzoni (PC): sebbene percepiscano il 95% del loro stipendio dalle rette pagate dagli studenti, fanno di tutto tranne i professori. Sono troppo importanti per buttar via tempo a insegnare quattro concetti base ad una manica di giovanotti svogliati, e si dedicano, o credono di dedicarsi, alla ricerca (da cui proviene il rimanente 5% dei loro introiti). Organizzano Workshop, scrivono Papers, gesticono Meetings, tutti assolutamente inutili o insignificanti dal punto di vista intellettuale ma considerevoli nelle voci di bilancio dell’università (che è in genere di proprietà statale, quindi pagata con le tasse dai pochi, instancabili e onesti contribuenti di Ai-lati). Tratti caratteristici di questa specie sono il tempo di risposta ad una mail di uno studente (tra un mese e più infinito), il tempo di attesa per un colloquio (dalle 3 ore ai 2 giorni) e la puntualità a lezione (+/- 30 minuti: se un PC arriva mezz’ora prima in aula, comincia la lezione ugualmente così da stare meno tempo possibile in presenza degli abietti studenti).
Un PC dà il meglio della propria creatività durante la sessione di esame. Accortosi alle 10, grazie ad una telefonata del suo assistente, di dover presenziare un esame alle 8 dello stesso giorno, si incammina pigramente verso il luogo designato scarabocchiando, tra il viaggio in ascensore e l’immancabile sosta alla macchinetta del caffè, qualche esercizio su un foglio di carta. Giunto in aula, salva, con la mitica aura di potere che lo circonda, il suo assistente dal linciaggio, richiama con voce inflessibile i pochi studenti che osano protestare per il lieve ritardo (“Due ore e mezza rispetto all’intero anno accademico sono trascurabili”) e assicura che in dieci minuti si comincerà (“Datemi solo il tempo di fare le fotocopie della prova”). Ovviamente, visto l’accuratezza con cui l’esame è stato preparato, questo conterrà non meno di tre o quattro errori di concetto che vengono a turno scoperti dagli studenti più meritevoli. La reazione tipica a queste segnalazioni è un agghiacciante “Se non ha studiato non è colpa mia” oppure “E’ proprio sicuro di quello che dice?”. Poi, quando il numero di pellegrinaggi alla cattedra aumenta, il PC si degna di dare un’occhiata al testo da lui scritto e si accorge della presenza di qualche errorino (come velocità di un grave maggiore di quella della luce, puntatori di array che superano la lunghezza stessa dell’array e così via). Allora, con scaltrezza da imbonitore, segnala la cosa come una sua personale scoperta e conforta gli studenti, quei pochi che non hanno ancora abbandonato l’aula, regalando loro una mezz’ora in più per svolgere il compito.
Nel caso in cui l’esame sia orale tanto meglio: raramente un PC si ricorderà i contenuti del corso sul quale deve interrogare e tantomeno gli sovverranno i termini usati nelle slide che ovviamente non ha scritto e neanche letto. Quindi porrà delle domande pescate casualmente tra quelle che affollano la sua capace mente e all’espressione stupita del candidato risponderà con un paterno: “Le sto chiedendo proprio cose elementari” (però magari relative a un’altra materia). Alla lunga simili atteggiamenti possono portare a qualche protesta che potrebbe raggiungere le orecchie del Magnifico Rettore, munifico dispensatore di ricchezze, e quindi, in funzione del potere e del prestigio che lo distinguono, un PC può anche cambiare tattica: “prepara” (si fa per dire) esami abbastanza facili da passare, ma quasi impossibili da superare a pieni voti (bisognerebbe fare troppe domande per valutare se uno è davvero preparato, quindi tanto vale partire dall’assunto che nessuno lo sia). Per la ben nota Legge di Inerzia, ad esame passato non si guarda in bocca, specie se chi lo tiene è un PC, e anche ai più secchioni poco importa, in simili frangenti, di prendere 26 invece di 30.
ProfessorMinimo (PM): come suggerisce il nome, fanno il minimo indispensabile per non doversi vergognare guardandosi allo specchio: forniscono slide di qualità mediocre ma non pessima, tengono lezioni mediamente puntuali anche se senza particolare convincimento e l’esame in genere verte, per buona parte, sugli argomenti spiegati a lezione. Quando in presenza di un PC producono un speciale enzima che li fa rifulgere di una luce particolare. Spesso prendono di mira gli appartenenti all’altro specie, quasi a sottolineare la loro diversità e superiorità, e commentano sarcastici la disorganizzazione altrui. Rappresentano lo standard minimo che dovrebbe venire accettato in una Università degna di questo nome.
ProfessorProfessional (PP): quest’ultima razza è forse la meno rappresentata, perchè, col passare del tempo, a causa di colleghi appartenenti a specie diverse, di studenti poco stimolanti o decreti ministeriali bizzarri, i biologi hanno notato una spontanea mutazione da PP a PM o addirittura PC. In genere sono professori a contratto a cui piace insegnare ma, grazie a un’ottima organizzazione del loro tempo, fanno della Ricerca di buona qualità, riuscendo così a sopperire al basso stipendio. Hanno slide complete, interessanti e chiare, sono disponibili a colloqui di chiarimento, descrivono in dettaglio il programma del corso, fissano le date dell’esame all’inizio e ne enunciano le modalità con precisione. Non sopportano, a ragione, gli studenti perditempo ma aiutano volentieri quelli in difficoltà e conoscono il nome, o per lo meno il viso, di tutti coloro che frequentano i loro corsi.
Detto questo posso passare a descrivere in dettaglio i professori e i relativi corsi che un eventuale studente di laurea specialistica (o magistrale) di informatica potrebbe trovarsi ad affrontare qualora decidesse di fare il suo Erasmus nel paese di Ai-Lati, sia nella caotica Mln che nell’organizzata Trnt. Per rendere più facile la comprensione del testo si è deciso di tradurre i riferimenti culturali in modo che siano comprensibili ai terrestri meno avvezzi al sistema di valori Ai-latiano. Il lettore non ha che da scegliere in quale ateneo inoltrarsi, scegliendo tra i seguenti link:
Organizzazione generale
nonostante il nome, l’ateneo non è situato proprio nella città di Trnt ma sulle colline poco fuori, in località Pv. I mezzi che permettono di raggiungere il Tempio del Sapere sono in genere scomodi: si può prendere il treno fino alla base della collina e poi sperare che il bus sia in ritardo così da riuscire a sfruttare il minuto di coincidenza per recarsi alla fermata (altrimenti tocca aspettare altri venti minuti). Fatta eccezione per il bus delle 08.21, che ferma proprio davanti ai cancelli dell’università, resteranno infine da fare cinque minuti a piedi. Oppure, sempre dalla stazione dei treni, si può fare un’amena passeggiata di un quarto d’ora in salita (in inverno munitevi di Sherpa e d’estate non dimenticatevi le bombole d’ossigeno).
Tutta l’università si basa sul sistema informativo denominato esseThree (dalle iniziali di “Sistema Sostanzialmente Schifoso”). Le informazioni sono presentate in modo quantomeno caotico (tabelle quando basterebbe una riga, voti d’esame che si aggiornano dopo tre mesi e via dicendo), la manutenzione del sistema viene effettuata durante la sessione d’esame (offrendo ottime scuse a PC e PA per motivare la ritardata pubblicazione dei risultati) e, nonostante il servizio mail di ateneo sia stato abolito da circa 2 anni, campeggia ancora, tra i menu, il link che permette di raggiungerlo.
Sebbene Trnt sia dotata di una moderna tecnologia di scambio delle informazioni simile al nostro internet, i giudizi degli studenti sui corsi vengono ancora raccolti con questionari in carta e successivamente consegnati al docente di turno che può leggerli prima dell’esame. Curiosamente, tali questionari tendono ad assegnare un punteggio molto alto ai docenti. Qualche malvagio fa notare che se uno ritiene inutile frequentare un corso, difficilmente sarà presente in aula alla penultima lezione per poter esprimere il suo giudizio negativo. I più esterofili, comparano questo sistema di valutazione con quello nella nazione limitrofa, l’Airt-sua, nel quale tutto il processo è informatizzato e uno studente non può vedere il voto di un esame se prima non ha compilato online il questionario relativo alla materia. I dati vengono raccolti, elaborati e inviati al Direttore del Dipartimento che potrà valutare, in base a quanto segnalato dagli studenti e alla percentuale di promossi e bocciati, se premiare il professore, richiamarlo o allontanarlo dall’insegnamento. Gli studenti di Trnt non possono che guardare da lontano.
Un altro aspetto poco soddisfacente è il numero di crediti assegnato per ogni corso: per non far torto a nessuno, ogni esame superato comporta l’assegnamento di 6 CFI (Crediti Formativi Intergalattici, l’equivalente dei nostri CFU), anche se certi esami possono essere preparati in due giorni, mentre per altri non bastano neanche due mesi. Si ignorano le cause alla base di questa palese sproporzione, ma è ben noto che il docente del corso gioca un ruolo fondamentale nel renderlo, facile, difficile o equilibrato. Basterebbe fare una stima sul numero di studenti che passano al primo appello per avere una buona indicazione di quanto tempo sia necessario per preparare l’esame e di conseguenza assegnare un numero di crediti corretto o quantomeno verosimile. Ancora una volta si può constatare quanto con la nuova Riforma Interplanetaria Universitaria sia stata preferita la quantità alla qualità: a parte rare eccezioni, è impensabile che uno studente impegnato a dare dieci (10!) esami in un anno possa ricordare molto delle tante nozioni apprese durante i corsi.
Se paragonata ad altre università Ai-latiane, Trnt offre di certo un buon rapporto professore-studente e, visti i tanti quattrini che girano nella sua provincia, anche ottime possibilità lavorative. Inoltre, grazie ai numerosi accordi internazionali, si è sempre immersi in un ambiente multiculturale con docenti e studenti provenienti da tutta Arret. Con simili presupposti è triste notare una comunque alta concentrazione di PC, nonchè un certo impaccio nella logistica e nell’organizzazione dell’Ateneo, problemi che potrebbero essere agevolmente risolti con una maggiore informatizzazione del sistema e con l’introduzione di controlli rigorosi su corsi, docenti e studenti.
I professori
Alemos: è spesso considerato un ibrido tra PC e PM, rivalutato a seguito dell’umanità dimostrata agli esami e della sua simpatia burina e romanaccia. Parla un inglese che Berlusconi al confronto sembra madrelingua, con una pronuncia perfezionata all’Oxford Institute di Transtevere sotto l’attenta guida di Francesco Totti (“Endnaò wecàndu de decompàrisson betuen de operators” che tradotto in inglese corrente vorrebbe dire “And now we can do the comparison between operators”). Insegna i corsi di Mascinelernin (equivalente del nostro Machine Learning) e Informatica 1, facendola odiare a tutti i fisici e ai matematici. Seguire le sue lezioni è abbastanza inutile, a meno di voler assistere a un po’ di cabaret. Viene ancora ricordata dagli studenti di Trnt quella volta che si accorse, dopo la segnalazione del professore della classe accanto, che il microfono amplificava la sua voce in altre tre aule. “Aò, sono en mondovisione!” esclamò; e poi al microfono “Ciao a tutti, ragass!”.
Andpas: tiene insieme ad AleMos il corso di Mascinelernin ed è un fiero rappresentate dei PP. Conosce a menadito le sue slide, in genere di ottima fattura anche se spesso tendenti al matematichese, parla un ottimo inglese ed è disponibilissimo a dare chiarimenti sui passaggi più complicati. I suoi esami sono abbastanza difficili, ma fornisce tutti gli strumenti necessari a imparare quanto necessario per essere promossi. E’ molto utile seguire le sue lezioni, soprattutto vista la complessità e la vastità degli argomenti spiegati.
Stebar: è uno dei pochi professori che fa gruppo a se. Molti lo considerano un caso umano, dato che mangia sempre da solo in mensa, non produce nessuna idea rilevante (ha una sola assistente e nessun tesista) ed è frustrato dal fatto che la sua materia sia considerata assolutamente inutile da circa il 99.9% dei colleghi. Sopperisce alla mancanza di vita sociale bocciando praticamente tutti gli iscritti al suo corso di complexibility (il nostro computability), così da avere almeno qualcuno che venga a ricevimento a parlare con lui. I suoi esami sono composti in genere da cinque domande ognuna delle quali vale al massimo sei punti. Purtroppo, essendo abituato a ragionare in maniera molto astratta, discretizza tale punteggio cosicchè una risposta non perfetta riceverà sempre zero punti.
Non viene annoverato tra i PC perchè non ci si può lamentare della qualità delle sue lezioni nè della sua puntualità o disponibilità. Si racconta che, per essere promosso, lo studente medio debba almeno fallire tre appelli, ma c’è gente che ha provato il suo esame una decina di volte, raggiungendo magari sempre diciassette punti, senza comunque riuscire a impietosirlo abbastanza da alzare il voto di un punto. Sebbene il concetto più utile appreso dal suo corso sia un modo bislacco e ricorsivo di definire l’operatore di moltiplicazione, per qualche misterioso gioco di potere la sua materia è considerata fondante e obbligatoria per informatica, anche se numerosi studenti, alcuni di loro già quarantenni, stanno facendo pressioni sul Rettore per cambiare questa regola. Se siete in doppia laurea e non volete perdere tempo in maniera inutile, è consigliabile saltare questo corso o aspettare che il professore venga sostituito (cosa che succede con una certa regolarità al fine di permettere agli studenti di laurearsi).
Rafdea: soprannominato “Cicciotto”, è il portabandiera di ogni ProfessorCazzone che si rispetti. Pare sia laureato in ingegneria e si occupa di compiùtergraffìk (qualcosa di simile al nostro Computer Graphics) senza però aver ancora capito bene di cosa si tratti. Conosce la matematica quasi quanto Biscardi, e cerca, con metodi molto simili a quelli della Signora P., di farsi passare per grande intellettuale, parte che riesce a recitare per una manciata di secondi. Memorabili sono le sue lezioni che tiene in un idioma tutto particolare, del quale non possiamo non fornire qualche esempio con tanto di traduzione:
“Cioè, neanche io zo che conosco”
“De uindotoviùpotmàpping'” [The window-to-viewport mapping]
“Le coordinate del barr ricentro”
“Tale grande quanto grosso la dimensione” [intraducibile]
“il dòbble baffer” [double buffer]
“uno che disegna codice” [il programmatore]
“scalato uguale sgranato”
“De snoflak” [the snowflake, il fiocco di neve]
“non fate uno che non ci va dentro alle cose” [approfondite i dettagli!]
“Una condizione nel quale”
“Nel range più distante dal punto che era la misura non zarebbe l’oggetto proprio più interessante”
“Per lo sviluppatore significa di sviluppare il sòftever”
“Immàggì detèczion” [Image Detection]
“Due corpi quando si urtano si scambiano l’energia”
“Cioè se ho una curva curvica sempre quella è”
Riesce a far perdere la pazienza anche agli studenti più bravi e motivati come “Il Messia”, soprannominato così a causa della disponibilità evangelica con cui aiuta i compagni meno svegli, nonchè per il suo libretto ricolmo di Trenta e Lode. Si racconta che quest’ultimo abbia timidamente osato far notare che una funzione difficilmente può restituire più di un valore, come invece sostenuto dal nostro pacioccoso Rafdea (una cosa che neanche uno studente di prima liceo si sognerebbe di affermare). Questi, sentendosi attaccato, ha inizialmente tentato di prendere in giro il povero studente, poi, accortosi di non raccogliere il favore del pubblico, ha cercato di smorzare i toni. Ma ormai il Messia era già in Modalità Furia Divina e non avrebbe più fatto passare un solo errore al docente senza porre, in maniera assolutamente gentile e pacata (tipo Hermione Granger con Dolores Umbridge), le sue domande:
[Rafdea] “E andiamo a calcolarci la macsimùmbaundìnghe boxe, cioè la più grande regione di spazio che include tutti gli oggetti sulla scena”
[Il Messia] “Vuol dire la più piccola? Se no è sempre lo spazio da infinito a infinito che racchiude ogni oggetto”
[Rafdea] “No, la più grande… Cioè… Sì, la più grande, poi c’è anche la minimùmboundinge boxe… Che ce la andiamo a calcolare… però è più difficile e non si calcola… Ma poi c’è la maximùmme che anche si usa” [cambia argomento]
Lezione sulle b-spline:
[Rafdea] “E questa b-splain ce la andiamo a calcolare”
[Il Messia] “Scusi, in che modo?”
[Rafdea] “Non è che dobbiamo sempre approfondire. Ve lo andate a cercare.”
Però non si pensi che Rafdea non abbia senso didattico: nessuno come lui insegna a scomporre un problema complesso in tanti piccoli sottoproblemi più semplici: “Sapete fare l’incontro di due rette? Sapete plottare un cubo? E allora vi andate a calcolare l’urto tra un rinoceronte e un modellino di gondola in vetro semitrasparente. Tutto lì è. Sempre conti sono”. Inoltre, per cercare di ottenere il meglio da ogni studente, decide l’ultimo giorno di lezione di assegnare un nuovo progetto (oltre ai due fatti durante il corso) così da rendere impossibile per chiunque presentarsi alle prime due sessioni di esami. Ai pochi che osano lamentarsi della mancanza di professionalità risponde con un beffardo “Ma inzomma, lei lo vuol fare l’esame o no?”.
Un commentatore di parte potrebbe continuare ad elencare numerosi altri aspetti negativi (tipo le ditate che lascia sugli schermi dei portatili degli studenti) ma noi, desiderosi di essere imparziali, gli diamo atto di notevoli capacità manageriali: vanta migliaia di pubblicazioni (che neanche in tre vite un essere umano potrebbe aver scritto e tantomeno supervisionato) ed è direttore, probabilmente non per merito ma per conoscenze, di un’azienda di grafica che fa dell’ottima ricerca. I suoi assistenti e ricercatori valgono molto più di lui ma, da buona primadonna, non gli lascia finire una lezione senza un suo personale cappello conclusivo che in genere si dimostra fuori tema o in disaccordo con quanto spiegato nelle ore precedenti. Le lezioni, soprattutto se tenute dal nostro Rafdea, sono addirittura controproducenti, perchè si rischia di imparare qualcosa di sbagliato. Quelle degli assistenti sono un pochino meglio, ma spesso si trasformano in pubblicità per l’azienda di grafica del professore (“Comprate il nostro set di pentole, in regalo un simulatore di Enhanced Reality!”). Il succo della storia é: non perdete tempo con questo corso, a meno che non abbiate una forte, fortissima passione per la materia che vi faccia dimenticare chi la insegna.
Johmyl: un altro mitico professore, assolutamente PP. Il suo corso, OIS, è perfettamente strutturato, sono chiari gli obiettivi, le modalità d’esame e le scadenze. Le sue lezioni non sono proprio emozionanti, per colpa della materia non del suo modo d’insegnare, e tantomeno fondamentali al fine dell’esame. Risponde alle email molto in fretta e fissa per l’esame orale un’orario per ogni persona, così da non far aspettare gli studenti per ore (chissà perchè gli altri docenti non ci pensano?). Anche sul settore della ricerca è molto stimato, ha diversi tesisti e dottorandi. Insomma, un corso assolutamente da fare.
Fabdal: assistente di JohMyl ha tutte le caratteristiche per diventare un ottimo PP. Parla un buon inglese, è disponibilissimo e appassionato della sua materia. Non perdetevi i suoi utilissimi tutorials, assolutamente necessari per preparare il progetto d’esame.
Faugiu: è più un PC che un PM, soprattutto vista l’indisponenza dimostrata durante gli orali, ai quali arriva con anche due o tre ore di ritardo. Insegna due materie, ML e LDKR che per il 60% hanno il programma in comune. Questo rende i suoi corsi molto appetibili (studiando per un corso e poco più c’è la speranza di passare ben due esami), cosa che non può che infastidire il docente, dato che dovrà interrogare tanti studenti, molti dei quali poco preparati, e quindi perdere parecchio tempo. Faugiu si sente allora autorizzato a porre domande che appartengono sia ad LDKR che a ML, indipendentemente dal fatto che stia facendo l’esame di ML o LDKR. Quei pochi, in genere stranieri, che osano controbattere “Scusi, ma questo non è nel programma del corso” verranno spietatamente bocciati. Per il resto è anche un bonaccione, in fondo buono e anche rapido a rispondere alle mail, però è chiaro che potrebbe fare molto di più a livello di insegnamento, soprattutto visto che le materie teoriche di cui si occupa non necessitano nemmeno di un costante aggiornamento.
Fabmas: credeteci o no, le sue slide del suo corso di Complessity (il nostro Complexity) sono, in alcuni punti, scritte con il mouse (come se fossero scritte a mano)! Questo fatto dovrebbe già bastare per ricevere l’appartenenza onoraria al gruppo dei PC.
Ma se ancora non bastasse, l’esame è composto per due terzi da domande a crocette (alcune vere, alcune false, tutte vere, tutte false) che sono note agli studenti ormai da decenni e non vengono mai cambiate (troppa fatica pensarne di nuove!). Nonostante sia possibile portare materiale, appunti e slide alla prova e tutti abbiano lo stesso foglio di soluzioni, i voti finali sono, stranamente, molto diversi, dato che viene usato uno speciale algoritmo di normalizzazione ricorsivo che i più maligni suppongono sia:
Step 1: ritagliare 15 pezzetti di carta
Step 2: scrivere su ogni pezzetto di carta un solo carattere tra “B” (bocciato), “L” (30 e lode), 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30
Step 3: scorrere in ordine alfabetico la lista degli esaminati e, per ognuno di essi, pescare un pezzettino di carta e assegnare il voto su esso riportato
Il restante terzo del voto è dato da domande aperte, molto simili a quelle spiegate durante l’esercitazione, inutile da seguire sebbene possa valer la pena tentare di risolvere gli esercizi assegnati. Solitamente, se è stato spiegato come dimostrare A, all’esame verrà richiesto di dimostrare che NOT A è falso.
IdaKKK: è la tremenda esercitatrice del corso di Complessity. Alzarsi alle sette di mattina per seguire una sua lezione può rovinarvi completamente l’umore per il resto della giornata. La sua voglia di vivere e la sua vivacità intellettuale, in genere paragonabili a quella di una talpa in letargo, rendono la lezione avvincente quasi quanto guardare il cemento che asciuga su un marciapiede. Grazie a Dio, avendo finito il suo dottorato, è tornata al suo paese natio e speriamo vi rimanga ancora a lungo.
Antdea: laureata in psicologia, insegna diversi corsi fuffa (ormai di moda in tutta la galassia, come “Interazione alieno-macchina” e “Management di un progetto software interplanetario”). Possiede una buona conoscenza d’inglese e crede di essere tremendamente occupata, ma in realtà molto tempo lo passa a organizzare incontri e viaggi con colleghi e amici. Ci mette un’eternità a correggere gli esami e risponde raramente alle mail. Se siete di fretta con gli esami potrebbe tornare utile provare un suo corso, ma non fatele notare che non prendete la sua materia sul serio altrimenti la bocciatura è quasi automatica.
Yanvel: un altro PP, professionale, disponibile e molto bravo a spiegare. Il suo corso di DI tratta argomenti molto interessanti ed è abbastanza facile da passare, dato che verte solo sugli argomenti spiegati a lezione e sulle slide.
Thepal: cambia gruppo a seconda del corso che insegna: in Data Mining, nonostante il perenne ritardo a lezione, appartiene sicuramente ai PP, dato che fornisce ottime slide, apre interessanti conversazioni ed è chiaramente appassionato di ciò che insegna. Arriva addirittura ad imparare i nomi degli studenti e cerca di tenere sempre sveglia l’attenzione in classe con continue domande e dibattiti. Invece in Informatica 1, dove è uno degli assistenti di AleMos, si lascia un po’ andare: le sue esercitazioni si risolvono nella semplice copiatura del codice dalle slide al computer e questo lo fa scivolare nel gruppo di PM.
Andros: insegna Informatica Legale (il nostro Intellectual Property) ed è molto appassionato sia di computer che di giurisprudenza. Il suo corso è ottimo per studiare qualcosa di un po’ diverso dal solito, e si riduce all’attenta lettura di due libri sulle licenze informatiche e sul software libero. A buon intenditor poche parole.
Marron: Insegna WA ed è l’unico professore che cerca di utilizzare al meglio le mille facilitazioni offerte dall’informatica per l’insegnamento: sul suo sito sono disponibili video delle lezioni, slides e links. Purtroppo il materiale fornito non è per niente aggiornato, cosa che fa precipitare le quotazioni del nostro. Tra l’altro, nel caotico mondo di Java, un cambio di versione o di DTD significa solitamente che il codice usato in precedenza non è più funzionante. Le sue lezioni sono sempre molto generali, ma alla fine è richiesto un progetto che a sporcarcisi le mani porta via davvero un’infinità di tempo a causa dei piccoli, stupidi e concettualmente irrilevanti problemi di funzionamento di java e relative estensioni. Potrebbe utilizzare le ore a disposizione per spiegare più dettagli pratici (che sono quelli che fanno davvero perdere tempo) e meno concetti astratti (che possono sempre essere appresi sui libri). WA è un corso che richiede parecchi mesi di studio, però permette di acquisire anche utili conoscenze professionali. Indicato solo per studenti forti e appassionati.
Capitolo a parte merita il suo inglese che è abbastanza caricaturale (tipo “The Italian man who went to Malta”). Sei mesi di corso di pronuncia e grammatica non gli farebbero certo male, soprattutto se si considera che insegna principalmente a studenti internazionali. Qualcuno potrebbe obiettare che questa pignoleria nei confronti della lingua parlata da un professore sia eccessiva, ma un’università che si pregia di avere corsi di laurea interamente in inglese dovrebbe pretendere dai suoi docenti almeno gli stessi livelli di conoscenza dell’inglese richiesti agli studenti (ad esempio la versione intergalattica del TOEFL). Questo potrebbe evitare imbarazzanti situazioni come l’ormai celebre “Take this shit and pass it on” riferito ad alcuni fogli di brutta da passare ai compagni seduti due banchi più indietro.
Organizzazione generale
Il campus universitario è sparpagliato su tutta la superficie metropolitana, ma, fortunatamente, i trasporti pubblici aiutano parecchio la mobilità. A livello amministrativo l’organizzazione è buona: non è quasi mai necessario recarsi di persona agli sportelli, dato che tutta la burocrazia può essere agevolmente sbrigata via internet. Nonostante questo, la suddivisione in dipartimenti è abbastanza caotica e non standardizzata, il che rende difficile l’accesso alle informazioni sui corsi.
L’università gode di una buona fama internazionale e interplanetaria e nel tempo ha sfornato o ingaggiato scienziati e studiosi di ottimo livello del calibro di N. Atta, C. Ercignani e Q. Arteroni. Come sempre, appena si abbassa lo sguardo dalle rifulgenti vette dell’intelletto umano fino alla piana e grigia mediocrità quotidiana si rischia di precipitare nel baratro della depressione: l’università dovrebbe sì selezionare i migliori (che in genere sono in grado di studiare qualunque cosa da soli e senza problemi) ma anche permettere allo studente medio di ricevere un servizio decente di insegnamento (soprattutto se si considerano le non trascurabili rette elargite). Questa non sembra essere una priorità della Politechnische che annovera tra le sue file, salvo le solite rare eccezioni, buoni ricercatori ma non altrettanto bravi docenti.
Anche in questa università i giudizi sui professori sono raccolti su supporto cartaceo ma vengono consegnati solitamente al Presidente del Corso di Studi che li archivia diligentemente. Un altro problema molto sentito è il supporto dato agli studenti Erasmus sia in entrata che in uscita. Sembra, forse non del tutto a torto, che tale periodo di scambio sia considerato una totale perdita di tempo e pertanto l’assistenza fornita è alquanto scadente: professori e segretarie che non parlano inglese, alloggi imprensentabili e coordinatori non rintracciabili. Famoso un avviso comparso nella bacheca dello Studesk, l’ufficio che dovrebbe occuparsi degli studenti internazionali: “Your TESSERINI are the Studesk! Please come to us to bring them!”
I Professori
Stemor: ex-docente delle temibili ana-lisi 1 e ana-lisi 2, non si prepara una lezione dal 1932 riuscendo quindi ad impantanarsi anche nelle spiegazioni più semplici. E’ un teorico dichiarato e infatti a memoria d’uomo non risulta che sia mai riuscito a risolvere un solo esercizio. Per questo motivo, pur sapendo di avere poche ore a disposizione, preferisce approfondire marginali dettagli come il fondamentale teorema di Peano-Jordan sugli spazi misurabili, al posto di insistere su aspetti meno astratti ma di sicuro più richiesti nei corsi successivi. Come supporto per i suoi corsi, che trattano concetti complicati e molto utili in ogni aspetto del sapere scientifico, suggerisce un libricino di sessanta pagine, probabilmente scritto da qualche amico, che non contiene neanche un esercizio svolto e tantomeno le soluzioni a quelli proposti. A chi fa notare questa piccola mancanza del materiale didattico rispondere sereno: “Se capite la teoria poi riuscite anche a fare gli esercizi”. Sarebbe come dare la macchina in mano a chi ha sostenuto solo l’esame a crocette della patente. I suoi esami sono considerati molto difficili da passare (famoso il primo appello di analisi del, credo, 2006, dove ci furono dodici promossi su 130, circa il 9.2%). Fortunatamente il nostro è in pensione ormai da cinque anni, sebbene si racconti che ancora oggi compaia ogni tanto in ufficio pretendendo di avere accesso ai calcolatori e alle licenze gratuite di Matlab.
Alfava: assistente del corso di Ana-lisi, non si vede con il professore da circa dieci anni e di conseguenza non sa a che punto del programma sia arrivato. Ha la fama di affrontare anche gli esercizi più semplici con i metodi più astrusi (immortale la sua risoluzione di una disequazione di primo grado mediante paraboloide di rotazione nello spazio con tanto di disegno 3D). Essendo mancino, tende a cancellare con un rapido movimento del polso quanto appena scritto alla lavagna e nei momenti di concentrazione, portandosi la mano alla fronte, scompare in una nuvola di gesso.
Flodal: è la parte Jedi di Stemor: materna, simpatica, conosce il nome e il volto di ogni studente. Le sue lezioni sono semplici e lineari, e mirano a trasmettere bene qualche concetto base piuttosto che spiegare male le più complicate astrazioni. I suoi esami sono di una facilità esasperante (80% di promossi, 30% di voti superiori al 28) il che le porta la simpatia dei suoi studenti ma l’odio di quelli degli altri scaglioni.
Maunis: ineccepibile docente di fisica, ha un’aura di eleganza, puntualità e precisione che lo accompagnano ovunque vada. Seguire le sue lezioni è sicuramente interessante ma può provocare depressione e affaticamento, dato che i formalismi e la matematica usata sono molto avanzate per uno studente del primo semestre. Inoltre, ai fini dell’esame che è per lo più pratico, il materiale trattato nel corso è abbastanza irrilevante.
Vitamo: un altro rappresentante dei PC, appartiene alla “vecchia guardia” dei super baroni, essendo stato nientemeno che il pupillo di colui che progettò la rete metropolitana di Mln. Le sue lezioni di Elettrocuzione (il nostro Elettrotecnica) sono qualcosa di surreale: passa il tempo a parlare di quante cose interessanti si potrebbero fare se gli studenti conoscessero una matematica più avanzata. Non si occupa per niente del suo corso, per il quale percepisce certo un lauto stipendio, ma lascia tutto nelle mani del suo povero assistente.
Masred: assistente del prof. Vitamo, spiega abbastanza bene, risponde alla mail praticamente in tempo zero e, cosa incredibile, corregge gli esami in un giorno. Tutto sommato è una fortuna che gli sia stato affidato il corso di Elettrocuzione.
Paocre: dicono non sia male a spiegare e questo ci fa solo piacere. Purtroppo è anche Coordinatore degli Studenti Erasmus ed è perennemente irreperibile. Non bastano fax melensi, email piagnucolose, telefonate minatorie ad avere la sua maledettissima firma sul Learning Agreement, il documento che regola il trasferimento dei crediti da una università all’altra. Si racconta che uno studente, per vedersi riconosciuti gli esami, abbia dovuto sorprenderlo nel suo ufficio minacciando di non andarsene fino a quando la questione non fosse stata risolta.
Alblev: docente di Automatica, non è un semplice professore ma un vero mito. Le sue lezioni sono divertenti e al tempo stesso utili. Disponibile a spiegare più volte (in maniera diversa) il medesimo concetto, tiene viva l’attenzione facendo spesso domande e illustrando sempre esaurientemente le sue scelte didattiche. Agli esami può essere un po’ carogna; si racconta che motivò il voto basso dato a uno studente dicendo: “Lei ha fatto tutto giusto, trasformate, integrali, matrici ma mi ha sbagliato un’equazione di secondo grado. Si tratta chiaramente di un errore di distrazione però il ponte che voleva progettare cadeva lo stesso. Venti.”. Nel poco tempo a disposizione riesce anche a comunicare il suo sistema di valori, specie per quanto riguarda il software libero e l’interazione di un alunno con l’università. Un corso assolutamente da fare!
Vincal: divide la sua vita tra due grandi passioni: la visione artificiale e l’organetto diatonico, strumento del quale è indiscusso maestro. A detta di molti studenti, sia di strumento che di informatica, sarebbe meglio se si dedicasse interamente alla musica. Nelle sue lezioni di informatica1 potrebbe benissimo fare da controfigura a un igloo per calore e interesse trasmesso ma si può capire che insegnare simili banalità non sia attività degna di un uomo cotale (nonostante percepisca per questo un non indifferente stipendio). Uno dei suoi pochi doveri semestrali è quello di preparare un esame scritto (o quantomeno controllare la bozza proposta dai suoi assistenti), possibilmente privo di errori. Ovviamente, essendo impegnato in ben altre ricerche, non riesce a portare a termine questo delicato compito e, a ragione, i suoi esami rischiano spesso di trasformarsi in linciaggio. Per vedere le correzioni della prova, bisogna fare almeno un’ora di corridoio (“Vi riceverò a breve, ma quanti siete? Che volete? Sì ma quanti siete? Un Fiorino!”). Ai pochi coraggiosi che resisteranno verrà consentito di dare un’occhiata veloce all’elaborato. Se avete domande specifiche la risposta standard è: “Non l’ho corretto io ma l’assistente che al momento non è qui”.
Giufon: rappresenta il prototipo del precario sfruttato: ben oltre la quarantina, campa con un contratto da rinnovare ogni anno e con qualche elemosina elargita dal suo barone. Una simile situazione di stress e insoddisfazione necessita una valvola di sfogo che è solitamente individuata nei giovani studenti del corso di Laboratorio di Informatica 1. Le regole prevedono che su dieci sessioni pratiche lo studente debba frequentarne almeno otto. In ognuna di queste verranno proposti degli esercizi da risolvere e consegnare. Durante il tempo a disposizione gli assistenti gireranno per la classe fornendo aiuto, ponendo domande e, in base alle risposte ottenute, assegnando punteggi. La tattica del Nostro è quella di apparire alle spalle delle poche studentesse presenti (che, si sa, sono in genere psicologicamente più fragili) e iniziare a tartassarle di domande fino alle lacrime o all’esaurimento nervoso. Le abbandonerà poi piangenti, scribacchiando qualcosa su un foglio di carta e sibilando un profetico “Fossi in lei non mi presenterei all’esame”.
La frustrazione di quest’uomo raggiunge vette inarrivabili: si racconta di uno studente che, per sfruttare al meglio i laboratori, decise di frequentarli tutti e dieci. Sebbene avesse già le tre valutazioni richieste (e tutte con 5/5 cioè il massimo dei voti), Giufon decide di interrogarlo anche l’ultimo giorno. Insoddisfatto dal “codice poco elegante” del ragazzo, gli assegna solo 4/5, punteggio che andrà a far media con i precedenti e, approssimando per troncamento, il voto finale sarà 4/5. Gente simile sa come ricompensare lo studio e l’impegno degli studenti, motivandoli a dare sempre il meglio di sé.
Steveg: entusiasta insegnante di EDO, riesce a rendere interessante e distensivo anche il Teorema delle Contrazioni di Banach-Caccioppoli. Ovviamente, non occupandosi di ricerca, è semplicemente un professore a contratto senza alcun peso.
Adavar: immortale docente di Algebra, è assolutamente incompatibile con qualunque tecnologia inventata dopo le schede perforate. Di femminile ha solo il nome, ma tratta la cosa come se fosse un problema altrui. Le sue lezioni cominciano ad essere abbandonate non appena vengono introdotti i concetti di Autovalore e Autovettore: per risparmiare tempo, infatti, la Nostra abbrevia tutto con “Autov.” e la lavagna si trasforma presto in un labirinto di Minosse nel quale si srotola il filo d’Arianna dei suoi pensieri.
E’ l’unica docente di tutto il corso di studi a valutare con un esame a crocette (però si può arrivare al massimo a ventiquattro, per voti più alti è necessario uno scritto aggiuntivo) e questo le porta la simpatia di numerosi studenti. L’affetto nei suoi confronti è spesso manifestato affacciandosi alla porta dove sta facendo lezione urlando “Ciao Ada!” (pronunciare solo le prime tre lettere di un nome è considerato abbastanza offensivo su Ai-lati). “Ognuno si diverte come può” borbotta la Nostra continuando, come se niente fosse, a dimostrare il Teorema di Rouché-Capelli.
Paopao: un altro barone che più ProfCazzone non si può. Già dal suo ufficio si nota che ha ben poco a che fare con l’ingegneria (poster colorati, dipinti, foto) e quando si scopre che si occupa di “Ipermedia, Design, Implementazione e Multimedia” tutto si chiarisce. Insegna corsi fuffissima ma ha importanti contatti con le università della ricchissima nazione di Arez-zivs, nonchè accordi con il Ministero dell’Istruzione di Ai-lati. Fare una tesi con lui è un’esperienza unica: tutta la comunicazione avviene tramite la sua segretaria (quindi impiega il doppio del tempo, si ha una media di una risposta ogni 8 giorni), l’argomento viene cambiato una decina di volte (perchè lui tende a dimenticarsi quanto scritto nella mail precedente) e non vengono fornite neppure informazioni relative allo svolgimento della discussione di laurea.
La leggenda vuole che, per accedere al suo ufficio, il Nostro disponga di un ingresso secondario segreto in perfetto stile Bat-Caverna. Due testimoni affermano di averlo inutilmente aspettato davanti alla porta del Dipartimento, dopo essere stati informati dalla segretaria che il professore si trovava sfortunatamente imbottigliato nel traffico. Paopao li ha però ricevuti tre quarti d’ora più tardi senza passare dall’ingresso. Grossolano cacciaballe o supereroe geloso della propria identità? Ai posteri l’ardua sentenza!
Quanto descritto nei link, adeguatamente adattato al nostro piccolo Pianeta Azzurro, ci permette di individuare le principali problematiche del mondo universitario e proporre alcuni possibili rimedi: l’arcaico dualismo ricerca-docenza rovina i bravi ricercatori, obbligandoli a fare anche da insegnanti, lavoro per il quale non sono proprio portati, e al tempo stesso soffoca la carriera dei bravi docenti che, non occupandosi principalmente di ricerca, rimangono perennemente professori a contratto. Questa incongruenza si ripercuote sugli studenti che potrebbero avere un servizio migliore, imparare più cose e quindi essere più produttivi e utili per il Paese, nonché ricevere il supporto didattico per il quale elargiscono munifiche rette. Sembra quasi che l’unico servizio offerto da molte università sia il diritto a sostenere esami e ricevere infine un pezzo di carta che, in base alla qualità dell’Ateneo e del percorso di studi scelto, certifichi l’intelligenza e le capacità dello studente.
L’altra faccia della medaglia sono gli studenti svogliati, disinteressati e imbonitori che sfruttano ogni possibile cavillo, impietosendo professori e assistenti, per liberarsi degli esami. Un simile atteggiamento è generato sicuramente da problemi pregressi ma anche dalla situazione attuale dell’università: professori come Rafdea, Stebar o Stemor non invogliano certo a prendere l’università sul serio. Alla luce di queste considerazioni non stupisce affatto l’aumento di disoccupazione dei neolaureati: la maggior parte degli studenti sceglie facoltà fuffa e anche in quelle un tempo impenetrabili come Ingegneria, Medicina e Giurisprudenza, si nota un aumento notevole dei laureati, probabile indice di un abbassamento dei livelli di conoscenza richiesti. Quanto detto può suonare quasi reazionario, ma un conto è dare a tutti la possibilità di studiare, un altro è dare a tutti la possibilità di laurearsi, cosa che svuota di ogni valore la Pergamena e non fa che ritardare l’ingresso degli studenti nel mondo del lavoro, deludendone per altro le aspettative (“Ma come, sono laureato e vado a lavorare da McDonald’s?”).
Scioccato da quanto raccontato, il lettore potrebbe infine domandarsi se esistano soluzioni a questi immensi problemi. Forse no, ma è sicuramente possibile migliorare almeno in parte la situazione, ispirandoci ai migliori professori e alle università straniere che hanno sempre qualcosa da insegnare. Ad esempio: ci sono persone che sicuramente necessitano più tempo per apprendere le nozioni richieste in un certo corso, ma bisogna togliere a questi la possibilità di sostenere a oltranza un esame fino al raggiungimento del tanto desiderato diciotto. In Germania, per ovviare a questo problema, lo studente ha solo tre (tre!) possibilità, in tutto il suo periodo di apprendimento, per sostenere un esame, dopodichè il rischio è quello di essere espulsi dal corso di studi. Qualcuno potrebbe giudicare un simile atteggiamento troppo selettivo (si può discutere sullo spostare il limite a cinque tentativi) ma ricordiamo, per chi fosse stato assente, che la Germania, nonostante sia stata divisa a metà per quarantanni e abbia perso due guerre mondiali, è ancora la potenza economica più trainante d’Europa. Probabilmente è anche merito del sistema di formazione. Bisogna solo capire cosa vuole essere l’Università Italiana: una fabbrica di mamme felici, feste di laurea e futuri disoccupati o un centro di Formazione di qualità, competitivo, in grado di sfornare professionisti competenti e utili alla società?
Ridata la giusta dignità al sostenimento di un appello d’esame, il problema successivo è il modo in cui è strutturata la prova: in genere si viene bocciati perchè il professore chiede cose non spiegate, propone esercizi assurdi o fuori standard. Questo non deve più accadere: una volta fissati gli obiettivi didattici, deve esserci una domanda per ognuno di questi; solo così si evitano i colpi di fortuna (“Mi ha chiesto gli unici due capitoli che avevo studiato”) o le scalogne estreme (“Mi ha chiesto gli unici due capitoli che NON avevo studiato”). Allo stesso modo il programma del corso deve essere finalizzato, soprattutto nel triennio, all’insegnamento di concetti generali e utili, il più possibile distaccati da problematiche filosofiche e metafisiche, che rischiano di essere banalizzate o non comprese. Mi riferisco, ad esempio, al corso di Analisi 1, Fisica e Analisi 2 per Ingegneria. Che senso ha, con il poco tempo a disposizione, obbligare gli studenti a imparare a memoria, senza alcuna comprensione, tonnellate di teoremi che verranno dimenticati il giorno successivo alla prova, e magari non insistere con esercizi di consolidamento su integrali e trasformate, nozioni che verranno utilizzate in tutti i corsi successivi? Certo, per un professore può risultare noioso insegnare “a far di conto” ma questo è certamente il primo passo per comprendere, in una fase successiva, le problematiche più concettuali.
Troppo spesso, poi, capita che il medesimo corso, tenuto da diversi professori, abbia un numero sproporzionato di promossi o bocciati. La prova deve essere la stessa per tutti e controllata usando standard di correzione comuni o in modo collegiale, come già accade nei Dipartimenti più attenti alla didattica di Mln. Il rischio, altrimenti, è che vengano meno i presupposti di uguaglianza tra i corsi e sul Supplemento alla Laurea sarebbe più corretto scrivere “Analisi 1: 30 con Flodal“ oppure “Analisi 1: 18 con Stemor“. Quanto detto ci porta inevitabilmente all’annoso problema dell’assegnamento dei crediti universitari corrispondenti a ogni esame superato: difficile stimare il carico di studio necessario all’apprendimento dei concetti di un certo corso, soprattutto perchè questo dipende, in genere, sia dal professore che dallo studente. Una soluzione potrebbe essere l’approccio statistico, misurare il tempo medio che uno studente necessita per passare l’esame e il voto medio ottenuto, anche se sarebbe poi complicato adattare tale numero al requisito di sessanta crediti in un anno. In ogni caso, una volta garantita una buona didattica, questa diventa una problematica marginale e, a tratti, arbitraria.
Ma come assicurare che un professore faccia il suo dovere di bravo docente? Innanzitutto sarebbe necessario separare le carriere: è impensabile che uno studente desideroso di insegnare debba attraversare anni e anni di dottorato, piegarsi alle proposte più assurde del suo coordinatore, per poi vedersi scavalcato da colleghi più zelanti nella ricerca. Allo stesso modo, uno studente che voglia mettere alla prova le sue capacità di ricercatore non deve essere obbligato a fare il docente perchè il rischio è quello di rovinare intere generazioni di allievi.
Un professore entusiasta della sua materia è ben consapevole del supporto alla didattica di qualità offerto dalla Rivoluzione Tecnologica di questi anni: basterebbe, per ogni corso, registrare una lezione ben fatta, una volta per tutte, e poi pubblicare il relativo video e materiale che diventano così patrimonio dell’Università. Lo studente si scarica il video, lo guarda, e usa le lezioni per fare domande sugli argomenti che non ha capito, rendendo la comunicazione molto più rapida e personalizzata. Siccome la realtà è diventata molto più complessa di quanto non fosse cinquantanni fa, i dubbi possono anche essere segnalati tramite email, forum e messaggi così da dare il tempo al professore di cercare una risposta adeguata (è questo il caso di corsi che trattano tematiche allo stato dell’arte). Quanto illustrato accade già a livello di Università in America, Francia e Germania, nonchè in qualunque corso privato un minimo professionale. In Italia, il tutto viene lasciato all’iniziativa del singolo, che presto, circondato da colleghi svogliati, si arrende o lascia il lavoro a metà.
La tecnologia viene in aiuto anche per la questione dei giudizi sui professori: una piattaforma informatica d’ateneo ben fatta deve assicurare che uno studente non possa vedere il voto ottenuto in un esame senza aver prima espresso la sua opinione sul docente, sul corso e sugli argomenti spiegati. Usando metodi statistici, pesando i giudizi in base al profitto degli studenti e guardando il numero di promossi e bocciati al fine di evitare brogli o taciti accordi, diventa abbastanza semplice individuare i professori più scadenti, richiamarli e, se è il caso, tagliargli i finanziamenti per nuovi computer, worshop al Lago di Garda e simili. Stessa cosa per i corsi: se uno studente con una media del trenta e uno con la media del diciotto trovano un corso rispettivamente troppo facile o troppo difficile la cosa è poco rilevante, mentre il parere assume un certo peso se proviene da studenti con medie tra ventiquattro e ventotto.
Altro aspetto fondamentale sul quale insistere sono i controlli da portare a termine durante la prova d’esame: bigliettini, appunti, sostituzione di persona non possono essere permessi in una università seria. Al riguardo esistono di sicuro regolamentì e prassi da seguire (come ad esempio l’obbligo di controllare l’identità del candidato, verifica apparentemente scontata ma che raramente viene eseguita). Molti professori, purtroppo, per pigrizia, disinteresse o dimenticanza, ignorano queste regole, permettendo anche ai più furbi e meno preparati di passare gli esami. Si dirà che un simile atteggiamento è propedeutico al mondo del lavoro, dove il più forte e il più astuto hanno la meglio, però chi scrive ha la speranza (o l’illusione) che l’università sia qualcosa di diverso: l’unico bene prezioso dovrebbe essere la Conoscenza, per ricevere la quale, famiglie e studenti investono una non indifferente quantità di denaro e tempo. Infine è ovvio che i più esperti e smaliziati riusciranno a trovare modi sempre più raffinati di eludere i controlli, ma assicurare un minimo di rigore è anche un segno di rispetto nei confronti dei più onesti.
Trasformando quello che voleva essere uno scritto divertente in una serie di riflessioni abbastanza noiose, sono state illustrate alcune proposte per il miglioramento dell’università. Non si tratta di richieste fantascientifiche, ma solo di considerazioni basate sul buon senso, di idee in parte attuate, qua e là, in qualche ateneo più all’avanguardia o timidamente proposte dai docenti più volenterosi. Stupisce però la completa assenza di un vivo dibattito al riguardo, la mancanza di leggi, regolamenti e proposte istituzionali che spingano al rinnovamento; intristisce il silenzio delle associazioni studentesche e dei professori, troppo impegnati a protestare incondizionatamente contro i decurtamenti alla ricerca per domandarsi dove potrebbe essere utile tagliare e dove invece bisognerebbe investire.