Rimini (1978)
Andrea
Fabrizio De Andrè
Andrea
Testo
Testo
Andrea s'è perso s'è perso e non sa tornare
Andrea s'è perso s'è perso e non sarà tornare
Andrea aveva un amore Riccioli Neri
Andrea aveva un dolore Riccioli Neri.
C'era scritto sul foglio ch'era morto sulla bandiera
C'era scritto e la firma era d'oro era firma di re
Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.
Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.
Occhi di bosco contadino del regno profilo francese
Occhi di bosco soldato del regno profilo francese
E Andrea l'ha perso ha perso l'amore la perla più rara
E Andrea ha in bocca un dolore la perla più scura.
Andrea raccoglieva violette ai bordi del pozzo
Andrea gettava Riccioli Neri nel cerchio del pozzo
Il secchio gli disse - Signore il pozzo è profondo
più fondo del fondo degli occhi della notte del pianto.
Lui disse mi basta mi basta che sia più profondo di me.
Lui disse mi basta mi basta che sia più profondo di me.
Andrea s'è perso s'è perso e non sarà tornare
Andrea aveva un amore Riccioli Neri
Andrea aveva un dolore Riccioli Neri.
C'era scritto sul foglio ch'era morto sulla bandiera
C'era scritto e la firma era d'oro era firma di re
Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.
Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.
Occhi di bosco contadino del regno profilo francese
Occhi di bosco soldato del regno profilo francese
E Andrea l'ha perso ha perso l'amore la perla più rara
E Andrea ha in bocca un dolore la perla più scura.
Andrea raccoglieva violette ai bordi del pozzo
Andrea gettava Riccioli Neri nel cerchio del pozzo
Il secchio gli disse - Signore il pozzo è profondo
più fondo del fondo degli occhi della notte del pianto.
Lui disse mi basta mi basta che sia più profondo di me.
Lui disse mi basta mi basta che sia più profondo di me.
Andrea
note e significato
note e significato
Andrea è una canzone antimilitarista che affronta anche il tema dell'amore omosessuale. I riferimenti a quest'ultimo tema sono abbastanza velati ma De André non ne fa mistero introducendo la canzone durante un concerto del 1992 al Teatro Smeraldo di Milano.
Questa canzone la dedichiamo a quelli che Platone chiamava, in modo addirittura poetico, i 'figli della luna'; quelle persone che noi continuiamo a chiamare 'gay' oppure, per una strana forma di compiacimento, 'diversi', se non addirittura 'culi'. Ecco, mi fa piacere cantare questa canzone, che per altro è stata scritta per loro una dozzina di anni fa, così a luci accese, anche a dimostrare che oggi, almeno in Europa, si può essere semplicemente se stessi senza più bisogno di vergognarsene.
Bellissima ed emozionantissima canzone piena di risvolti significativi che spaziano dalla guerra all’amore. Più rispetto per chi definiamo “diverso” e vaffanculo la guerra.
Fabrizio forse scriveva di getto recuperando le tematiche delle sue poesie carezzando l anima del mondo… Dio l’ha chiamato a se molto presto perché era… invidioso …