Quello che Non... (1990)
Cencio
Francesco Guccini
Cencio
Testo
Testo
Ci sarà forse ancora, appesa in qualche angolo,
o a macchiare di ricordi un muro dell'Associazione Bocciofila Modenese,
fra mucchi di coppe e trofei, vinti in tornei ogni volta "del secolo"
(glorie oscure di eroi dell'a-punto, del volo, delle bocciate secche e tese)
quella foto sul pallaio, presa una sera di quasi estate,
con me e Cencio vicini, fintamente assorti a guardare il punto,
perché l'umorismo popolare volle immortalare assieme me, il Gigante,
e Cencio il Nano, viso già d'uomo serio, compreso, quasi compunto.
Non so come sia capitato in mezzo a noi,
confuso branco adolescente di un periodo oscuro,
di amori e di domande che gonfiavano
la testa e i fianchi a ondate sofferte ma cercate e poi
quei raspare fra sottovesti in nailon, rubando al buio quel po' di rubabile,
scoprire e esser scoperti, coraggiosi ed incerti
e dopo in branco raccontarsi e tutti a turno ad ascoltarsi ma lui...
Eh, lui non aveva un amore da dire, no, lui non aveva una storia,
solo crearsi avventure di cosce e di seni che poi ci sparava a brutto muso
e noi lì ad ascoltarlo sorridendo, senza razzismo né boria,
ma senza capire ciò che voleva essere anche lui,
solo un normale adolescente ottuso.
Eppure usava lo stesso barbaro gergo e gli stessi jeans consumati;
e amava gli stessi film di bossoli e marines lungo i mari giapponesi,
parlava di rock e fumetti, e non perdeva i cartoni animati,
e come noi guardava esplodere il mondo con gli stessi occhi attenti, spauriti, sorpresi.
Ma cosa pensava lontano da noi, cosa sognava quand'era da solo?
Con le stesse voglie e con gli stessi eroi, ma ali più piccole per lo stesso volo.
Forse sognava anche troppo e davvero, certo in quel branco si sentiva perso.
Dove scappare per sentirsi vero, dove fuggire per non essere diverso?
E sognò il circo, realtà capovolta, mondo di uguali perché tutti strani,
la nostra solita realtà stravolta, quello Eden senza giganti o nani.
"Cencio è scappato via, ma l'han già beccato!" Dopo due giorni era già ritornato.
Ma il tempo più ottuso di noi incalza per tutti, sia per i giganti che i nani.
Chi immaginava allora che ognuno sarebbe finito in un proprio circo personale?
Vincenti o perdenti non importa, ma quasi mai secondo i propri piani,
con la faccia tinta, sul trapezio, fra i leoni, solo attenti a non farsi troppo male.
Qualcuno m'ha detto che vivi in provincia, con una ballerina bulgara o rumena;
chissà se hai poi trovato di dentro la tua vera altezza?
Addio amico venuto dal passato per un momento appena,
addio giorni andati in un soffio, amici mai più incontrati; s'ciao, giovinezza.
o a macchiare di ricordi un muro dell'Associazione Bocciofila Modenese,
fra mucchi di coppe e trofei, vinti in tornei ogni volta "del secolo"
(glorie oscure di eroi dell'a-punto, del volo, delle bocciate secche e tese)
quella foto sul pallaio, presa una sera di quasi estate,
con me e Cencio vicini, fintamente assorti a guardare il punto,
perché l'umorismo popolare volle immortalare assieme me, il Gigante,
e Cencio il Nano, viso già d'uomo serio, compreso, quasi compunto.
Non so come sia capitato in mezzo a noi,
confuso branco adolescente di un periodo oscuro,
di amori e di domande che gonfiavano
la testa e i fianchi a ondate sofferte ma cercate e poi
quei raspare fra sottovesti in nailon, rubando al buio quel po' di rubabile,
scoprire e esser scoperti, coraggiosi ed incerti
e dopo in branco raccontarsi e tutti a turno ad ascoltarsi ma lui...
Eh, lui non aveva un amore da dire, no, lui non aveva una storia,
solo crearsi avventure di cosce e di seni che poi ci sparava a brutto muso
e noi lì ad ascoltarlo sorridendo, senza razzismo né boria,
ma senza capire ciò che voleva essere anche lui,
solo un normale adolescente ottuso.
Eppure usava lo stesso barbaro gergo e gli stessi jeans consumati;
e amava gli stessi film di bossoli e marines lungo i mari giapponesi,
parlava di rock e fumetti, e non perdeva i cartoni animati,
e come noi guardava esplodere il mondo con gli stessi occhi attenti, spauriti, sorpresi.
Ma cosa pensava lontano da noi, cosa sognava quand'era da solo?
Con le stesse voglie e con gli stessi eroi, ma ali più piccole per lo stesso volo.
Forse sognava anche troppo e davvero, certo in quel branco si sentiva perso.
Dove scappare per sentirsi vero, dove fuggire per non essere diverso?
E sognò il circo, realtà capovolta, mondo di uguali perché tutti strani,
la nostra solita realtà stravolta, quello Eden senza giganti o nani.
"Cencio è scappato via, ma l'han già beccato!" Dopo due giorni era già ritornato.
Ma il tempo più ottuso di noi incalza per tutti, sia per i giganti che i nani.
Chi immaginava allora che ognuno sarebbe finito in un proprio circo personale?
Vincenti o perdenti non importa, ma quasi mai secondo i propri piani,
con la faccia tinta, sul trapezio, fra i leoni, solo attenti a non farsi troppo male.
Qualcuno m'ha detto che vivi in provincia, con una ballerina bulgara o rumena;
chissà se hai poi trovato di dentro la tua vera altezza?
Addio amico venuto dal passato per un momento appena,
addio giorni andati in un soffio, amici mai più incontrati; s'ciao, giovinezza.
Cencio
note e significato
note e significato
Cencio è stata scritta con la collaborazione del chitarrista Flaco Biondini.
La canzone trae spunto dalla storia di Vincenzo, detto Cengio, un amico d'infanzia di Guccini affetto da nanismo. A lato, la fotografia di cui si parla nella prima strofa, che ritrae Cencio e Guccini sul pallaio dell'Associazione Bocciofila Modenese.
Grazie ho sempre s desiderato vede re la sua foto con Cencio