Radici (1972)

Canzone dei Dodici Mesi

Francesco Guccini

Canzone dei Dodici Mesi da Radici, Francesco Guccini
Canzone dei Dodici Mesi
Testo
Viene Gennaio silenzioso e lieve
un fiume addormentato
fra le cui rive giace come neve
il mio corpo malato
il mio corpo malato

Sono distese lungo la pianura
bianche file di campi
son come amanti dopo l'avventura
neri alberi stanchi
neri alberi stanchi

Viene Febbraio, e il mondo è a capo chino
ma nei convitti e in piazza
lascia i dolori e vesti da Arlecchino
il carnevale impazza
il carnevale impazza

L'inverno è lungo ancora, ma nel cuore
appare la speranza
nei primi giorni di malato sole
la primavera danza
la primavera danza

Cantando Marzo porta le sue piogge
la nebbia squarcia il velo
porta la neve sciolta nelle rogge
il riso del disgelo
il riso del disgelo

Riempi il bicchiere, e con l'inverno butta
la penitenza vana
l'ala del tempo batte troppo in fretta
la guardi, è già lontana
la guardi, è già lontana

O giorni, o mesi, che
andate sempre via;
sempre simile a voi
è questa vita mia;
diverso tutti gli anni
e tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi
che non sai mai giocare.

Con giorni lunghi al sonno dedicati
il dolce Aprile viene
quali segreti scoprì in te il poeta
che ti chiamò crudele
che ti chiamò crudele

Ma nei tuoi giorni è bello addormentarsi
dopo fatto l'amore
come la terra dorme nella notte
dopo un giorno di sole
dopo un giorno di sole

Ben venga Maggio e il gonfalone amico
ben venga primavera
il nuovo amore getti via l'antico
nell'ombra della sera
nell'ombra della sera

ben venga Maggio, ben venga la rosa
che è dei poeti il fiore
mentre la canto con la mia chitarra
brindo a Cenne e a Folgòre
brindo a Cenne e a Folgòre

Giugno, che sei maturità dell'anno
di te ringrazio Dio
in un tuo giorno, sotto al sole caldo
ci sono nato io
ci sono nato io;

E con le messi che hai fra le tue mani
ci porti il tuo tesoro
con le tue spighe doni all'uomo il pane
alle femmine l'oro
alle femmine l'oro

O giorni, o mesi, che
andate sempre via;
sempre simile a voi
è questa vita mia;
diverso tutti gli anni
e tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi
che non sai mai giocare.

Con giorni lunghi di colori chiari
ecco Luglio il leone
riposa e bevi, e il mondo attorno appare
come in una visione
come in una visione

Non si lavora Agosto, nelle stanche
tue lunghe oziose ore
mai come adesso è bello inebriarsi
di vino e di calore
di vino e di calore

Settembre è il mese del ripensamento
sugli anni e sull'età
dopo l'estate porta il dono usato
della perplessità
della perplessità

Ti siedi e pensi e ricominci il gioco
della tua identità
come scintille brucian nel tuo fuoco
le possibilità
le possibilità

Non so se tutti hanno capito Ottobre
la tua grande bellezza
nei tini grassi come pance piene
prepari mosto e ebbrezza
prepari mosto e ebbrezza

Lungo i miei monti, come uccelli tristi
fuggono nubi pazze
lungo i miei monti, colorati in rame
fumano nubi basse
fumano nubi basse

O giorni, o mesi, che
andate sempre via;
sempre simile a voi
è questa vita mia;
diverso tutti gli anni
e tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi
che non sai mai giocare.

Cala Novembre, e le inquietanti nebbie
gravi coprono gli orti
lungo i giardini consacrati al pianto
si festeggiano i morti
si festeggiano i morti

Cade la pioggia, ed il tuo viso bagna
di gocce di rugiada
te pure, un giorno, cambierà la sorte
in fango della strada
in fango della strada

E mi addormento come in un letargo
Dicembre, alle tue porte
lungo i tuoi giorni con la mente spargo
tristi semi di morte
tristi semi di morte

Uomini e cose lasciano per terra
esili ombre pigre
ma nei tuoi giorni, dai profeti detti
nasce Cristo la tigre
nasce Cristo la tigre

O giorni, o mesi, che
andate sempre via;
sempre simile a voi
è questa vita mia;
diverso tutti gli anni
e tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi
che non sai mai giocare.
Sonetto dei Mesi
originale
Di gennaio

I' doto voi, nel mese de gennaio,
corte con fochi di salette accese,
camer' e letta d'ogni bello arnese,
lenzuol' de seta e copertoi di vaio,

tregèa, confetti e mescere a razzaio,
vestiti di doagio e di rascese:
e 'n questo modo star a le defese,
mova scirocco, garbino e rovaio.

Uscir di for alcuna volta il giorno,
gittando de la neve bella e bianca
a le donzelle che staran da torno;

e quando fosse la compagna stanca,
a questa corte faciase retorno:
e si riposi la brigata franca.

Di febbraio

E de febbrai' vi dono bella caccia
di cervi, di cavrioli e di cinghiari,
corte gonnelle, e grossi calzari,
e compagnia che ve deletti e piaccia;

can da guinzagli e segugi da traccia,
e le borse fornite di danari,
ad onta degli scarsi e degli avari,
o di chi 'n questo vi dà briga e 'mpaccia.

E la sera tornar co' vostri fanti
carcati de la molta salvaggina,
avendo gioia ed allegrezza e canti;

far trar del vino e fumar la cucina,
e fin al primo sonno star razzanti:
e po' posare 'infin alla mattina.

Di marzo

Di marzo sì vi do una pischiera
d'anguille, trote, lamprede e salmoni,
di dèntici, dalfini e storioni,
d'ogn'altro pesce in tutta la rivera;

con pescatori e navicelle a schiera
e barche, saettìe e galeoni,
le qual ve portino a tutte stagioni
a qual porto vi piace la primera:

che sia fornito de molti palazzi,
d'ogn'altra cosa che ve sie mestero,
e gente v'abbia de tutti sollazzi.

Chiesia non v'abbia mai né monastero;
lassate predicar i preti pazzi,
ch'hanno troppe bugie e poco vero.

D'aprile

D'april vi dono la gentil campagna
tutta fiorita di bell'erba fresca:
fontane d'acqua che non vi rincresca,
donn'e donzelle per vostra compagna,

ambianti palafren, destrier di Spagna
e gente costumata a la francesca;
cantar, danzar a la provenzalesca
con instrumenti novi d'Alemagna.

E da torno vi sia molti giardini
e giacchito vi sia ogni persona:
ciascun con reverenza adori e 'nchini

a quel gentil, c'ho dato la corona
de pietre preziose, le più fini
c'ha 'l presto Gianni e 'l re de Babilona.

Di maggio

Di maggio sì vi do molti cavagli
e tutti quanti siano affrenatori,
portanti tutti, dritti corritori;
pettorali, testere de sonagli,

bandère con coverte a molti 'ntagli
di zendadi e di tutti li colori;
le targhe a modo degli armeggiatori;
viuole, rose, fior, ch'ogn'om abbagli;

e rompere e fiaccar bigordi e lance,
e piover da finestre e da balconi
en giù ghirlande, e 'n su melerance;

e pulzellette gioveni e garzoni
baciarsi ne la bocca e ne le guance:
d'amor e di goder vi si ragioni.

Di giugno

Di giugno dovvi una montagnetta
coverta di bellissimi arboscelli,
con trenta ville e dodici castelli,
che sian entorno ad una cittadetta,

ch'abbia nel mezzo una soa fontanetta
e faccia mille rami e fiumicelli,
ferendo per giardin e praticelli
e rinfrescando la menuta erbetta.

Aranci e cedri, dàttili e lumie
e tutte l'altre frutte savorose
empergolate siano per le vie;

e le gente vi sian tutte amorose
e faccianvisi tante cortesie,
ch'a tutto 'l mondo siano graziose.

Di luglio

Di luglio en Siena su la saliciata,
con le piene enghestare de tribbiani,
ne le cantine li ghiacci vaiani;
e mane e sera mangiar in brigata

di quella gelatina ismisurata,
istarne roste, giovene fagiani,
lessi capponi, capretti sovrani
e cui piacesse, manza con l'agliata.

Ed ine trar bon tempo e bona vita,
e non andar de for per questo caldo;
vestir zendadi di bella partita;

e quando godi, star pur fermo e saldo,
e sempre aver la tavola fornita:
e non voler la moglie per gastaldo.

D'agosto

D'agosto sì vi do trenta castella
in una valle d'alpe montanina,
che non vi possa vento de marina,
per istar sani, chiari come stella;

e palafreni de montare 'n sella
e cavalcar la sera e la mattina:
e l'una terra a l'altra sia vicina,
ch'un miglio sia la vostra giornatella,

tornando tuttavia inverso casa;
e per la valle corra una fiumana,
che vada notte e dì traente e rasa;

e star nel fresco tutta meriggiana,
la vostra borsa sempre a bocca pasa,
per la miglior vivanda di Toscana.

Di settembre

Di settembre vi do deletti tanti:
falconi, astori, smerletti, sparvieri;
lunghe, gherbegli, geti con carnieri,
bracchetti con sonagli, pasto e guanti;

bolze, balestre dritt'e ben portanti,
archi, strali, ballotte e ballottieri,
sianvi mudati guilfanghi ed astieri
nidaci e di tutt'altri uccel volanti,

che fosser boni da snidar e prendere:
e l'un e l'altro tuttavia donando,
e possasi rubar e non contendere;

quando con altra gente rencontrando,
la vostra borsa si' acconcia a spendere
e 'n tutto abbiate l'avarizia en bando.

D'ottobre

Di ottobre nel contà c'ha buono stallo,
e' pregovi, figliuoi, che voi n'andate;
traetevi bon tempo ed uccellate
come vi piace, a piè ed a cavallo.

La sera per la sala andate a ballo,
e bevete del mosto ed inebriate,
ché non ci ha miglior vita, en veritate:
e questo è vero come 'l fiorin giallo.

E poscia vi levate la mattina,
e lavativ'el viso con le mani;
lo rosto e 'l vino è bona medicina.

A le guagnele, starete più sani,
ca pesce in lag' o fiume o in marina,
avendo meglior vita di cristiani!

Di novembre

E di novembre a Petriuolo al bagno,
con trenta muli carchi de moneta:
la ruga sia tutta coverta a seta;
coppe d'argento, bottacci di stagno:

e dar a tutti stazzonier guadagno;
torchi, doppier che vegnan di Chiareta;
confetti con cedrata de Gaeta;
e béa ciascun e conforti 'l compagno.

E 'l freddo vi sia grande e 'l foco spesso;
fagiani, starne, colombi, mortiti,
levori, cavrioli rosto e lesso:

e sempre aver acconci gli appetiti;
la notte 'l vento, 'l piover a ciel messo:
e siate ne le letta ben forniti.

Di decembre

E di decembre una città in piano:
sale terrene, grandissimi fochi,
tappeti tesi, tavolier e giochi,
torticci accesi, star co' dadi en mano,

e l'oste inebriato e catellano,
e porci morti e finissimi cochi,
ghiotti morselli, ciascun béa e mandochi:
le botte sian maggior che San Galgano.

E siate ben vestiti e foderati
di guarnacche, tabarri e di mantegli
e di cappucci fini e smesurati;

e beffe far de' tristi cattivegli,
de' miseri dolenti sciagurati
avari: non vogliate usar con egli.
Canzone dei Dodici Mesi
note e significato

La Canzone dei Dodici Mesi si ispira al sonetto Sonetto dei Mesi (1310 circa) di Folgóre da San Gimignano, il cui testo è riportato poco sopra. Segue una lista dei termini più inusuali usati nella canzone.

Aprile Crudele

Il poeta che definisce 'aprile crudele' è Thomas Stearns Eliot (1888 – 1965), nella poesia 'The Waste Land' (1922). Eliot racconta l'arrivo della bella stagione, che provoca il risveglio dell'incertezza di una nuova vita, in opposizione all’inverno, che offre il sicuro conforto di un caldo senza memoria.

April is the cruellest month, breeding
Lilacs out of the dead land, mixing
Memory and desire, stirring
Dull roots with spring rain.
Winter kept us warm, covering
Earth in forgetful snow, feeding
A little life with dried tubers.

Aprile è il più crudele dei mesi, cresce
lillà dalla terra morta, mescola
memoria e desiderio, desta
radici sopite con pioggia di primavera.
L’inverno ci tenne al caldo, coprendo
la terra di neve senza memoria, nutrendo
una vita insignificante con secchi tuberi.

Gonfalone
É il vessillo sul quale compare lo stemma di una città o di un paese. I gonfaloni (talvolta anche "confaloni") vennero introdotti nell'età dei Comuni e in seguito adottate anche da corporazioni e compagnie mercantili.
Cenne e Folgòre
Da i poeti Cenne della Chitarra e Folgóre da San Gimignano. Guccini si rifà alle loro composizioni e ne approfitta per citare i suoi ispiratori. Vedere anche le due note successive.
Cenne della Chitarra
Così soprannominato perchè solito accompagnare le sue poesie con questo strumento, era un poeta e giullare italiano vissuto tra il 1260 e il 1340. Il suo componimento più famoso è una parodia della corona dei mesi di Folgòre, dove sottolinea gli aspetti e i momenti negativi dell'anno.
Folgóre da San Gimignano
É stato un poeta italiano, esponente della poesia burlesca, vissuto tra il 1270 e il 1332. Poco si sa della sua biografia: il vero nome era Jacopo di Michele e gli sono stati attribuiti trentadue sonetti, composti presumibilmente tra il 1308 e il 1315, i più famosi dei quali sono le due corone dedicate ai giorni della settimana e ai mesi dell'anno. In quest'ultima, detta 'Sonetto dei Mesi', il poeta elenca i lati positivi tipici di ogni stagione.
Messi
É il plurale di messe, un vocabolo probabilmente di origine francese che indica il raccolto del grano, e, per estensione, il grano stesso.

Una risposta a “Canzone dei Dodici Mesi”

  1. considero Guccini il più grande poeta musicale di questi tempi. Magari il cantastorie Più. Della sua portata vi è de André magari di un altro genere poetico che si rifaceva ai menestrelli francesi che ha poi lasciato ma altrettanto grande

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