Radici (1972)

Piccola Città

Francesco Guccini

Piccola Città da Radici, Francesco Guccini
Piccola Città
Testo
Piccola città, bastardo posto, appena nato ti compresi,
o fu il fato che in tre mesi mi spinse via?
Piccola città, io ti conosco nebbia e fumo, non so darvi
il profumo del ricordo che cambia in meglio;
ma sono qui nei pensieri le strade di ieri, e tornano
visi e dolori e stagioni, amori e mattoni che parlano.

Piccola città, io poi rividi le tue pietre sconosciute,
le tue case diroccate da guerra antica;
mia nemica strana, sei lontana coi peccati, fra macerie
e fra giochi consumati dentro al Florida;
cento finestre, un cortile, le voci, le liti e la miseria:
io, la montagna nel cuore, scoprivo l'odore del dopoguerra.

Piccola città, vetrate viola, primi giorni della scuola,
la parola e il mesto odore di religione;
vecchie suore nere, con che fede in quelle sere avete dato
a noi il senso di peccato e di espiazione!
Gli occhi guardavano voi ma sognavan gli eroi, le armi e la bilia;
correva la fantasia verso la prateria, fra la Via Emilia e il West.

Sciocca adolescenza, falsa e stupida innocenza, continenza,
vuoto mito americano di terza mano;
pubertà infelice, spesso urlata a mezza voce, a toni acuti,
casti affetti denigrati, cercati invano;
se penso a un giorno o a un momento ritrovo soltanto malinconia;
è tutto un incubo scuro, un periodo di buio gettato via.

Piccola città, vecchia bambina, che mi fu tanto fedele,
a cui fui tanto fedele, tre lunghi mesi;
angoli di strada, testimoni degli erotici miei sogni,
frustrazioni e amori a vuoto, mai compresi.
Dove sei ora, che fai? Neghi ancora o ti dài, sabato sera?
Quelle di adesso disprezzi o invidi e singhiozzi se passano davanti a te?

Piccola città, vecchi cortili, sogni e di primaverili, rime e fedi giovanili,
bimbe ora vecchie; piango e non rimpiango la tua polvere e il tuo fango,
le tue vite, le tue pietre, l'oro e il marmo, le catapecchie;
così diversa sei adesso, io son sempre lo stesso, sempre diverso:
cerco le notti ed il fiasco, se muoio rinasco, finché non finirà.
Piccola Città
note e significato

Piccola Città narra dell'adolescenza di Guccini, trascorsa in buona parte a Modena. Come si può intuire dal testo della canzone, quello di Modena non è stato un periodo molto felice per l'autore. A tal proposito Guccini racconta:

Modena è per me l'esilio da Pàvana e l'attesa di Bologna. Modena è 'mia nemica strana', la mia adolescenza, il periodo forse più tragico della mia vita perché nell'immediato dopoguerra le aspettative e le speranze erano tante e le possibilità di realizzarle quasi nulle. Se aggiungiamo che 'Piccola Città' la scrissi in un periodo bolognese molto felice, ecco che si capisce il senso della canzone.

La canzone dice tutto il mio pensiero su Modena, dove fra la via Emilia e il West era l'angolo tra via Cucchiari, dove abitavo, e Sinigaglia, dove andavamo a ballare al Florida, sala che poi è diventata sede della Caserma della Finanza. Allora, lì, per strada, nei campi, giocavamo. Con la bicicletta, andavamo con la "mina" fino a via Morane, che era campagna aperta. Oggi ci sono enormi casermoni, uno dopo l'altro. Il centro, lo conosco. Ma la città, la sua periferia esplosa senza alcun ordine non la riconosco

A Modena si sono anche conosciuti i genitori di Guccini: il padre Ferruccio (1911 - 1990), toscano di Pàvana e la madre Ester Prandi (1914 - 2009), originaria di Carpi.

Mio padre aveva vinto un concorso alle Poste di Modena. Mamma aveva tre fratelli e tre sorelle. Un suo collega, zio Walter, era fidanzato con una di loro, e disse al babbo: vieni a Carpi con me, ci sono un mucchio di donne. Arrivarono in bicicletta. Ricordo quando andavamo a trovare i nonni, che parlavano solo dialetto emiliano: mio padre restava in disparte. Tutti pensavano che fosse serio, severo; in realtà non capiva una parola.

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