Creuza de mä (1983)

Sidun

Fabrizio De Andrè

Sidun da Creuza de mä, Fabrizio De Andrè
Sidun
Testo
U mæ ninin u mæ
u mæ
lerfe grasse au su
d'amë d'amë

tûmù duçe benignu
de teu muaè
spremmûu 'nta maccaia
de stæ de stæ

e oua grûmmu de sangue ouëge
e denti de laete
e i euggi di surdatti chen arraggë
cu'a scciûmma a a bucca cacciuéi de bæ

a scurrï a gente cumme selvaggin-a
finch'u sangue sarvaegu nu gh'à smurtau a qué
e doppu u feru in gua i feri d'ä prixún
e 'nte ferie a semensa velenusa d'ä depurtaziún

perché de nostru da a cianûa a u meü
nu peua ciû cresce aerbu ni spica ni figgeü
ciao mæ 'nin l'ereditæ
l'è ascusa

'nte sta çittæ
ch'a brûxa ch'a brûxa
inta seia che chin-a
e in stu gran ciaeu de feugu
pe a teu morte piccin-a
Sidun
Traduzione
Il mio bambino il mio
il mio
labbra grasse al sole
di miele di miele

Tumore dolce benigno
di tua madre
spremuto nell'afa umida
dell'estate dell'estate

E ora grumo di sangue orecchie
e denti di latte
e gli occhi dei soldati cani arrabbiati
con la schiuma alla bocca cacciatori di agnelli

A inseguire la gente come selvaggina
finché il sangue selvatico non gli ha spento la voglia
e dopo il ferro in gola i ferri della prigione
e nelle ferite il seme velenoso della deportazione

Perché di nostro dalla pianura al molo
non possa più crescere albero né spiga né figlio
ciao bambino mio l'eredità
è nascosta

In questa città
che brucia che brucia
nella sera che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua piccola morte
Sidun
note e significato

Sidun tratta, come raccontatò da De Andrè in un'intervista, del bombardamento della città libanese di Sidone, sede di violenti scontri e tragici massacri tra israeliani e siriani. All'inizio della canzone si possono sentire infatti le voci di Ronald Reagan e Ariel Sharon.

Sidone è la città libanese che ci ha regalato oltre all'uso delle lettere dell'alfabeto anche l'invenzione del vetro. Me la sono immaginata, dopo l'attacco subito dalle truppe del generale Sharon del 1982, come un uomo arabo di mezz'età, sporco, disperato, sicuramente povero, che tiene in braccio il proprio figlio macinato dai cingoli di un carro armato. Un grumo di sangue, orecchie e denti di latte, ancora poco prima labbra grosse al sole, tumore dolce e benigno di sua madre, forse sua unica e insostenibile ricchezza. La piccola morte, a cui accenno nel finale di questo canto, non va semplicisticamente confusa con la morte di un bambino piccolo. Bensì va metaforicamente intesa come la fine civile e culturale di un piccolo paese: il Libano, la Fenicia, che nella sua discrezione è stata forse la più grande nutrice della civiltà mediterranea.

Ninin
come in molti altri dialetti italiani, è un vezzeggiativo che può essere tradotto come 'bambino'.

10 risposte a “Sidun”

  1. Grazie Faber, hai cantato in maniera poetica e geniale, probabilmente una delle pagine più atroci dell’età moderna. L’occupazione militare dopo la Seconda Guerra Mondiale della Palestina, con continui massacri del Popolo Palestinese, per mano dei militari israeliani, sotto la completa “miopia” dell’Occidente e l’appoggio del governo americano. Sabra e Shatila del Settembre 1982 fu una carneficina di di oltre 3500 civili, che nessun artista si è mai permesso prima di Faber, di condannare pubblicamente!

  2. Ho settantotto anni e ascolto Fabrizio sin dai tempi di “Re Carlo…” cercando di imitare con la mia voce (che gli amici e parenti trovavano,forse per piaceria, molto simile alla sua) e con la chitarra, le sue canzoni, anche se il mio percorso musicale ha seguito poi altre vie (rock, blus ecc.), tornando però dopo gli anni 80 a ristorare il mio spirito e la mia mente con il buon vecchio Fabrizio, senza dimenticare quel grandissimo musicista da cui anche Fabrizio ha attinto, L.Cohen… della serie “quando gli Universi si incontrano”.
    Cosa c’entra tutto questo ? Dipende da chi legge. Da parte mia non posso più ascoltare “Sidun” troppo spesso, perché voglio evitare di piangere, non soltanto per il racconto in se, ma per tutto il suo contenuto storico, culturale, che come per tutte le canzoni di De Andrè ti obbliga a un’introspezione che inevitabilmente ti fa pensare: “ma io che cosa ho fatto per contrappormi a tutto questo ?”

    1. Grandissimo… Io sono un po’ più giovane ma mi trovo, anche per i tuoi gusti musicali (rock e blues), in perfetta sintonia con te.

    2. Io me lo chiedo spesso ma solo contestando affermando che lo riteniamo sbagliato e che non ci chiniamo abbiamo fatto gia’ qualcosa , qualcosa in piu’ dei servi del regime , anche dopo le sue canzoni le guerre sono continuate , fino a raggiungere la nostra cara vecchia europa che disse dopo la caduta del muro di Berlino mai piu’ contrapposizioni così gravi invece nel 2022 siamo punto e daccapo quindi già il fatto di opporci fa tanto

    3. “ma io che cosa ho fatto per contrappormi a tutto questo ?” NULLA , PROPRIO NULLA , Caro Walter , ho fatto.
      Avvolto nel mio opulento egoismo occidentale forte come un’armatura, candido come l’ipocrisia di chi non ha udito perché, dice, dormiva, di chi non ha visto perché , dice, era girato dall’altra parte, di chi non ha sentito l’odore delle carni bruciate perché , dice, aveva un po’ di raffreddore …………. . Da anni , molti, (son più VECCHIO di te) il pensiero di quelle immagini di “Sabra e Shatila” la mia assenza mi segue come una macchia pelosa sul cuore.
      Eppure, eppure qualcosa di tutto ciò è rimasto e questo (forse) ha generato qualcosa di buono.
      Saluti

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