Grecia, Ελλάδα

Grecia, Ελλάδα

Non credo ci sia bisogno di un motivo particolare per visitare la Grecia: il suo glorioso passato, i panorami mozzafiato e la rinomata ricchezza culinaria bastano e avanzano per rendere il paese ellenico una meta interessante. Così, nella speranza di esorcizzare il freddo e la pioggia di una grigia giornata di gennaio del 2014, acquisto un biglietto di andata Bergamo-Atene e il ritorno Salonicco-Bergamo. La partenza è fissata per il 2 Maggio e passo buona parte di Aprile ad organizzare il viaggio e riallacciare contatti con vecchi amici e couchsurfers. Decido di limitare il mio giro alla terraferma e rimandare la visita alle isole ad altra data.

Grecia, Racconto di Viaggio, Carta Politica
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La pioggia che ritarda di due ore la mia partenza da Bergamo è solo un ricordo mentre l'aereo sorvola l'azzurrisimo Mare Ionio e l'isola di Zante; il Peloponneso scorre quindi sotto ai miei occhi e atterro ad Atene in una soleggiata giornata primaverile. L'aeroporto è abbastanza vecchio e le connessioni con la città non sono molto frequenti. Dopo mezz'ora di ail ttesa e quaranta minuti di metro, raggiungo il centro città, scendendo alla fermata di Piazza Sintagma (Πλατεία Συντάγματος), dedicata alla Costituzione greca che il re Ottone I fu costretto a concedere in seguito ai tumulti del 1843.

Piazza Sintagma, AtenePiazza Sintagma, Atene

Sono le quattro di venerdì pomeriggio e il caotico traffico cittadino paralizza il centro della capitale. Sarà per il troppo tempo passato in Austria, ma non posso fare a meno di notare che le uniche regole del codice della strada ad essere rispettate sembrano essere i semafori rossi e i sensi unici. É quindi con grande prudenza che attraverso il viale Vasileos Georgiou, schivando motorini e auto in doppia fila, dirigendomi verso un negozio della Vodafone. Il mio primo obiettivo è quello di procurarmi una SIM card con la quale contattare la mia amica Despina, conosciuta durante il suo Erasmus a Milano, che mi ha offerto ospitalità per tre notti ad Atene. Dovrò aspettare circa mezz'ora prima che la nuova scheda venga registrata e mi dirigo quindi lentamente verso via Solonos dove ho apputamento con Despina alle cinque. La strada dista solo pochi minuti da Piazza Sintagma e ospita tra le altre cose alcune facoltà universitarie al di fuori delle quali sembrano esserci disordini: una cinquantina di studenti bloccano la strada vociando e uno di loro tiene in mano un bengala. Osservo la situazione da una debita distanza e fortunatamente, dopo pochi minuti di confusione, la folla si disperde tra risate e battute. Forse si trattava solo di una festa.

L'Acropoli di notte, AteneL'Acropoli di notte, Atene

Riesco a contattare Despina e scopro di trovarmi nella Solonos sbagliata: il luogo del ritrovo è nella municipalità di Kallithea (Καλλιθέα) che dista circa cinque chilometri dal centro. In un'ora, dopo un paio di errori di percorso, riesco finalmente a raggiungerla alla fermata bus di Pirosvestiki. Ci aggiorniamo così sulle nostre vite e mi racconta dell'interessante programma per la serata: la sua azienda ha organizzato un giro della città per i nuovi assunti e lei è riuscita a farmi aggiungere alla comitiva.

Faccio così conoscenza con diversi suoi colleghi, per lo più stranieri ed esperti di lingue, essendo la traduzione e l'assistenza clienti il principale servizio offerto dall'agenzia. Sebbene tutti si lamentino dei salari molto bassi, sembrano essere soddisfatti di vivere in una città accogliente, giovane e pulsante come Atene. Con un po' di ritardo saliamo su un pullman che ci conduce al centro città.

Il cambio della guardia davanti al Parlamento di AteneIl cambio della guardia davanti al Parlamento di Atene

Cominciamo quindi il nostro giro dal Parlamento, situato nell'antico Palazzo Reale, costruito nel 1843, di fronte a Piazza Sintagma. Qui assistiamo al cambio della guardia degli Evzones (Εύζωνες), membri scelti dell'esercito che, con la loro tipica uniforme e peculiare passo di marcia, pattugliano la tomba del milite ignoto. Si racconta che i soldati rimasero immobili come loro dovere perfino durante gli scontri di piazza del 2001, quando una bomba molotov venne scagliata nelle loro vicinanze. Dietro la tomba si trova un rilievo rappresentante un oplita morto e ai lati di questo sono iscritte due citazioni dell'orazione funebre per Pericle: "Μία κλίνη κενὴ φέρεται ἐστρωμένη τῶν ἀφανῶν" ("Una bara è trasportata vuota, per quelli che non conosciamo") e "Ἀνδρῶν ἐπιφανῶν πᾶσα γῆ τάφος" ("La Terra tutta è un cimitero di uomini famosi"). Lungo la scalinata sono poi incisi i nomi delle città dove il popolo greco ha combattuto durante le due guerre mondiali.

Il Giardino Nazionale di AteneIl Giardino Nazionale di Atene

Continuiamo la passeggiata attraverso il Giardino Nazionale di Atene, un grande parco, costruito nel 1840, che ospita diversi monumenti e ricercate fontane. Il luogo è anche celebre per un curioso fatto che ebbe notevole ripercussioni sulla storia greca: durante la Prima Guerra Mondiale il re Costantino Primo venne deposto a causa della sua politica filo-tedesca. Gli successe il figlio, Alexander, il quale, insieme al primo ministro Eleftherios Venizelos e con l'appoggio di Francia e Inghilterra, decise nel 1919 di dichiarare guerra alla Turchia, nel tentativo di strappare i territori a maggioranza greca dell'Asia Minore e delle coste ioniche. Dopo meno di un anno di guerra il sovrano, passeggiando nel parco, venne morso da una scimmia e morì nel giro di tre settimane. Questo portò al ritorno di Costantino, a un conseguente ritiro dell'appoggio degli Alleati e alla disfatta delle truppe greche. Commentando l'evento, il primo ministro Winston Churchill scriverà: "Si può forse dire che duecentocinquantamila persone sono morte a causa del morso di una scimmia".

Ingresso allo ZappeionIngresso allo Zappeion

Raggiungiamo quindi lo Zappeion (Ζάππειον Μέγαρο), una costruzione realizzata per ospitare le gare di scherma in occasione della Prima Olimpiade dell'era moderna (1896) e usata oggigiorno come sede di conferenze e assemblee. L'importanza architettonica dell'edificio è innegabile, tanto che venne utilizzato come riferimento per la realizzazione del parlamento austriaco.

Da lì ci muoviamo verso l'Arco di Adriano (Αψίδα του Αδριανού), realizzato per commemorare la visita dell'omonimo imperatore nel 121 d.C. L'arco è noto anche per le iscrizioni incise sui suoi due lati che sembrano dividere la città tra la parte originale ("Questa è Atene, città di Teseo") e quella romana ("Questa è la città di Adriano e non di Teseo"). Dietro questo si trovano le rovine del Tempio di Zeus Olimpio (costruito a partire dal VI Secolo a. C.) che la luce del tramonto rende ancora più evocative.

L'arco di Adriano in un dipinto di James StuartL'arco di Adriano in un dipinto di James Stuart

Proseguiamo lungo la zona pedonale di Dionysiou Areopagitou, raggiungendo il Tempio di Dioniso e quello di Atena Nike, per salire quindi, dopo una breve sosta all'Odeo di Erode Attico, in direzione dell'Acropoli. Non mi dilungherò a raccontarne i dettagli architettonici che sono riportati in qualunque guida della città. Nonostante i turisti che affollano l'area si riesce ancora a percepire il fascino del glorioso passato di Atene e della sua travagliata storia, indissolubilmente intrecciata con le sorti del Partenone: costruito per volere di Pericle nel 438 a. C., venne convertito nel Quinto Secolo in una chiesta cristiana. Successivamente, con l'arrivo degli ottomani, venne trasformato in moschea (ora completamente rimossa dal governo greco) e usato come deposito munizioni durante la Guerra Austro-turca. Il 26 Settembre 1687 a seguito di un attacco dei veneziani, il deposito esplose distruggendo e danneggiando diverse sculture. Nel 1806, con il permesso dell'Impero Ottomano, alcune delle statue sopravvissute alla distruzione vengono rimosse e vendute al British Museum. Despina mi racconta che dal 1983, grazie all'interesse del ministro Melina Mercouri, la Grecia cerca di ottenerne, finora senza successo, la restituzione.

L'Odeo di Erode AtticoL'Odeo di Erode Attico

L'immancabile foto di gruppo viene scattata dall'Areopago, la collina situata a Nord-Ovest dell'Acropoli, utilizzata in antichità come corte d'appello nei processi. La vista della città che si gode da questo punto è indescrivibile. Si racconta che nelle vicinanze sorgesse anche un tempio dedicato al "Dio Sconosciuto" (Ἄγνωστος Θεός), una divinità affiancata alle altre dodici principali il cui nome o natura non era stato rivelato. Proprio riflettendo su questo aspetto della religione greca dall'altura dell'Areopago, l'Apostolo Paolo di Tarso rivolgerà uno dei suoi discorsi più celebri agli ateniesi.

Il Tempio di Zeus OlimpioIl Tempio di Zeus Olimpio

Ridiscendiamo dall'Acropoli, incamminandoci per le piccole stradine del quartiere di Plaka (Πλάκα), anche noto come "Il Quartiere degli Dei", un tempo a maggioranza turca. Raggiungiamo quindi un ristorante molto carino dove consumiamo una cena memorabile: antipasti, carne e pesce si susseguono senza sosta, il tutto annaffiato con un ottimo vinello greco. Tra le pietanze che riesco a ricordarmi figurano i Keftedakia (κεφτές), delle polpette fritte con origano e menta, la Moussakà (μουσακάς), uno sformato a base di melanzane e carne trita, e dell'ottimo formaggio Kafalotyri (κεφαλοτύρι). In sottofondo un trio composto da chitarra, bouzuki (μπουζούκι) e oud (ούτι, una specie di piccolo liuto senza tasti), suona musica popolare greca.

Piatti tipici della GreciaPiatti tipici della Grecia

Terminata la suntuosa cena facciamo una passeggiata digestiva verso il quartiere di Monastiraki (Μοναστηράκι), rinomato per i suoi negozi e la vita notturna. Torniamo a casa soddisfatti e mi addormento felice della nuova avventura.

Il giorno seguente, visto lo slendido tempo, lo passiamo nei dintorni del Pireo (Πειραιάς), il famoso porto di Atene, che dista solo una decina di minuti di metro dalla casa di Despina. Vista la sua posizione strategica nel connettere il Medio Oriente con l'Occidente il Pireo è il primo porto passeggeri d'Europa, arrivando a servire oltre venti milioni di persone l'anno. Sebbene in antichità la flotta ateniese fosse dislocata nei pressi di Falero (Φάληρον), Temistocle decise di utilizzare la rocca del Pireo e le sue tre baie naturali come porto. Successivamente, per volere di Cimone e in seguito di Pericle, vennero costruite delle mura che proteggevano la strada che dall'Acropoli conduce al Pireo. Questa scelta si rivelò determinante per difendere la città che ora non poteva più essere assediata unicamente via terra. Purtroppo questo favorì il diffondersi di malattie infettive e fu in buona parte a causa di un'epidemia di peste che il Pireo fu conquistato dalla flotta spartana di Lisandro, segnando di fatto la sconfitta di Atene e il termine della Guerra del Peloponneso (404 a. C.).

Il Pireo visto dall'altoIl Pireo visto dall'alto

Il Pireo non riuscì quindi a rivaleggiare con il più importante porto di Rodi e cadde in disuso, con l'eccezione di un breve periodo di rinascita sotto Alessandro il Macedone. In epoca bizantina venno conquistato dai veneziani che lo chiamarono "Porto del Leone" per via della statua di un leone, costruita intorno al Primo Secolo, che dominava l'entrata della baia. Nello stesso anno della distruzione del Partenone, il leone del Pireo venne trasportato per volere del doge Morosini all'Arsenale di Venezia, dove si trova tutt'oggi. Una curiosità riguarda le incisioni runiche visibili sul lato del leone, realizzate dai vichinghi intorno all'Undicesimo Secolo e mai completamente decifrate (Hugo Pratt le userà infatti come indizio per una caccia al tesoro in "Favola di Venezia").

La Bandiera di BisanzioLa Bandiera di Bisanzio

Camminando per le strade della località di Kastella (Καστέλλα) e Mikrolimano decidiamo di concederci un pranzo a base di pesce in uno dei molti ristoranti presenti nella zona. Veniamo quindi raggiunti da Eleni, un'amica di Despina, che mi convince a provare del caffè greco, preparato in un piccolo pentolino e pertanto non filtrato. La bevanda è gradevole, basta solo ricordarsi di non berla fino in fondo così da evitare i residui del caffè. Nel mentre facciamo una partita a Backgammon (τάβλι), che sembra essere un gioco molto popolare: ogni bar possiede infatti almeno cinque o sei tavole da gioco che vengono portate su richiesta ai clienti. Scopro così che esistono tre variazioni "greche" al gioco, la più usata delle quali è identica al Backgammon ma senza cubo del raddoppio.

La vista dalla collina dell'Aeropago, AteneLa vista dalla collina dell'Aeropago, Atene

Rifocillati, ci dirigiamo verso la fermata dal tram, passando davanti a una chiesa ortodossa. Sull'ingresso sventolano la bandiera greca e un'altra bandiera che non riconosco, raffigurante un'aquila a due teste su sfondo dorato. Domando ingenuamente alle due amiche se si tratti di una modifica del vessillo albanese e ricevo sguardi stupiti come quelli che potrebbero accogliere un marziano appena uscito da un disco volante. "É la bandiera di Bisanzio, possibile che tu non l'abbia mai vista?" domanda Eleni stupita.

La Presa di Bisanzio (l'odierna Istanbul) segna la fine dell'Impero Romano d'OrienteLa Presa di Bisanzio (l'odierna Istanbul) segna
la fine dell'Impero Romano d'Oriente

La parola "Bisanzio" risveglia ricordi di scuola ormai sopiti: guerre, scontri, editti, concili, vescovi e riforme appaiono sbiaditi nella mia mente. Poi finalmente ritrovo il dettaglio che andavo cercando: in seguito al Grande Scisma del 1054, basato su questioni teologiche (come ad esempio la questione del filioque) ma anche linguistiche e di potere, la frattura tra la fede ortodossa, professata in greco, e quella romana, basata sulle traduzioni in latino dei vangeli, diventa definitiva. Così, mentre il papato cercava di raggiungere un potere sovranazionale (papocesarismo) per dominare l'Europa, l'amministrazione dell'Impero Bizantino punta a fondersi con la fede ortodossa, nella quale manca una struttura gerarchica verticale di stampo cattolico. Nonostante la successiva invasione ottomana, il vessillo di Bisanzio riesce a sopravvivere nei secoli attraverso la propria chiesa fino ai giorni nostri (per la cronaca: sì, la bandiera albanese si ispira a quella dell'Impero Romano D'Oriente).

Il Quartiere di Monastiraki ad AteneIl Quartiere di Monastiraki ad Atene

La discussione si sposta sul matrimonio e le due ragazze sono incerte sul numero di volte che sia consentito divorziare e sposarsi: Despina sostiene numerose, Eleni al massimo tre. Rimango colpito da tanta apertura mentale, che potrebbe quasi sminuire il valore del primo matrimonio. Facendo qualche ricerca scopro che la faccenda è un po' più complicata (tradotto dalla Wikipedia inglese): "Ai divorziati nella chiesa ortodossa è consentito sposarsi nuovamente in chiesa, anche se alla coppia viene imposta una severa penitenza da parte del vescovo e la seconda cerimonia nuziale è solitamente dai toni spenti piuttosto che gioiosi. Permettere di risposarsi è un atto di compassione della chiesa nei confronti dei peccatori".

Un piatto di LoukoumodesUn piatto di Loukoumodes

La serata la passiamo in un bar del quartiere centrale Kolonaki (Κολωνάκι) dove faccio conoscenza con altri amici di Despina ai quali si aggiunge Marilena, una simpatica ragazza che ho contattato grazie a una nostra amica comune. Nel giro di poco, come spesso succede quando si mangia all'aperto, al nostro gruppo si aggiungono altre cinque persone ed è tutto un interessante intrecciarsi di storie. I giovani di Atene parlano un inglese discreto anche se è probabile che i miei amici non siano proprio rappresentativi della tendenza media. Come noterò in seguito molti ventenni incontrati in altre città non riescono neanche ad articolare le frasi più semplici.

Sulla strada del ritorno, mentre camminiamo verso la fermata della metro, Despina ha una grande intuizione e mi consiglia di provare gli squisiti (ed estremamente calorici) Loukoumodes (λουκουμάδες), delle piccole frittelle dolci ripiene di cioccolato o miele e coperte di zucchero.

La vista dalla collina di Licabetto, AteneLa vista dalla collina di Licabetto, Atene

Domenica decido di lasciar riposare Despina e mi avventuro in solitaria per la caotica Atene. Percorrendo in bus il lunghissimo viale Venizelou non posso fare a meno di notare quanto i riti religiosi siano impressi nella cultura greca: molti passeggeri si fanno il segno della croce quando intravedono dai finestrini una chiesa mentre altri sono intenti a recitare uno strano rosario fatto di ambra. Dal centro, partendo dalla bellissima Accademia Ateniese (Ακαδημία Αθηνών) raggiungo la Stazione di Larissa per chiedere informazioni sui treni per Corinto e Patrasso. Un impiegato svogliato, abbastanza annoiato di essere stato interrotto proprio nel bel mezzo di una partita ad Angry Birds, mi dà delle informazioni contrastanti in un pessimo inglese. Un po' seccato dalla perdita di tempo, cammino lungo Viale Ioulianou fino al Parco di Pedion Areos (Πεδίον Άρεως).

Lo Stadio Panathinaiko, AteneLo Stadio Panathinaiko, Atene

Da lì, nonostante il parere contrario delle mie gambe, decido di arrivare fino alla Collina di Licabetto (Λυκαβηττός) per raggiungere il punto più alto della città (277 metri) dalla quale si gode una splendida vista che spazia dall'Acropoli al Pireo fino alle isole di Aigina e Salamina che appaiono nebbiose in lontananza. Sulla collina è presente anche un teatro all'aperto che ha ospitato nel tempo numerosi artisti tra i quali Joan Baez, i Deep Purple e gli Skorpions.

Ridiscendo la collina e mi dirigo verso l'affascinante Stadio Panathinaiko (Παναθηναϊκό στάδιο), uno dei più antichi del mondo, completamente realizzato in marmo bianco. L'importanza storica della struttura è innegabile: costruito sul sito dell'antico stadio dove si svolgevano i Giochi Panatenaici in onore della dea Atena, l'odierno stadio ha ospitato la Prima Olimpiade del 1896 a quella del 2004, oltre a numerose gare internazionali di atletica. Uno degli ingressi dello stadio è scavato in una grotta e ospita oggigiorno il curatissimo museo dello stadio, che raccoglie tra l'altro le fiaccole e i manifesti di tutte le olimpiadi. Certo di aver ormai percorso almeno una mezza maratona, mi dirigo soddisfatto verso la fermata del tram.

Museo dello Stadio Panathinaiko, AteneMuseo dello Stadio Panathinaiko, Atene

In una mezz'ora di tram, raggiungo nuovamente la costa e più precisamente la piccola cittadina di Alimos (Άλιμος). Camminare sul lungomare è molto piacevole e ossservo rapito l'ingresso in porto di un bellissimo veliero a tre alberi. Visito anche brevemente il Cimitero degli Alleati, dove sono sepolti americani, inglesi, irlandesi e australiani che hanno combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale. Dai discorsi della gente e dai monumenti mi pare che il tema della guerra sia ancora molto sentito, in particolare, come è facile immaginare, in chiave anti-tedesca. Ritorno verso il centro di Atene dove mi incontro con Despina e gli altri per un'ultimo giro di ouzo (ούζο), un tipico distillato al gusto di anice, prima della mia partenza per Corinto.

Un veliero nel porto di AlimosUn veliero nel porto di Alimos

L'indomani arrivo in stazione di buon ora. Il piano è quello di passare mattina e pomeriggio a Corinto (Κόρινθος) per poi raggiungere Patrasso (Πάτρα) in serata. Nonostante la confusione iniziale riesco, grazie all'aiuto di un uomo che parla discretamente inglese, a capire come funziona il sistema ferroviario: la tratta intorno Atene-Corinto è servita dai Proastiakos (Προαστιακός), dei piccoli treni suburbani che connettono le città più importanti dell'Attica. La linea che poi continua da Corinto a Patra è stata interrotta a Kiato (Κιάτο), causa privatizzazione e conseguente inutilizzo, e pertanto sono stati attrezzati degli autobus sostitutivi. Avendo ora chiaro il percorso da fare raggiungo, in poco più di un'ora, la città di Corinto.

Di per se, come mi è stato più volte ribadito da tutti i greci incontrati ad Atene, Corinto non ha proprio niente che valga la pena visitare. Le due principali attrazioni sono infatti situate nelle sue vicinanze: la prima è l'antica Corinto e la sua acropoli (Ακροκόρινθος), situata circa sei chilometri a Sud-Ovest dell'odierna Corinto. La seconda è il Canale di Corinto (Διώρυγα της Κορίνθου), situato a Nord-Est di Corinto e realizzato nel 1893 (sebbene esistano progetti risalenti addirittura al I Secolo d. C.) al fine di collegare il Mar Egeo con il Golfo Saronico. Vista la sua ridotta larghezza (poco più di 20 metri) il canale non può essere attraversato da moderne navi cargo e la sua importanza economica è andata pertanto diminuendo nelle ultime decadi, riducendolo a semplice attrazione turistica.

Il panorama da Acrocorinto, guardando verso il mareIl panorama da Acrocorinto, guardando verso il mare

Purtroppo il tempo è tiranno e scelgo quindi di concentrare la mia attenzione su Acrocorinto. Raggiungerlo, volendo evitare di pagare 50€ di taxi, non è un'impresa facile ma decido ugualmente di affidarmi alla fortuna: mi incammino lungo la statale che collega le due città nella speranza di farmi dare un passaggio da qualche turista fuori di stagione. Dopo un'ora di cammino, quando inizio a pensare di tornare sui miei passi, due simpatici pensionati francesi accostano e mi fanno salire. Insieme raggiungiamo la splendida area archeologica dell'antica Corinto che è tutta un susseguirsi di colonne (di ordine corinzio, ovviamente), portali, statue, teatri e piccole strade. Fa vacillare la mente pensare che alcuni di questi elementi sono stati assemblati con tanta maestria da mani umane circa tremila anni fa. Il sito dev'essere particolarmente ricco, ci sono infatti addirittura dei nuovi scavi in corso.

Le rovine di PaleocorintoLe rovine di Paleocorinto

Dopo aver goduto di tante magnificenza del passato risaliamo in macchina e in un quarto d'ora raggiungiamo le alture su cui sorge l'acropoli di Corinto. La zona è sede di fortificazioni risalenti all'età arcaica e successivamente rinforzate da romani, bizantini, veneziani e ottomani. Aldilà della fantastica vista che si gode sull'Istmo di Corinto, l'acropoli ha da sempre avuto un'importanza strategica in quanto permette di controllare quello che era, prima della costruzione del ponte di Rio-Antirrio, l'unico ingresso via terra al Peloponneso. É come sempre difficile descrivere un panorama a parole: le colline rossastre che spuntano in ogni direzione, la tempesta che si abbatte in lontananza, i due placidi lembi di mare uniti dal volere dell'uomo, la brezza che mitiga il calore del sole sono le cose che più colpiscono dall'alto di queste antiche mura.

Il panorama da Acrocorinto, guardando verso le collineIl panorama da Acrocorinto, guardando verso le colline

Un'ora di contemplazione e poi ridiscendo soddisfatto verso il parcheggio. Qui riesco a farmi dare un passaggio da un'altra coppia di francesi (da quel giorno ho di molto rivalutato i rapporti con i cugini d'oltralpe) che hanno però evidenti difficoltà a leggere una mappa. Per non complicar loro troppo le cose, mi faccio lasciare alla vecchia stazione di Corinto e percorro a piedi i quattro chilometri che la separano dalla nuova. Da lì cerco di acquistare il biglietto per Patrasso. Un simpatico funzionario delle ferrovie greche, in un evidente stato di stress, mi domanda imbarazzato un attimo di pazienza: "Non c'è elettricità al momento, quindi il biglietto te lo devo fare a mano. Però prima è in partenza il treno per Atene, appena finisco i loro biglietti faccio il tuo.". Divertito dalla cosa, aspetto pazientemente il mio turno. Nonostante i problemi tecnici arrivo a Kiato con solo venti minuti di ritardo (fortunamente il bus ha aspettato i passeggeri).

Il Canale di Corinto con la ferrovia sovrastanteIl Canale di Corinto con la ferrovia sovrastante

Il viaggio fino a Patrasso dura circa due ore. A venti minuti dall'arrivo, noto in lontananza una struttura che ricorda un ponte ma è troppo grande per esserlo. Si tratta dell'imponente Ponte Charilaos Trikoupis, meglio noto come Ponte Rio-Antirrio (Γέφυρα Ρίου-Αντιρρίου) dal nome delle due cittadine che connette. É il ponte strallato, cioè sospeso grazie all'aiuto di speciali cavi (stralli) ancorati a piloni, più lungo del mondo (2880 metri) ed è stato inaugurato in occasione dei Giochi Olimpici di Atene del 2004. Osservo rapito l'immensa struttura, che separa il Golfo di Corinto da quello di Patrasso, e mi rallegro sapendo che l'indomani andrò a visitarlo in compagnia di Georgia, una couchsurfer che ha accettato di ospitarmi a Patra per una notte.

Dopo un breve giro al porto raggiungo la casa della ragazza, situata alla fine di Riga Fereou, una lunga strada pedonale, punteggiata di ristoranti, bar e gelaterie, che attraversa il centro di Patrasso. La conversazione con Georgia si fa subito frizzante: la ragazza studia ingegneria meccanica, ha una grande passione per la poesia e la musica e le piace navigare. Discutiamo degli argomenti più diversi davanti a un piatto di lenticchie e Feta, un ottimo formaggio di capra tipico dei Balcani. Uno degli argomenti più sentiti è certamente la crisi e la possibilità/necessità di emigrare. Georgia è decisa a rimanere in Grecia ("Se ce ne andiamo tutti non resterà più nessuno a ricostruire") anche se ammette di cominciare a valutare offerte di lavoro, almeno temporanee, all'estero. Per dolce la giovane mi fa provare dei semi di senape pestati su spicchi di arancia. Il sapore è molto forte e mi ricorda in qualche modo la cenere di un camino. Concludiamo la cena alternandoci alla chitarra e riesco a convincerla a suonarmi qualche canzone popolare greca.

L'Odeo romano di PatrassoL'Odeo romano di Patrasso

Purtroppo Georgia sta scrivendo una relazione sul suo periodo di praticantato e non potrà accompagnarmi in città in serata. Mette però a disposizione la sua bici e così mi lancio allo scoperta di Patrasso: visito innanzitutto la bellissima, per quanto moderna, Basilica di Sant'Andrea Apostolo con i suoi ricchissimi mosaici e le reliquie del santo, martirizzato proprio a Patrasso. Raggiungo quindi nuovamente il lungomare e percorro il fronte del porto rimanendo colpito dall'immensità delle navi ancorate. Infine, percorrendo Agiou Nikolaou, salgo fino al Castello (Κάστρο Πατρών), costruito nell'Alto Medioevo, dal quale si gode una vista spettacolare resa ancora più affascinante dall'imminente tramonto. Parcheggiata la bici, cammino per le stradine medioevali nelle vicinanze del castello e mi concedo infine un ottimo gelato prima di rientrare a casa passando dal quartiere residenziale di Psilalonia (Ψηλαλώνια).

Il Faro di PatrassoIl Faro di Patrasso

Georgia ne ha avuto abbastanza di studiare e mi domanda informazioni sull'Irlanda, paese che ha intenzione di visitare con la sorella a Luglio. Parliamo così di viaggi e scopro che la giovane è solita passare l'estate sulla piccola barca a vela di famiglia con la quale, insieme al padre e allo zio, naviga a volte anche per mesi tra le isole del Mediterraneo. La zona preferita da Georgia è quella dell'Anatolia, da cui la sua famiglia paterna proviene. Oggigiorno la regione appartiene alla Turchia ma un tempo, prima dello Scambio di Popolazioni tra Grecia e Turchia del 1923, era a maggioranza greca. Affascinato dai racconti della giovane considero seriamente l'invito di un giro in barca per l'estate seguente.

Il ponte di PatrassoIl ponte di Patrasso

Prima di dormire, Georgia mi domanda imbarazzata se io possa leggerle il Proemio della Divina Commedia, che ha recentemente acquistato. Pur sentendomi un po' fuoriluogo nei panni di Roberto Benigni accetto a patto che lei legga l'incipit dell'Odissea (Ὀδύσσεια) che troneggia nello scaffale della sua libreria. Mi addormento così con le immagini di lunghi viaggi, epiche battaglie e travolgenti passioni che ancora risuonano nelle mie orecchie.

L'interno della Chiesa di Sant'Andrea, PatrassoL'interno della Chiesa di Sant'Andrea, Patrasso

L'indomani, dopo una breve colazione, percorriamo in macchina il breve tratto di strada che separa Patrasso da Rio (Ρίο) e parcheggiamo nelle vicinanze dell'antica fortezza. Un vento forte sferza la costa ma Georgia mi tranquillizza: "É solo brezza, quando c'è davvero vento chiudono il ponte". Il nostro piano prevede di camminare fino a metà ponte, tornare indietro, recuperare la mia valigia dalla macchina, prendere una nave cargo (che è gratis per i passeggeri) e infine raggiungere la riva opposta da dove prenderò il pullman per Ioannina (Ιωάννινα), la capitale dell'Epiro. Nel mentre Georgia mi racconta alcuni interessanti dettagli tecnici del ponte: essendo costruito in una zona sismica, la struttura deve essere in un certo modo flessibile ed è per questo che le sommità degli stralli sono dotate di ammortizzatori. Un altro problema ingegneristico è stato causato dal fondale molto profondo (65 metri) e friabile, che ha impedito di interrare i piloni, rendendo necessaria l'aggiunta di uno strato di ghiaia sul quale appoggiare l'intera struttura.

Il Golfo di Arta al tramonto da PrevezaIl Golfo di Arta al tramonto da Preveza

Raggiunta l'altra riva attendo paziente, in compagnia di Georgia, il bus per Ioannina. Le quattro ore di viaggio passano tranquille: dal finestrino scorrono panorami mozzafiato, il più notevole dei quali è sicuramente rappresentato dallo spettacolare Golfo di Arta, ormai prossimo al tramonto. Alla stazione dei bus di Ioannina mi aspetta una sorridente Stella, un'amica conosciuta durante il suo periodo Erasmus ad Innsbruck che mi ha gentilmente offerto ospitalità per qualche giorno. Il piano sarebbe stato di rimanere due notti a Ioannina per poi raggiungere Meteora (Μετέωρα), sede di bellissimi monasteri ortodossi, e Katerini (Κατερίνη), alle pendici del Monte Olimpo, ma la stanchezza del viaggio e le poche connessioni tra le città mi fanno desistere. Resterò quindi una notte in più a Ioannina, prima di raggiungere Salonicco (Θεσσαλονίκη), ultima città del mio viaggio.

Ioannina, la città dei Pagourades e la LunaIoannina, la città dei Pagourades e la Luna

In macchina raggiungiamo il centro città e camminiamo lungo le sponde del Lago Pamvotis (Παμβώτις). Stella mi racconta che gli abitanti della città sono noti con il soprannome di "Pagourades" che significa "Teste di Secchio"; questo a causa di un'antica leggenda secondo la quale i cittadini di Ioannina cercarono di svuotare il lago con secchi e borracce nel tentativo di salvare la Luna, o meglio il suo riflesso sullo specchio d'acqua, dall'annegamento (nella versione raccontata dagli autoctoni il motivo di questo gesto è d ricercarsi nel tentativo di distrarre gli invasori ottomani dai preparativi di insurrezione popolare). Per strada sembrano esserci solo ragazzi di età compresa tra i quindici e i trenta, tutti intenti a scegliere un posto dove passare la serata. Stella, quasi per rispondere alla mia domanda silenziosa, tesse le lodi di Ioannina come città universitaria, conducendomi subito in uno dei bar più rinomati, lo Skala. A noi si unisce Natasa, una sua amica e compagna di studi.

Un bicchiere di TsipouroUn bicchiere di Tsipouro

Finalmente trovo in Stella un interlocutore informato sui più recenti sviluppi della politica greca: la ragazza è infatti membro di punta della sezione giovanile (KNE) del Partito Comunista greco (Κομμουνιστικό Κόμμα Ελλάδας) e l'indomani prenderà parte all'ultimo comizio universitario prima delle elezioni studentesche. Mi parla così di Alba Dorata ("Una minoranza violenta che il partito conservatore si illude di poter controllare") e delle privatizzazioni che hanno in pratica "distrutto il tessuto sociale e le infrastrutture del paese". Domando come il Partito Comunista sia riuscito a sopravvivere alla caduta della Russia Sovietica senza modificare almeno logo e stilemi; dalla risposta vaga mi accorgo come la fine della Guerra Fredda abbia avuto un impatto molto più mitigato sulla politica greca rispetto ad altri paesi europei.

Montagne a IoanninaMontagne a Ioannina

Sono già le dieci e mezza di sera e ci spostiamo quindi allo TsipouroMeTzedes, un ristorante per studenti molto accogliente, particolarmente noto per lo Tsipouro (τσίπουρο), un'acquavite tipica dell'Epiro e in generale della Grecia del Nord. Il nome del locale è un gioco di parole basato sul doppio significato della parola Tzedes che significa sia "cibo" ma anche, nel dialetto di Ioannina, "ragazzi". Molti dei piatti proposti sono in genere pensati per essere condivisi, un'importante differenza culturale rispetto ai paesi dell'Europa Centrale dove ognuno ordina per se. Spartiamo così un generoso Piatto Grigliata Mista, mentre Natasa mi consiglia di provare la Tiropita (τυρóπιτα), una specie di torta al formaggio simile al Burek.

La Moschea FetiheLa Moschea Fetihe

Dopo circa un'ora ci raggiungono altri amici di Stella. Tra questi cattura il mio interesse un certo Kostas, che è un po' più anziano del resto del gruppo, avendo superato da qualche anno la quarantina. Parla con me un discreto italiano che ha imparato mentre lavorava in Puglia. Mi racconta diversi aneddoti su Ioannina e sull'Epiro; quello che mi colpisce di più è relativo alla Seconda Guerra Mondiale e all'occupazione italiana della Grecia, un tema che sembra essere ancora incredibilmente attuale. La nonna di Kostas, giunta voce dell'avvicinarsi delle truppe al paesino dove viveva, aveva fatto vestire i suoi figli in maniera molto elegante, così da essere degni di incontrare il Creatore, certa che l'intero villaggio sarebbe stato distrutto. Rimase però stupita nel vedere i soldati che distribuivano cioccolato e pasta, un atteggiamento "completamente diverso da quello dei loro alleati tedeschi che poi sterminarono le truppe italiane". "Una faccia, una razza" conclude Kostas con un sorriso. Il detto, probabilmente inventato ai tempi dell'occupazione fascista per far presa sulla popolazione greca e reso famoso dal film "Mediterraneo" di Salvatores, tende a sottolineare i molti aspetti comuni tra le due culture.

Il Castello di IoanninaIl Castello di Ioannina

Verso le due di notte raggiungiamo Anatoli (Ανατολή), il piccolo paesino, situato al confine con Ioannina dove la mia ospite abita. L'indomani, essendo Stella impegnata con le elezioni studentesche, lo passo in solitaria visitando Ioannina. La città ha molto da offrire a livello turistico e storico: è stata fondata nel VI Secolo dall'Imperatore Giustiniano, raffigurato nello stemma cittadino, e si espande in seguito alla Caduta di Costantinopoli. Cade poi in mano ottomana nel 1430 e diventa il fulcro della rinascita culturale greca, in particolare sotto il dominio della controversa figura di Ali Pasha di Tepelena (1740 ‐ 1822), ucciso, su ordine del sultano Mahmud II, per aver cercato di creare uno stato indipendente.

La testa di Ali PashaLa testa di Ali Pasha

La struttura più impressionante è certo la gigantesca fortezza che si affaccia sul lago, ospitando al suo interno una vera e propria città. La fortezza iniziale risale al 528 e venne estesa nel 1082 dai normanni. Questa cadde in disuso sotto l'impero ottomano fino all'arrivo di Ali Pasha che decise di ricostruire e rinforzare le mura, trasformando il castello nella sede della sua amministrazione. Nella parte alta della fortezza sorge la Moschea Fetihe (risalente al 1795) ed è nelle vicinanze che Ali Pasha e la sua famiglia sono seppelliti.

Un monastero a MeteoraUn monastero a Meteora

Culturalmente rilevante è anche la piccola isola del lago, facilmente raggiungibile in venti minuti di nave. Qui, nel Monastero di San Pantaleo, venne ucciso Ali Pasha, convinto, con la promessa di un'amnistia, ad arrendersi alle truppe di Hursid Pasha. Accortosi dell'inganno, nonostante gli ottant'anni suonati, morì combattendo e fu in seguito decapitato. L'eco della sua eroica e al tempo stesso cruenta morte raggiunse anche lo scrittore Alexander Dumas che utilizzò l'aneddoto come uno dei punti salienti del tradimento di Fernando Mondego de Il Conte di Montecristo. Affascinato dalla figura di questo condottiero decido di visitare il museo situato nell'ultima sua residenza. Il guardiano all'ingresso mi domanda da dove io venga e alla risposta "Italia" esclama scherzosamente: "Greci, italiani fratelli. Berlusconi fascista?". Non posso certo dissentire e l'uomo comincia allora a cantare a pieni polmoni l'Internazionale. Dalla Falce e Martello, ai canti socialisti, passando per commoventi racconti di guerra: la storia sembra scorrere decisamente più lenta in Grecia.

Metsovo in InvernoMetsovo in Inverno

Faccio il giro completo dell'isola che pur essendo molto turistica presenta degli scorci davvero affascinanti. Incredibilmente bello è il monastero Philanthropinon, costruito nel 1292 e magnificamente affrescato. Ritorno a Ioannina convinto di incontrarmi con Stella in serata ma causa un suo malore e il cellulare scarico sarò costretto a ritornare sulla strada di casa.

Il giorno seguente, per farsi perdonare il malinteso della sera prima, Stella si offre di portarmi a Parga, una piccola cittadina di mare rinomata per le sue spiagge e la sua conformazione arroccata. Ritenendo il viaggio eccessivamente lungo (200 chilometri con solo qualche ora a disposizione), la convinco a dirottare su una meta più vicina e raggiungiamo così Metsovo (Μέτσοβο) una piccola cittadina situata tra le montagne del Pindo. Ci dedichiamo al turismo culinario e in un ristorante tipico proviamo il Metsovone, un formaggio affumicato della zona, e i Suflaki, degli spiedini preparati in maniera particolare in questa zona. Appesantiti ridiscendiamo ritorniamo verso Ioannina lungo la statale dalla quale si gode una magnifica vista sul lago. In macchina, grazie alla ricca collezione di CD di Stella, conosco anche l'opera del compositore Manos Hatzidakis, la cui musica cerca di unire elementi classici a stilemi propri della musica greca tradizionale. Il musicista è noto anche per aver diretto e in parte arrangiato l'ultimo concerto di Ástor Piazzolla, tenutosi ad Atene nel 1990.

La Penisola CalcidicaLa Penisola Calcidica

Parto l'indomani verso Salonicco dove sarò ospite di Karin, una couchsurfer tedesca che lavora da un anno come insegnante di scuola elementare. Il viaggio sarà abbastanza travagliato: il pullman parte da Ioannina con mezz'ora di ritardo. A quaranta chilometri da Salonicco si verifica un guasto al motore che ci tiene fermi per quasi un'ora. Giunto nella capitale della regione di Macedonia (da non confondere con la Repubblica di Macedonia) scopro che la mia ospite vive a Thermis, un piccolo paesino situato all'estremo opposto della città. Rimango imbottigliato nel traffico che scorre lento lungo viale Tsimski, aspetto oltre venti minuti la coincidenza per Thermis e arrivo a destinazione con quasi quattro ore di ritardo rispetto a quanto preventivato.

La Torre Bianca di SaloniccoLa Torre Bianca di Salonicco

Fortunatamente il contagioso sorriso di Karin e l'ottima pasta che mi ha preparato risollevano la serata. Troppo provato per uscire, passiamo la serata discutendo dell'istruzione greca e di come i tedeschi siano visti oggigiorno nel paese ellenico ("Ti dicono che odiano la Merkel ma per il resto sono cordiali"). Per il giorno seguente abbiamo grandi piani: spiaggia la mattina, visita in città il pomeriggio, concerto di musica per film la sera. Purtroppo il sole è così caldo, il mare così azzurro e il pranzo così prelibato che non mi resterà tempo per la parte pomeridiana del progetto. Dispiaciuto, ma forse neanche troppo, mi riprometto di tornare a visitare la città in un prossimo futuro. Ci tengo a segnalare che in data 10 Maggio 2014, dopo solo qualche leggera pressione di Karin, faccio il bagno al mare come un tedesco qualunque, senza nemmeno riportare danni permanenti. La mutazione dovuta al lungo soggiorno nel Tirolo austriaco inizia a farsi sentire.

Il Tramonto a SantoriniIl Tramonto a Santorini

É a malincuore che il giorno seguente mi imbarco sul mio volo di ritorno, mentre le immagini dei luoghi e degli amici incontrati nella splendida Grecia si rincorrono nella mia mente, sbiadendo nell'azzurro del Mediterrano.