Spagna, España

Spagna, España
Il mio primo contatto con la cultura spagnola avviene grazie alla musica: da amante e dilettante di chitarra classica mi sono spesso trovato ad affrontare composizioni o adattamenti di Francisco Tárrega, Isaac Albéniz, Andrés Segovia, Carlos Montoya e Paco de Lucía. Grazie a quest'ultimo, in particolare, ho cominciato ad interessarmi di flamenco, la travolgente musica tipica dell'Andalusia, la regione più a Sud della Spagna. Pur non essendo un estimatore del flamenco cantato (troppo lamentoso) rimango particolarmente colpito dalla ricchezza di tecniche per chitarra che trasformano la cassa armonica in uno strumento a percussione. Nonostante un certo interesse da parte mia, durante l'Erasmus a Linz non riesco a stringere amicizie significative con gli abitanti di questo paese, forse anche a causa del loro bioritmo, sfasato di almeno tre ore rispetto al mio. Inoltre gli spagnoli sembrano contendersi con gli italiani e i greci il trofeo per il gruppo meno anglofono e più casinista dell'anno. Unica eccezione la simpaticissima Rosa che abita nel mio stesso corridoio. Pacata, riflessiva e fortemente determinata a imparare il tedesco, Rosa è una notevole aggiunta al gruppo internazionale con cui passo le mie giornate e, proprio a causa di questa sua ecumenicità, sembra quasi essere considerata una traditrice dagli altri spagnoli. In alcune delle nostre serate compare anche Antonio, lo studente Erasmus più giovane del semestre (ha da poco compiuto i diciannove anni), che impreziosisce le nostre conversazioni con interessanti aneddoti linguistici; nonostante la giovane età il ragazzo padroneggia già cinque lingue e si è deciso a cominciare con il ceco, sua prima lingua slava.
Valladolid, Academia de CaballeríaValladolid, Academia de Caballería
Vivo ormai da un anno e mezzo nella fredda e piovosa Innsbruck quando mi imbarco sul volo per Santander, capoluogo della Cantabria, pregustando già il clima mite, il sole splendente e le rinfrescanti nuotate nel limpido mare azzurro della Spagna. Le mie attese vengono però fortemente deluse dal clima della regione che, come scoprirò in maniera molto diretta, condivide numerosi aspetti, sia culturali che climatici, con l'Irlanda. La Cantabria, insieme alla Galizia, alle Asturie e al Paese Basco, costituisce infatti quella parte del paese comunemente indicata come España Verde ('Spagna Verde') che gode, si fa per dire, di un clima oceanico, caratterizzato da intense precipitazioni. Tra le gocce di pioggia che affollano il finestrino dell'aereo riesco a distinguere un susseguirsi di verdi colline e grigi nuvoloni attraverso i quali filtra, di tanto in tanto, un timido raggio di sole.
Valencia, la moderna Ciudad de las Artes y las CienciasValencia, la moderna Ciudad de las Artes y las Ciencias
L'atterraggio a Santander è reso brusco da numerose raffiche di vento e questo è solo l'inizio di una serata molto movimentata: volendo acquistare un biglietto urbano per la città, ed essendo il pagamento in contanti disattivato, inserisco la mia carta di credito nella fessura sbagliata della macchinetta, incastrandola senza speranza. Allarmato, nell'aeroporto quasi deserto, mi rivolgo a due poliziotti, i quali, senza mostrare molta empatia, mi consigliano di parlare con la ragazza dell'ufficio turistico. La giovane, di origine tedesca, mi racconta quasi divertita che questo incidente succede con regolarità e che i tecnici non arriveranno prima delle dodici del giorno seguente. Indeciso sul da farsi, dopo essermi assicurato che la carta sia davvero irrimediabilmente incastrata raggiungo in venti minuti la stazione di Santander dove mi incontro con Lucía, una simpatica couchsurfer che ha deciso di ospitarmi per una notte.
Santander dall'altoSantander dall'alto
Ci incamminiamo lentamente per le vie della città. La conversazione si fa subito fitta e nel giro di pochi minuti sono del tutto dimentico dell'incidente della carta di credito. Lucía, come molte delle persone che incontro per strada, non sembra affatto una ragazza spagnola: è abbastanza alta, ha capelli castani e occhi di un verde intenso. Sorride divertita al mio appunto e mi racconta che i Celti hanno dominato la zona prima di essere sconfitti dai Romani e in seguito dai Visigoti. La zona della Cantabria e delle Asturie è anche la sola a non essere caduta in mano al Califfato degli Omayyadi ('Forse perchè non c'era nulla che valesse la pena saccheggiare') e da queste regioni partirà, intorno al 720, il lento processo della Reconquista che nel giro di settecento anni riuscirà a liberare l'intera Penisola Iberica dal controllo degli Arabi.
La CantabriaLa Cantabria
Anche per gli standard spagnoli è ormai ora di cena e Lucía mi conduce in un simpatico locale dall'attraente nome 'La Conveniente'. Il locale è situato in una vecchia farmacia che si dipana su due piani, al secondo dei quali è sistemato un pianoforte a coda. L'atmosfera è molto autentica e l'eta degli avventori spazia dai venti ai settant'anni. Sono deciso a provare quanti più piatti tipici possibili e seguo scrupolosamente le indicazioni di Lucía. Scorrendo il menu noto la prima differenza culturale rispetto ai paesi dell'Europa Centrale: molti piatti sono pensati per condividere ('compartir') il cibo con amici e non per essere mangiati singolarmente.
Il Gran Hotel Sardinero di notteIl Gran Hotel Sardinero di notte
Rifocillati a dovere, facciamo un giretto per le vie del centro mentre una pioggia sottile spezza la monotonia della sera. Raggiungiamo Plaza del Ayuntamiento, sede del municipio, e quindi, con un breve e comodo tratto di ascensore, una piccola terrazza panoramica situata nella parte alta della città. Da qui posso osservare meglio la geografia della zona: la baia, il mare e le colline. La mia ospite mi indica una serie di luci rosse intermittenti. 'Quello è la sede centrale del Banco Santander, una delle più grandi banche d'Europa'. Poi mi fa notare un'altra peculiarità di Santander: la città si affaccia sull'omonima baia e di conseguenza guarda verso Sud, pur essendo una delle città più a Nord del paese. Ritorniamo verso il mare raggiungendo la rotonda di Puerto Chico, in mezzo alla quale svetta un'asta di venticinque metri alla quale è issata un'immensa bandiera spagnola di settanta metri quadrati. Lucía risponde al mio sguardo dubbioso: 'Dopo numerose proteste hanno rimosso la statua del dittatore Francisco Franco ma per far contenti i nazionalisti sono stati costretti a sistemarci quest'orrenda bandiera'. Con il bus raggiungiamo la parte più turistica della città, quella che sovrasta la spiaggia. L'edificio più significativo è il Gran Casino del Sardinero e l'annesso Gran Hotel. La pioggia inizia ad infittirsi e decidiamo quindi di avviarci verso casa.
Il Palacio de la MagdalenaIl Palacio de la Magdalena
L'indomani il tempo non è migliorato: un cielo grigio e carico di pioggia pesa sulle nostre teste. Decido di accompagnare Lucía al Museo Marittimo del Cantábrico, dove lavora come ricercatrice di biologia marina. Cammino tra le sale dell'istituto, guardando di tanto in tanto fuori dalla finestra, nella speranza di assistere a una schiarita. Dopo una mezz'ora capisco che attendere è vano. Saluto Lucía e, con il solo scudo del mio debole ombrello, mi incammino lungo la spiaggia sferzata da vento e pioggia. L'idea è quella di raggiungere l'attrazione turistica più vicina, il Palacio de la Magdalena, residenza estiva della famiglia reale spagnola, ma, a mezzo chilometro dalla meta, sarò costretto a desistere viste le condizioni metereologiche avverse. Prendo così il primo bus diretto verso l'aeroporto per recuperare la carta di credito e da lì copro in pullman i duecento chilometri che mi separano da San Sebastián (Donostia, in lingua basca). Originariamente avevo previsto una breve tappa a Bilbao (Bilbo) ma visto che il tempo non sembra migliorare mi compiaccio di aver accorciato l'itinerario.
Bilbao (Bilbo), Guggenheim MuseumBilbao (Bilbo), Guggenheim Museum
La presenza di cartelli in due lingue segnala il mio ingresso nella provincia automa del Paese Basco (País Vasco - Euskadi), a sua volta parte dei Paesi Baschi, un'entità che racchiude le popolazioni di cultura basca situate tra Spagna e Francia all'Ovest dei Pirenei. La regione è nota alla cronaca internazionale a causa dell'azione politica e degli attentati del gruppo paramilitare dell'Euskadi Ta Askatasuna (ETA) che mira a raggiungere l'indipendenza e l'unificazione dell'intero Paese Basco. Riflettendo su come sia possibile conciliare questi regionalismi con il sogno di un'Europa sovranazionale mi assopisco dolcemente. A una trentina di chilometri da San Sebastián il cielo si apre proprio mentre il pullman, abbandonata temporaneamente l'autostrada, imbocca la strada statale N-634 che si dipana lungo la costa: l'azzurro intenso del mare mi coglie di sorpresa; potenti onde si infrangono bianche contro la costa frastagliata; le rocce riflettono la luce del sole. Un sorriso di compiacimento illumina il mio volto.
San SebastianSan Sebastian
La prima impressione di San Sebastián è davvero positiva: palme, vicoli misteriosi, gente che attraversa la strada con un surf sottobraccio. Dopo un breve giro raggiungo il mio prossimo ospite, Roberto, che vive dalle parti di Calle San Martin, tra il fiume Urumea e la Bahía de la Concha (Kontxako Badia). L'uomo mi accoglie sorridente e conversiamo un poco, scoprendo molti interessi comuni: la scrittura (in gioventù ha partecipato alla fondazione di un giornale locale), l'informatica (ora si occupa di comunicazione online e grafica) e il viaggio (qualche anno prima aveva lavorato da una piccola roulotte girando l'intero Portogallo e la Spagna del Sud). L'uomo mi dà qualche dritta su cosa vedere in città e, dopo esserci accordati di incontrarci verso le otto in centro, ritorna al suo lavoro. Ho così quattro ore per visitare San Sebastián.
Un piatto di MejillonesUn piatto di Mejillones
Le cose da vedere non mancano: al di là degli edifici di interesse storico, come la Cattedrale, il Municipio, il Ponte di María Cristina e l'impressionante basilica di Santa María del Coro, la città offre anche panorami mozzafiato: camminando lungo Nuevo Ibilbidea raggiungo la cima del 'Monte' Urgull (123 metri), una collina con vista sull'isola di Santa Clara. Ridiscendo e seguo la costa fino all'altra estremità della Bahía de la Concha. Osservando la geografia della città non mi sorprende che San Sebastián sia nota per la sua posizione arroccata, fattore che ha contribuito a proteggerla nel tempo da numerosi attacchi via mare. Ad esempio, nell'estate del 1813, durante le Guerre Napoleoniche, le armate anglo-portoghesi dovettero assediarla per quasi un mese prima di riuscire a penetrarne le difese, saccheggiandola e incendiandola in seguito al successo dell'operazione.
Ayuntamiento de San SebastiánAyuntamiento de San Sebastián
Il tempo scorre veloce e per le otto sono in Plaza de la Constitución dove mi attende Roberto. Sulla piazza si affacciano diversi edifici alle cui finestre sono apposti dei numeri. Roberto segue il mio sguardo e, anticipando la mia domanda, mi spiega che un tempo, in occasione delle feste più importanti organizzate nella piazza, i balconi venivano affittati agli spettatori. Non ci tratteniamo a lungo e ci dirigiamo verso le stradine della città vecchia. Roberto, che sembra conoscere ogni bar e ristorante della città, mi conduce senza indugi in un locale dove servono unicamente piatti di mare. Assisto anche al rito del buttare gli avanzi per terra; si tratta di un'usanza meno barbara di quanto sembri, dato che i tovaglioli e i resti di cibo vengono gettati in un abbassamento del pavimento in prossimità del bancone che viene facilmente e con regolarità pulito da un cameriere. Dopo esserci rifocillati di mejillones, pulpo e gambas ci spostiamo in un bar dove servono i tipici pincho (pintxo), degli snack composti da una fetta di baguette sulla quale vengono infilzati una varietà di ingredienti diversi (pesci, salumi, verdure). Roberto mi racconta intanto diversi aneddoti sui Paesi Baschi, dei quali è originario, cercando di trasmettermi alcune peculiarità di questa cultura. Così non posso fare a meno di provare un bicchiere del tipico sidro basco, senza rimanerne particolarmente impressionato. Alla lavorazione di questa bevanda è associato anche lo strumento musicale basco per eccellenza, la txalaparta, composto da un cilindro di legno o metallo che viene battuto ritmicamente su un'asse di legno. Tale strumento viene usato anche per comunicare ai vicini la fine delle operazioni di pressatura delle mele e per invitarli a gustarsi un bicchiere di sidro. La tecnica della txalaparta può raggiungere velocità e variazioni impressionanti, come dimostra il video sottostante.
Strumenti e suonatori baschiStrumenti e suonatori baschi
Il tragitto in bus è lungo ma regala in lontananza scorci mozzafiato dei Pirenei e di alcune conformazioni rocciose tipiche dell'Aragona. Arrivo a Zaragoza poco prima del tramonto, giusto in tempo per raggiungere il Puente del Pilar e godermi il lento scivolare del sole aldilà del fiume Ebro e della bellissima basilica di Nostra Signora del Pilar, probabilmente la prima chiesa al mondo dedicata al culto della Vergine Maria. Secondo la tradizione, l'apostolo Giacomo, due anni dopo la crocifissione di Gesù, raggiunse la Spagna col fine di predicare il Vangelo. Deluso dagli insuccessi della sua missione, si mise a pregare sulle rive dell'Ebro. Ebbe quindi un'apparizione di Maria che gli ordinò di costruire una chiesa in suo onore; la Madonna gli donò anche una colonna (pilar) di diaspro e una statua di legno che la raffigurava, entrambe conservate all'interno della chiesa. Inutile descrivere lo splendore di questa architettura e la ricchezza dei suoi interni, tra i quali spiccano i resti di due bombe inesplose risalenti alla Guerra Civile Spagnola.
La basilica di Nostra Signora del PilarLa basilica di Nostra Signora del Pilar
Poco distante dalla basilica si trova un altro capolavoro della città, la Catedral del Salvador (anche nota come La Seo), edificata a partire dal 1140 sui resti di una moschea distrutta in seguito alla liberazione della città. La co-cattedrale, la cui rivalità con la basilica del Pilar ha generato nel tempo non pochi problemi all'amministrazione cattolica, venne ampliata e restaurata nel corso dei secoli e per questo motivo presenta anche elementi barocchi e gotici. Soddisfatto dal mio primo giro in città mi dirigo verso l'appartamento di Roy, un ragazzo inglese che ha accettato di ospitarmi per una notte. Attraversando il Puente de Piedra ripenso a come quello stesso fiume, ora pacifico e grazioso, dovesse apparire nel Novembre 1938, durante la battaglia dell'Ebro, ultimo vano tentativo delle truppe repubblicane di riprendere i territori persi in seguito all'avanzata dell'esercito di Francisco Franco. La linea del fronte correva infatti pochi chilometri più a Est di Zaragoza, già in mano ai nazionalisti. A quei tempi dovevano esserci ponti fatti di barche, bombardieri in volo a bassa quota e cadaveri trasporati dal fiume. Da qualche parte, in lontananza, riecheggia la 'Ballata degli Annegati' di Francesco Guccini.
Un'emblematica, anche se forse non autentica, foto della Guerra Civile SpagnolaUn'emblematica, anche se forse non autentica, foto della Guerra Civile Spagnola
Roy è un ragazzo simpatico e alla mano e mi guida un po' incerto per il centro di Zaragoza. Si è trasferito qui soltanto da due settimane e non si è ancora completamente ambientato. Il suo spagnolo, che usa per ordinare al bar, è molto povero e il forte accento inglese suscita più di uno sguardo interrogativo nei suoi interlocutori. La cosa non sembra preoccuparlo molto: il giovane, che di mestiere fa l'insegnante d'inglese, ha vissuto in molti paesi, dall'Albania alla Cina, dall'Indonesia al Brasile, ed è abituato a farsi capire. Conversiamo animatamente mentre le piccole stradine di Zaragoza ci mostrano i loro piccoli segreti quotidiani.
Aljaferia, ZaragozaAljaferia, Zaragoza
Il giorno seguente avevo in mente di fare un giro più approfondito della città ma il tempo mi è nuovamente avverso. Tra una scroscio di pioggia e l'altro riesco almeno a raggiungere il maestoso Palazzo dell'Aljafería, un fortino medievale islamico costruito sul finire dell'Undicesimo Secolo, in seguito alla suddivisone del dominio arabo di Al-Andalus (الأندلس) in piccoli regni indipendenti denominati taife. Quest'edificio, oggi sede del Parlamento della Provincia Autonoma di Aragona, è forse il più emblematico esempio di architettura Mudéjar, una corrente artistica tipica della zona che unisce elementi arabeggianti e romanici. In genere, i principali esponenti di questo stile appartengono al gruppo religioso dei Moriscos, arabi convertiti forzatamente al cattolicesimo in seguito all'avanzare della Reconquista, o dei Mudéjar, arabi che in cambio di una tassa potevano continuare a professare la loro fede. Il cielo si fa sempre più scuro e i fumi di scarico delle macchine che passano sull'autostrada poco lontana mi convincono a recarmi verso la stazione ferroviaria.
La modernissima stazione di ZaragozaLa modernissima stazione di Zaragoza
Nella modernissima stazione di Zaragoza proverò per la prima volta l'ebbrezza di un viaggio su un Treno ad Alta Velocità (AVE) spagnolo. Il controllo-bagaglio con tanto di guardia e metal-detector prima dell'imbarco non fanno che aumentare le somiglianze della stazione con un aeroporto. Anche la velocità del treno è notevole e in poco più di un'ora giungo a Barcellona, capitale della Catalonia, toccando picchi di 340 chilometri orari. La stazione di Barcelona-Sants non è in una zona particolarmente centrale e devo usare i mezzi pubblici per raggiungere l'Hotel Arts che, con i suoi centocinquantaquattro metri, è l'edificio più alto della città. Lì mi incontro brevemente con Hector, il mio prossimo ospite, che nel palazzo lavora come centralinista. Rimango impressionato dal suo perfetto italiano e scopro così che è laureato in lingue romanze e parla altrettanto bene il francese e il catalano. Gli lascio la valigia e ci accordiamo per incontrarci verso le sette, finito il suo orario di lavoro. Ne approfitto così per visitare il lungo mare del distretto di Barceloneta e non posso che invidiare un poco quei tanti impiegati che, terminati i loro doveri lavorativi, possono concedersi una birra vista mare prima di rincasare. La spiaggia di Barcellona è piccola e affollata e in lontananza si scorgono edifici moderni come il famoso W Barcelona, la cui silouhette si staglia imponente contro la brezza di mare.
Barcelona dall'altoBarcelona dall'alto
Il tempo trascorre in fretta e, dopo essermi nuovamente incontrato con Hector, ci dirigiamo verso casa sua, dalla parti della Zona Franca, l'area logistica che sorge nei pressi del distretto di Sants-Montjuïc. Dopo una rapida doccia artigianale fatta con l'acqua presa da una pentola (il miscelatore di è rotto il giorno prima) siamo già pronti ad uscire. Camminando lungo la Gran Via, che collega il centro città con l'aeroporto, raggiungiamo la gigantesca Plaça d'Espanya, costruita nel 1929 in occasione dell'Esposizione Internazionale. L'ingresso alla fiera è tutt'oggi marcato dalle due Torri Veneziane, alte quasi cinquanta metri e ispirate al Campanile di San Marco.
Fuente mágica de MontjuicFuente mágica de Montjuic
Superatele ci si avvia lungo Avinguda Maria Cristina che, dopo un centinaio di metri, conduce alla scalinata del Museu Nacional d'Art de Catalunya. Alla base di questa sono erette quattro colonne, delle quali Hector mi racconta la storia: vennero costruitedall'architetto Josep Puig i Cadafalch nel 1919 e simboleggiano le strisce rosse della Senyera, la bandiera della Catalonia. Per questo motivo l'opera venne rimossa sotto la dittatura di Primo de Rivera che tentò, come poi fece anche Franco, di soffocare l'identità catalana. Dal 1999 movimenti studenteschi e cittadini legati ai partiti indipendentisti, insistettero per costruirne una replica, cosa che avvenne nel 2010.
Plaza de EspañaPlaza de España
Ci inerpichiamo sulle scale restando ammaliati dalla bellissima Fuente mágica de Montjuic, una fontana illuminata costruita sul luogo dove originariamente vennero erette le Quattro Colonne. Da lì ammiriamo la vista sulla sottostante piazza e l'orizzonte ancora rischiarato dal rosso del tramonto. Continuiamo il nostro tragitto in direzione del quartiere di Poble-sec dove incontriamo degli altri amici italiani di Hector. Entriamo quindi nel quartiere centrale di El Raval e ci concediamo una meritata cena in un localino frequentato solo da catalani. I prezzi sono in genere più alti che nelle altre città spagnole da me visitate e imparo a tal proposito un importante detto catalano: 'Barcelona és bona si la bossa sona' ('Barcellona è buona con te se hai denaro sonante').
Las RamblasLas Ramblas
Il giro continua fino a raggiungere le mitiche Ramblas di Barcellona, descritte dal poeta Federico García Lorca (1898 – 1936) come 'L'unica strada al mondo che vorrei non finisse mai'. Questo insieme di strade consecutive è citato spesso dai miei cantautori preferiti e può essere che questo abbia gonfiato un po' le mie aspettative. In ogni caso la delusione è forte: del clima artistico e culturale tanto celebrato in libri e canzoni rimane davvero poco; la strada è affollata da turisti, pachistani che vendono lattine di birra, spacciatori e prostitute. A parte rare eccezioni, tra le quali il Gran Teatre del Liceu, i locali che si affacciano sulla Rambla non hanno nulla di particolare. Hector intuisce il mio disappunto e mi conduce in una stradina laterale che si apre sul pezzo forte della Ramblas, Plaça Reial, un'elegante piazzetta del Quartiere Gotico resa famosa dai suoi numerosi night club. Risaliamo quindi la Rambla fino a Plaça de Catalunya, nota per le sue fontane e per il memoriale al leader indipendentista Francesc Macià i Llussà (1859 - 1933), proclamatore della Repubblica Catalana. Il monumento è composto da un piedistallo che raffigura la storia catalana e da una scala invertita che rappresenta il futuro della nazione catalana, costruito giorno dopo giorno.
Barri GòticBarri Gòtic
Domando ad Hector cosa ne pensi di tutta la faccenda dell'indipendenza, soprattutto considerata l'appartenenza del paese all'Unione Europea e il salto nel buio che un eventuale distacco dalla madrepatria comporterebbe. La risposta è molto disillusa: 'Certo, è impossibile prevedere dove l'indipendenza ci condurrebbe. Ma la disoccupazione è sempre più forte e ai politici conviene creare un nemico comune ed esterno. É vero anche che l'identità catalana è stata osteggiata in tutti i modi nell'ultimo secolo e questa reazione è in parte fisiologica. In ogni caso i problemi sono appena cominciati e continueranno a crescere con il peggioramento della situazione economica'.
Sagrada Familia, voltaSagrada Familia, volta
L'indomani sono libero di vagare senza meta per la città: la mia prima destinazione è il Barri Gòtic, l'iconico quartiere gotico che conserva ancora edifici risalenti al medioevo, restaurati in vista dell'Esposizione Internazionale del 1929, e addirittura parte delle mura romane. L'atmosfera ricorda un po' i carrugi di Genova, a parte le ampie piazze che di tanto in tanto si aprono sulle strette stradine. Impressionante è la Catedral de la Santa Creu i Santa Eulàlia, con i suoi dettagliati gargoyle e i suoi preziosi dipinti. Il chiostro ospita tradizionalmente tredici oche, questo per ricordare le tredici torture con cui venne martirizzata Sant'Eulalia di Barcellona, una ragazza di tredici anni che non rinnegò la sua fede cristiana ai tempi delle persecuzioni dell'imperatore Diocleziano. Altri luoghi di interesse sono la Carrer del Bisbe, con il suo elaborato ponte, Plaça Sant Jaume, sede del municipio della città, e la chiesa di gotica di Santa Maria del Pi, costruita nel Quattordicesimo Secolo.
Le oche del chiostro di Santa EulàliaLe oche del chiostro di Santa Eulàlia
Camminando nuovamente lungo la Rambla raggiungo il Mirador de Colom, una statua di Cristoforo Colombo eretta nel 1888 per celebrare il viaggio più famoso della storia. L'opera, come illustra un bassorilievo collocato alla base del piedistallo, ha lo scopo di sottolineare l'importanza della corona spagnola nell'impresa del navigatore genovese. L'argomento è infatti particolarmente sensibile per gli spagnoli: in diverse occasioni mi sono sentito raccontare che non fu Colombo a scoprire l'America ma tale Rodrigo de Triana, il marinaio spagnolo che alle due di mattina del 12 Ottobre 1492, avvistò, dall'alto del pennone della Pinta, una delle isole delle Bahamas.
Una torre del Castello di MontjuïcUna torre del Castello di Montjuïc
La prossima meta è la collina di Montjuïc sulla quale sorge l'omonima fortezza. Il clima è perfetto: cielo terso senza una nuvola, mare 'azzurro lontananza' e una lieve brezza che scivola tra i turisti intenti a darsi il cambio sulle torrette del forte. La collina è un luogo significativo per gli amanti della cartografia: insieme alla cittadina francese di Dunkirk, che sorge sulla stessa longitudine, Montjuïc venne usata come riferimento per la prima misura della distanza tra Polo Nord ed Equatore. Un decimo di milionesimo di quella distanza venne detto Metro, unità fondamentale la cui definizione verrà rielaborata nel corso dei secoli. La misura venne effettuata dal francese Pierre François André Méchain il 16 Marzo 1794 proprio dalla fortezza. Il sole si abbassa lento regalando inaspettate sfumature di colori. Ritorno verso casa dove Hector ha organizzato una cena con degli amici. Il giorno seguente decido di visitare il lato più moderno della città. La prima tappa è la giustamente celebrata Basílica i Temple Expiatori de la Sagrada Família, ideata dall'architetto Antoni Gaudí i Cornet (1852 ‐ 1926) e non ancora completata a causa della maestosità del progetto e della mancanza di fondi. L'opera ha veramente qualcosa di unico ed è difficile immaginarla una volta completata, senza le tre gru che la circondano e quell'aria a metà tra tempio avveniristico ed edificio sopravvissuto a un bombardamento. Il livello di dettaglio delle sculture e delle colonne è incredibile e la commistione tra artificale e naturale, l'intreccio tra citazione biblica e vita quotidiana, rendono l'opera davvero degna di essere visitata.
La Sagrada FamiliaLa Sagrada Familia
Verso mezzogiorno mi incontro nel quartiere tecnologico di Barcellona con Sergi, un mio vecchio coinquilino dei tempi di Bonn. Il ragazzo mi mostra alcune delle architetture più interessanti del distretto, soffermandosi in particolare sull'orrenda Torre Agbar, inaugurata nel 2005; secondo il suo architetto, l'opera rappresenterebbe un geyser in eruzione ma il popolino, di tutt'altro avviso, l'ha soprannominata 'el supositori' (La Supposta). Mentre ci incamminiamo verso la stazione di Sans, Sergi mi racconta della crisi economica che strangola il paese e delle difficoltà che ha avuto nel trovare impiego, pur essendo un ingegnere civile con diversi anni di esperienza. Pieni di interrogativi sui futuri dei nostri rispettivi paesi ci salutiamo divertiti della breve rimpatriata.
Colonnato della Sagrada FamiliaColonnato della Sagrada Familia
Percorro i seicentoventi chilometri che separano Barcellona da Madrid nel tempo record di due ore e trenta minuti a una velocità media di quasi duecentocinquanta chilometri orari. Tania, la mia prossima ospite, abita, molto convenientemente, a qualche centinaio di metri da Puerta Atocha, stazione di arrivo del treno. Raggiungo così rapidamente il suo appartamento e vengo subito invitato per un the, riconoscendo la ben nota ospitalità russa. Tania, originaria di Mosca, lavora come traduttrice di russo e spagnolo e vive a Madrid ormai da tre anni. La conversazione è brillante e la giovane ammette di essere una couchsurfer atipica: 'Non sono molto ferrata in geografia. Una volta ho cercato di fare autostop da Bejing a Pechino'.
Il Parco del Buen RetiroIl Parco del Buen Retiro
Sono già le sei di sera ma nonostante questo decido di fare un breve giro della zona e, seguendo i suggerimenti di Tania che non può accompagnarmi a causa di impegni lavorativi, visito il maestoso e curatissimo Parque del Buen Retiro, appartenuto alla monarchia spagnola fino al 1868. Tra le opere più interessanti ospitate all'interno dell'immenso giardino spiccano l'imponente Monumento a Alfonso XII, un colonnato sovrastato da una statua equestre del re che si affaccia su un lago artificiale affollato di pedalò e barche a remi; il Palacio de Cristal, costruito nel 1887 per ospitare un'esposizione sulla flora e sulla fauna delle Filippine e oggi usato come galleria d'arte; e infine la Fuente del Ángel Caído, probabilmente l'unica scultura pubblica al mondo raffigurante Satana, ovvero l'Angelo Caduto. Cammino fino all'estremità Nord del parco e, dirigendomi verso Puerta de Alcalá, imbocco Calle de Serrano raggiungendo i Jardines del Descubrimiento, dedicati a Cristoforo Colombo e alla sua impresa. Da lì ritorno verso Sud fino all'impressionante Plaza de Cibeles che ospita il municipio di Madrid. L'edificio, in stile neoclassico, riflette impreziosendola la magica luce del tramonto che staglia lunghe ombre sulla fontana marmorea raffigurante la dea Cibele e il suo carro. La pura bellezza di questa piazza non può essere descritta a parole e per questo mi affiderò all'immagine qui a fianco.
Plaza de CibelesPlaza de Cibeles
Proseguo lungo Paseo del Prado raggiungendo l'omonimo museo, forse una delle gallerie d'arte più complete del mondo. Tra i capolavori qui conservati spiccano molte opere di Francisco de Goya, Diego Velázquez, El Greco, Tiziano, Peter Paul Rubens e Hieronymus Bosch. Faccio una piccola deviazione per ammirare la chiesa di San Jerónimo el Real, interessante commistione di barocco e gotico, sul sagrato della quale si attende l'uscita di una sposa. Attraverso quindi il giardino botanico e poco dopo il crepuscolo rientro a casa di Tania, con la quale trascorro una piacevole serata a base di chitarra e racconti di viaggio. L'indomani la giovane mi accompagna in un breve giro nel suo quartiere preferito, quello di Lavapiés, che originariamente ospitava la comunità ebraica fino alla sua espulsione dalla Spagna nel 1492. Il nome, che letteralmente significa 'Lavapiedi', si riferisce infatti all'usanza ebraica della lavanda dei piedi. Colori, odori e suoni di tutti i tipi attraversano le sue strette stradine ed è facile capire che il fascino esercitato dal quartiere sulla mia ospite è dovuto principalmente alla sua anima multietnica, multi- e, si spera, anche interculturale.
Il Quartiere di LavapiésIl Quartiere di Lavapiés
Districandoci tra le strade del quartiere raggiungiamo, in una ventina di minuti, la Puerta del Sol, considerata il centro di Madrid e della Spagna; da qui infatti si conta il chilometro zero di tutte le autostrade nazionali. L'attrazione più significativa è la statua dell'Orso e dell'albero di Corbezzoli (l'Oso y el Madroño), simbolo della città. Poco distante sorge Plaza Mayor, la seconda piazza più famosa della città, nella quale è eretta la Casa de la Panadería, un edificio barocco risalente al 1619 che ospita oggi diverse istituzioni cittadine. La piazza più maestosa è però quella che ospita il barocco Palacio Real de Madrid, residenza ufficiale della Corona Spagnola, e l'adiacente Cattedrale Santa María la Real de La Almudena. La costruzione di questa chiesa venne iniziata nel 1879 e terminata solamente nel 1993. Vista l'assenza di una cattedrale nella capitale del regno, la sede della chiesa cattolica è rimasta per lungo tempo nella città di Toledo.
Il Palazzo RealeIl Palazzo Reale
Attraversando los Jardines de Sabatini, posti dietro al palazzo reale, raggiungiamo il fiume Manzanares, che deve il suo nome alla presenza di numerosi alberi di mele (manzanas). Da qui facciamo il nostro ingresso al Casa de Campo, un altro immenso parco che racchiude tra i suoi confini, un lago, un parco divertimenti e un giardino zoologico. La qualità e l'estensione delle zone verdi della città sono davvero notevoli: anche senza consultare le statistiche ci si accorge che Madrid è la città europea con il più alto numero di alberi per abitante. L'ultima tappa del nostro giro è Plaza de dove è situato il monumento a Miguel de Cervantes Saavedra (1547 – 1616), autore del 'Don Chisciotte', opera che, per importanza storica e influenza linguistica, può essere considerata l'equivalente spagnolo della Divina Commedia. La piazza del monumento è sovrastata dall'Edificio un immenso palazzo che ricorda suo malgrado la Torre Velasca di Milano, e dalla Torre de Madrid che con i suoi 142 metri è uno degli edifici più alti della città.
La statua a Cervantes e l'edificio EspañaLa statua a Cervantes e l'edificio España
Nel complesso, camminando tra le strade affollate del centro e visitando gli edifici ben tenuti, mi accorgo che Madrid è una capitale europea la cui anima, annebbiata dal conformismo della globalizzazione, è difficile da scorgere. Indeciso se fermarmi un altro giorno, decido di proseguire la mattina seguente verso Sud, alla scoperta dell'Andalusia. La prima tappa, tra Madrid e Siviglia, la faccio nella bellissima cittadina di Córdoba, dove trovo una sorridente Inma ad accogliermi. La giovane ha deciso di mettere da parte per qualche ora i doveri universitari per mostrarmi un po' della sua città. Córdoba mi conquista non appena giunto alla fine del lunghissimo Paseo de la Victoria, adiacente a un mausoleo romano: le vie del centro storico sono tutte in pietra e incredibilmente pulite; i balconi sono un continuo fiorire di rose e gerani; le case, molto ben tenute, sono pitturate di bianco. La stagione estiva non è ancora cominciata e le strade sono ancora relativamente vuote, sebbene, in prossimità de la Mezquita, siano presenti le classiche carovane di turisti spaesati.
Córdoba di notteCórdoba di notte
La Mezquita (che significa moschea), ufficialmente nota come Catedral de Nuestra Señora de la Asunción, è indubbiamente il pezzo forte della città e la sua storia si dipana attraverso i secoli: costruita dai visigoti sui resti di un tempio romano, la chiesa venne divisa a metà tra musulmani e cattolici nel 711, in seguito alla conquista araba della città. Successivamente, nel 784, la metà cattolica venne comprata e rasa al suolo per far spazio alla Grande Moschea di Córdoba, convertita,dopo la Reconquista, in chiesa cattolica. Si potrebbe riempire una biblioteca con i libri dedicati a questo gioiello e rimarrebbero nonostante questo dettagli da annotare, aneddoti da raccontare e pagine da scrivere. Ancora dopo secoli, la raffinata architettura de la Mezquita lascia intuire al viaggiatore l'avanzamento culturale, economico e politico di Córdoba, non a caso scelta come capitale dell'Emirato e successivamente del Califfato di al-Andalus. Si stima che intorno al Decimo Secolo d. C. la città fosse probabilmente una delle più popolose del mondo e sotto la guida del califfo Al-Hakam II ospitò la più grande e rinomata biblioteca del tempo. Il declinò cominciò sotto il regno del feroce al-Mansur che, per accontentare il clero islamico, bruciò tutti i libri di filosofia in essa custoditi. In seguito alla morte di questi, le continue faide interne portarono a secoli di tumulti e la capitale venne spostata a Siviglia.
Le Simmetrie della MezquitaLe Simmetrie della Mezquita
Attrazione altrettanto significativa è l'Alcázar de los Reyes Cristianos, una bellissima fortezza nota per aver ospitato, nel tempo, Isabella di Castiglia, Ferdinando d'Aragona, Cristoforo Colombo e Napoleone Bonaparte. Attraversiamo il suggestivo Ponte di Pietra sul Guadalquivir, costruito dai romani nel Primo Secolo a. C. e ricostruito dagli arabi e dagli spagnoli in epoche successive. Sono quasi le tre e la fame comincia a farsi sentire. Inma mi conduce nella splendida Plaza de la Corredera dove ci concediamo un pranzo luculliano a base di Flamenquín, un piatto di carne tipico della zona. Verso le quattro saluto Inma, che deve frequentare un corso all'università, e decido di indugiare ancora un poco tra le stradine del centro. Una scelta che si rivelerà fatale: viaggiando sempre senza mappa per lasciarmi stupire dal caso, ed essendo fortemente determinato a non compiere due volte la stessa strada, mi perdo clamorosamente e solo dopo una quarantina di minuti riesco a ritrovare l'orientamento. É quasi il tramonto quando, in treno, raggiungo la stazione ferroviaria di Sevilla-Santa Justa. Troppo stanco per visitare la città mi attrezzo per raggiungere il mio prossimo ospite, Piet, che abita in un paesino poco lontano chiamato Alcalá de Guadaíra.
Sevilla al tramontoSevilla al tramonto
La serata prosegue senza particolari eventi, tra chitarre e birra (il mio ospite è di origine tedesca ma ha vissuto gli ultimi dieci anni in Andalusia). Ancora indispettito dall'essere stato troppo provato per visitare Siviglia la sera precedente, alle sette di mattina sono già sveglio e mi dirigo il più in fretta possibile verso la città, concedendomi solo una piccola deviazione per visitare le mura di Alcalá. Siviglia è una metropoli caotica e trafficata, capitale della regione Autonoma dell'Andalusia, e per questo sembra avere ben poco in comune con la vicina Córdoba. Il centro storico è fortunatamente altrettanto ben curato e regala scorci pittoreschi. Numerosi sono gli eventi dei quali Siviglia è stata protagonista, primo tra tutti la partenza, lungo il fiume Guadalquivir in data 10 Agosto 1519, delle cinque navi del portoghese Ferdinando Magellano, impegnate nella ricerca di una rotta a Ovest per le Indie. Solo una di queste navi, la Victoria, farà ritorno in patria, dopo aver circumnavigato il globo in tre anni di viaggio.
Maiolica di Piazza di SpagnaMaiolica di Piazza di Spagna
Siviglia fu anche una delle città dove l'Inquisizione Spagnola, ispirata da quella francese, si sviluppò e rafforzò, arrivando ad ottenere un immenso potere e commettere le ben note atrocità. Le persecuzioni ai danni degli ebrei raggiunsero l'apice nel 1391, con il violento pogrom guidato dall'arcidiacono Ferrant Martinez. Similmente, il primo Auto de Fé spagnolo, in seguito al quale sei persone vennero arse sul rogo, si tenne proprio a Siviglia, il 6 Febbraio 1481. In seguito allo sfruttamento delle colonie, Siviglia raggiunse il massimo splendore, dato che tutte le merci di ritorno dalle Americhe dovevano passare per il suo porto. Per questo motivo venne edificato l'Archivo General de Indias, un elegante palazzo rinascimentale contenente oggigiorno 43000 volumi per un totale di circa 80 milioni di pagine. L'archivio apparteneva alla Casa de Contratación, un'organizzazione simile alla Compagnia delle Indie, istituita da Isabella di Castiglia nel 1503.
Piazza di SpagnaPiazza di Spagna
Dal palazzo è un attimo a raggiungere la splendida Catedral de Santa María de la Sede, la più grande chiesa gotica del mondo, non a caso scelta per ospitare la tomba di Cristoforo Colombo. Le spoglie del navigatore genovese hanno viaggiato non poco: egli morì infatti a Valladolid, dove venne seppellito. Successivamente, per volere del figlio Diego, le spoglie vennero spostate nel monastero de la Cartuja, a Seviglia, per poi compiere nuovamente un viaggio oltre oceano e raggiungere l'isola di Hispaniola (nella zona appartenente all'attuale Repubblica Dominicana). Nel 1795, in seguito alla conquista francese dell'isola, i resti vennero spostati all'Havana. Infine, dopo l'indipendenza dell'isola del 1898, le spoglie di Colombo trovarono finalmente pace nella Cattedrale di Siviglia, dove sono tutt'oggi custodite in un elaborato catafalco.
La GiraldaLa Giralda
La costruzione della Cattedrale cominciò nel 1402, in seguito al terremoto del 1356 che distrusse buona parte di una precedente moschea convertita in chiesa. Secondo un aneddoto popolare, i membri del clero locale, i cui stipendi vennero in buona parte usati per pagare le maestranze, dissero: 'Costruiamo una chiesa così bella e possente che chi la visiti debba pensare: 'Questi sono matti''. Il punto forte dell'edificio è l'elaborato campanile, denominato Giralda, usato come minareto dagli arabi fino al 1248, anno in cui la città venne riconquistata dagli spagnoli. Il fascino dell'edificio è proprio nella miscela di generi e influenze, arabo, gotico e barocco, testimone silenziosi dell'alternarsi delle civiltà. La tappa successiva è l'immancabile Reales Alcázares de Sevilla, un fortino edificato dagli arabi e poi impreziosito dai reali di spagna, tanto da essere il più antico palazzo reale ancora in uso in Europa. Dai giardini fino agli interni, è tutto un fiorire di statue, marmi, ceramiche ed altre elaborate decorazioni. Lo stesso si può dire del vicino Parque de María Luisa, la cui Plaza de edificata nel 1928 in occasione dell'Esposizione Ispano-Americana, è un capolavoro di arte neorinascimentale. Passeggiando in questa immensa struttura semicircolare, tra fontane, ponti, alcove e ceramiche, sembra davvero di essere tornati in una ricca cittadina araba o di trovarsi nell'immaginaria Theed, capitale del pianeta Naboo dell'universo di Guerre Stellari, le cui scene sono state girate qui.
Reales Alcázares de Sevilla, internoReales Alcázares de Sevilla, interno
Continuo il mio giro costeggiando il fiume fino alla Plaza de Toros de la Maestranza, una delle più antiche del mondo, che contiene un museo dedicato alla pratica della corrida. Sebbene tipicamente associata al mondo ispanico, la tauromachia ha origini antichissime, risalenti ai babilonesi ed esportata in europa dai romani. Nel corso del tempo si sono sviluppati diversi stili di combattimento che si differenziano principalmente per nazione. Ad esempio, la corrida spagnola si articola in tre fasi; nell'ultima il matador, uno dei tre toreri presenti nell'arena, uccide il toro con un singolo colpo di spada (chiamato estocada). Nella corrida portoghese, invece, ci sono solo due fasi, e in quella finale un gruppo di otto uomini detti forcados affronta il toro senza armi cercando di prenderlo per le corna. La bestia viene solitamente uccisa da un macellaio dietro le quinte alla fine dello spettacolo. Risalendo il fiume, attraverso il moderno Puente del Alamillo, costruito in occasione dell'Expo del 1992, e raggiungo l'Isla de la Cartuja, un tempo situata tra due rami del fiume Guadalquivir e ora trasformata in penisola. La zona è turisticamente interessante per via del Monastero di Santa María de las Cuevas, dove Colombo, ricevuta ospitalità dai frati, pianificò il suo secondo viaggio nelle Indie Occidentali. La Cartuja è anche famosa per la produzione della ceramica, cominciata nel 1838 in seguito alla confisca dei beni della chiesa e alla chiusura del monastero. La struttura è davvero particolare proprio a causa di questo suo essere a metà strada tra religioso e produttivo, con ciminiere che si alternano a campanili.
Il Monastero de la CartujaIl Monastero de la Cartuja
La stanchezza comincia a farsi sentire e decido di non prendere il treno per Cadice ma di dirigermi verso Granada dove, dopo una faticosa scarpinata tra le stradine in pietra del centro, prenoto una notte all'Ostello Oasis, situato alla base del quartiere di Albayzín. Sono le sei di sera e la magica luce del crepuscolo inizia a illuminare questa perla di città incastonata ai piedi della Sierra Nevada. Per questo non resisto a fare un breve giro, in compagnia di Anthea, una ragazza americana che alloggia anche lei all'ostello. Granada mi conquista immediatamente: soffermo gli occhi su un determinato edificio e subito ne noto uno ancora più bello. Inseguo così scorci delle vie centrali arrivando fino alla massiccia cattedrale della Santa Iglesia Catedral Metropolitana de la Encarnación de Granada, costruita in seguito alla riconquista della città, avvenuta ufficialmente il 2 Gennaio 1492. L'importanza di questo evento è tale che viene talvolta usato per indicare la fine del Medioevo.
La Sierra NevadaLa Sierra Nevada
Rimando a malincuore la visita all'Alhambra all'indomani ma, motivato da Anthea che già conosce la zona, raggiungo alcuni punti panoramici del quartiere di Albayzín, come ad esempio il Mirador de San Nicolas, godendomi un tramonto mozzafiato. La serata in ostello trascorre tranquilla in un'atmosfera internazionale e rilassata. La mattina seguente mi incontro per colazione dalle parti di Puerta Elvira con Maria, una couchsurfer olandese che vive a Granada da tre anni. La giovane, decisamente anticonvenzionale, non intende accompagnarmi a visitare l'Alhambra ('Troppo turistica!') e propone invece una passeggiata sulle colline di Valparaiso, in prossimità del quartiere di Sacromonte. La zona è nota per i molti locali di musica flamenca e vengono spesso organizzate esibizioni di gitani. Ci avventuriamo tra le colline, ricevendo in ricompensa dei bellissimi scorci dell'Alhambra e della Sierra Nevada. Questa maestosa catena montuosa include la cima più alta della Spagna continentale, il Monte Mulhacén (3478m), ed è una località turistica molto rinomata.
Il Bazar di GranadaIl Bazar di Granada
Maria mi racconta un po' della sua vita da straniera, dichiarando di voler restare a Granada il più possibile, nonostante le limitate prospettive di lavoro: 'É facile essere assunti come baristi o cameriere ma io ho una laurea in scienze dell'educazione...'. É già pomeriggio quando riscendiamo lungo il fiume Darro, costeggiando la collina sulla quale sorge la Alhambra. A Plaza Nueva le nostre strade si dividono: mi incontro nuovamente con Anthea e insieme percorriamo la camminata che porta alla cittadella. Il complesso della Alhambra, che significa 'La rossa', è diviso essenzialmente in tre parti: la cittadella (Alcazaba), la parte più antica, il palazzo estivo degli Emiri Nasrid (Generalife), costruito nel Milletrecento, e il Palazzo dell'imperatore Carlo V, barocco e risalente al dopo Reconquista. L'ingresso alla struttura avviene da Puerta de las Granadas, un arco trionfale costruito nel Quindicesimo Secolo; da lì si prosegue nella parte più interna, attraverso Puerta de la Justicia, sulla cui facciata è incisa una Mano di Fatima (o 'hamsa'), simbolo mistico utilizzato da ebrei, cristiani e musulmani come rimedio contro il Malocchio. Le superstizioni sorte attorno a questo simbolo e la sua natura interreligiosa furono tali da giustificare la sua messa al bando per decreto imperiale nel 1526.
Alhambra, internoAlhambra, interno
Lo splendore delle sale e dei giardini del palazzo sono indescrivibili. Imponenti torri, dettagliate colonne, eleganti fontane e arzigogolati arabeschi si susseguono armonicamente lungo il cammino. Visitando tanta magneficenza sembra impossibile credere che l'intera struttura fosse caduta in disgrazia intorno al Diciassettesimo Secolo, arrivando addirittura ad essere abitata abusivamente. La storia de la Alhambra si intreccia anche con quella di due dei miei artisti preferiti: il chitarrista Francisco Tarrega, di ritorno da una visita al palazzo, comporrà nel 1896 un famosissimo studio intitolato 'Recuerdos de la Alhambra', noto per la sua difficioltà di esecuzione e l'utilizzo della tecnica del tremolo; l'incisore e grafico olandese Maurits Cornelis Escher (1898 ‐ 1972) la visiterà invece nel 1922, rimanendo fortemente impressionato dalle elaborate decorazioni e geometriche simmetrie delle sue sale, traendo ispirazione da queste per le sue opere. Non per niente, le piastrelle che impreziosiscono le sale, utilizzano tutti i diciassette tipi di simmetrie possibili.
AlmeriaAlmeria
É ora di riprendere il viaggio e con altre due ore di bus raggiungo la città di Almería. Durante il tragitto attraverso il leggendario Deserto di Tabernas, famoso per i numerosi spaghetti western che qui vennero girati. Il più noto di questi è indubbiamente 'C'era una Volta il West' (1968) di Sergio Leone, i cui set sono stati in parti preservati e sono ancora visitabili. Il panorama è davvero impressionante, e se non fosso per l'autostrada sulla quale l'autobus procede, sembrerebbe di trovarsi su un altro pianeta. Dalla fermata di bus cerco di raggiungere il centro di Almería. Il tragitto costeggia in buona parte il mare e passa sotto al Cable Inglés, un'antica monorotaia sospesa per carrelli minerari che collega il porto alla stazione ferroviaria. In un bar di via Obispo Orberà incontro Ana, un'ospite squisita che abita all'ultimo piano di uno dei palazzi più alti della città, situato nei pressi di Puerta de Purchena. Faccio conoscenza con Pau, un altro couchsurfer catalano che pernotterà da Ana. Insieme consumiamo una cena buona e nutriente (la ragazza è laureata in scienze alimentari) e dopo il dessert ci spostiamo sul terrazzo dell'edificio dove ci godiamo un tramonto infuocato che rifulge sui muri fortificati dell'Alcazaba. Poco dopo siamo raggiunti dalla sorella della nostra ospite e insieme passiamo un paio d'ore cantando e suonando la chitarra.
Tramonto su AlmeríaTramonto su Almería
Il giorno seguente Io e Pau cominciamo la giornata con un'energica colazione a base di churro in un bar del centro mentre Ana ci osserva con apprensione sorseggiando il suo the. Le nostre strade si dividono: Ana dovrà andare al lavoro, Pau tenta invece la fortuna in autostop per raggiungere la riserva naturale di Cabo de Gata, mentre io mi dirigo verso l'antica città fortificata. Ad ascoltare gli abitanti di Almería nessuno sembra pensare di vivere in una città particolarmente bella ma va detto che l'Alcazaba è un edificio davvero notevole, sia per estensione che per il suo ottimo stato. Le costruzioni cominciarono nel 995, non appena ad Almería venne concesso il titolo di Medina, l'equivalente arabo di città. Col tempo le fortificazioni vennero ampliate, soprattutto in seguito al periodo di anarchia delle Teife. Va anche menzionato che il complesso venne usato nel film Indiana Jones e L'Ultima Crociata.
Il deserto tra Granada e AlmeríaIl deserto tra Granada e Almería
L'altra attrazione della città e la Cattedrale de la Encarnación, notevole per il fatto che sembra essa stessa un fortino. Infatti Almería, per la sua posizione aperta e affacciata sul mare, è spesso stata l'obiettivo delle incursioni dei pirati e di conseguenza anche le chiese avevano la necessità di risultare impenetrabili ad eventuali attacchi. Dopo un pranzo con Ana e un pomeriggio di spiaggia lascio la città un po' a malincuore, diretto a Murcia, dove trascorrerò l'ultima notte del mio viaggio. Ho sentito parlare di Murcia fin dai miei primi incontri con ragazzi spagnoli e sempre in toni di sufficienza: 'Non c'è nulla da vedere lì'; i diversi ospiti incontrati durante il viaggio mi hanno tutti domandato con insistenza: 'Ma davvero vuoi passare la notte lì?'. La risposta a tutti questi interrogativi è la seguente: vale la pena visitare questa città solo per passeggiare nelle eleganti vie del centro, sulle quali si affacciano numerosi edifici barocchi, e visitare la splendida Catedral de Santa María che, tra le altre cose, integra nel suo complesso il campanile più alto di Spagna. Per il resto anche la zona nei pressi del Puente de los Peligros e lungo il fiume Segura è gradevole e ben tenuta.
Murcia, CattedraleMurcia, Cattedrale
L'intera regione di Murcia, inoltre, è stata per quasi duecento anni area di confine tra il dominio arabo, concentrato in Andalusia, e quello castigliano. Per questo motivo l'intera zona è costellata di castelli e fortezze. Tra le conformazioni geografiche interessanti è invece da menzionare il Mar Menor, una laguna costiera, separata dal Mar Mediterraneo da una sottile striscia di terra dello spessore minimo di cento metri. Verso le undici mi sposto nuovamente verso Est raggiungendo Alicante, ultima tappa del viaggio. Rimpiango parecchio di essere stanco e un po' di fretta perchè la città, che mi immaginavo come un'immensa spiaggia affollata di turisti, offre numerose attrazioni che sarebbe bello visitare con più calma invece di toccarle appena come sono costretto a fare mentre cammino dalla stazione dei bus fino al lungo mare. Nonostante la fretta rimango impressionato dal Castillo de Santa Bárbara, situato sul Monte Benacantil e in parte risalente al Nono Secolo d. C. Allo stesso modo mi godo un gelato in nell'elegante Plaza de los Luceros, nota per la sua emblematica fontana. Raggiungo quindi il municipio e la Basilica di Santa María prima di godermi un'oretta di sole e spiaggia nella famosa Costa Blanca. É ormai giunta l'ora di metter fine all'avventura spagnola: un comodo bus mi porta in meno di venti minuti fino al piccolo aeroporto di Alicante, dove mi imbarco sul volo diretto a Bologna.
AlicanteAlicante
Tornerò brevemente in Spagna due anni dopo, durante il mio viaggio in Portogallo. Atterrerò infatti a Santiago de Compostela e da lì continuerò verso Sud fino a Lisbona. La mia visita nella rinomata cittadina della Galizia è breve ma intensa: vengo ospitato da Antía, una studentessa che ha da poco iniziato a partecipare alla community di Couchsurfing. La ragazza abita con altre due amiche, Beatriz e Lucia, in un appartamento abbastanza centrale. Quest'ultime non sembrano particolarmente inclini a parlare inglese con me (sebbene una di loro abbia un esame da lì a pochi giorni) e, con la scusa che, nonostante i miei strafalcioni, tanto alla fine ci capiamo, ci lanciamo in una fitta conversazione in castigliano. L'accento galiziano non sembra essere difficile come quello andaluso anche se la pronuncia ricorda in qualche modo il portoghese.
Santiago de CompostelaSantiago de Compostela
La tappa successiva è il Convento de San Domingos de Bonaval che, oltre alla famosa tripla scala elicoidale, ospita anche un coloratissimo cimitero senza corpi. Ritorniamo verso il centro attraversando vecchie stradine cariche di storia. Santiago è universalmente nota come tappa conclusiva dell'omonimo pellegrinaggio, cominciato intorno al Nono Secolo lungo un'antica via romana e al termine del quale è possibile ricevere l'indulgenza plenaria. Il cammino conduce alla Cattedrale di Santiago, dove, secondo la leggenda, sono sepolti i resti dell'Apostolo Giacomo il Maggiore (Santiago in spagnolo). Centinaia di migliaia di turisti si riversano ogni anno sulle strade che portano a Santiago e riesco a scorgerne diversi che sono appena giunti sulla piazza della cattedrale dopo settimane di cammino.
Come scegliere la facoltà unviersitariaCome scegliere la facoltà unviersitaria
Il complesso della Cattedrale è di una magneficenza indescrivibile: su ogni lato della struttura si affaccia un'immensa piazza; imponenti scalinate si susseguono senza sosta; romanico, barocco e gotico si amalgamano in un'opera così ricca di statue, mosaici e facciate che non basterebbe un libro per raccontarne i dettagli. Antía aggiunge il suo tocco al giro turistico, facendomi provare 'il modo in cui, secondo la tradizione, dovremmo scegliere il nostro percorso universitario': incastonato in un muro dietro la cattedrale si trova una bacheca dentro la quale sono incollate diverse pergamene con i nomi dei possibili studi universitari. Dopo aver ruotato tre volte su me stesso la prima pergamena che il mio dito indicherà sarà il percorso di studi da intrapprendere. Per pranzo non posso che provare il gustoso pulpo á feira, o polpo alla galliega, il piatto tipico della regione. Lucia mi confessa che non le piace affatto ma che comunque è una cosa da provare quando si visita la Galizia. Dopo un'ultima passeggiata digestiva, lascerò la Spagna nel pomeriggio, diretto verso la cittadina portoghese di Braga.
La costa di AgaeteLa costa di Agaete
Sarò di nuovo in territorio spagnolo due anni dopo, deciso a fuggire il tempo inclemente di Innsbruck visitando Tenerife e Gran Canaria. Queste due isole appartengono all'Arcipelago delle Canarie situato appena un centinaio di chilometri dalle coste del Marocco e inizialmente popolate da tribù di Berberi. Venenro raggiunte successivamente da fenici, greci e romani per essere poi conquistate definitivamente dai castigliani. Cristoforo Colombo passerà da Gran Canaria durante il suo primo viaggio per le Americhe, sfruttando gli Alisei per navigare con vento costante praticamente fino al Nuovo Mondo. L'arcipelago diventerà una tappa obbligata per lo sfruttamento delle colonie d'oltremare. Per questo motivo l'architettura e la lingua subiscono influssi da tutto il Sud America. Visto l'aumentare delle sue ricchezza, l'isola sarà spesso presa di mira da pirati, ottomani, inglesi e olandesi (ma Sir Francis Drake non riuscirà a saccheggiarla).
Las Palmas di Gran Canaria e la sua cattedraleLas Palmas di Gran Canaria e la sua cattedrale
L'atterragio sull'isola offre terribili scorci di villette a schiera e hotel per turisti. Anche il breve giro di un paio d'ore per Santa Cruz de Tenerife, la città più popolosa dell'isola, non regala momenti particolarmente eccitanti. L'unica cosa che noto è l'interessante miscela di architetture ed etnie che popola l'isola. Le Canarie sono spesso considerate un microcosmo in quanto è possibile passare dalla costa tropicale fino ad altissime montagne in meno di un centinaio di chilometri; allo stesso modo le influenze delle numerose navi di passaggio hanno dato all'isola una personalità propria, un po' come successe a Malta o alla Sicilia. Da Santa Cruz mi imbarco su una nave diretta ad Agaete, cittadina dell'isola di Gran Canaria, che dista appena una sessantina di chilometri da Tenerife. La costa frastagliata, che ricorda la coda di un drago, mi conquista con i suoi colori cangianti nella luce del tramonto. Con un bus raggiungo Las Palmas de Gran Canaria che, insieme a Santa Cruz, si divide il titolo di capitale delle Canarie. La città presenta due centri, uno storico, l'altro più moderno. Cammino per un po' in quest'ultimo e poi, stanco della giornata, mi dirigo lentamene in ostello.
Le Dune di MaspalomasLe Dune di Maspalomas
L'indomani mi incontro con Belinda, una couchsurfer del posto che, pur non potendomi ospitare a causa della nascita di suo nipote, si è offerta di farmi un po' da guida per l'isola. La giovane lavora come insegnante di yoga e intrattenitrice in un hotel a cinque stelle situato a San Agustin, quaranta minuti di macchina a sud di Las Palmas. Durante il tragitto, inframezzato da scorci del Pico de las Nieves, la cima più alta dell'isola, Belinda mi racconta dei suoi viaggi in Sud America e in Italia. Mi spiega anche il significato della parola guagua che ho letto molte volte durante il viaggio: 'Significa autobus, è una parola che si usa solo in America del Sud ma per qualche ragione è stata importanta nella lingua locale'. Sono fortunato: nessun cliente dell'albergo sembra avere intenzione di partecipare alla sessione di meditazione offerta da Belinda e la giovane può concerdersi un'ora di pausa mostrandomi la spiaggia di San Agustin. Su sua indicazione proseguo fino a Maspalomas, una cittadina molto turistica nota per l'iconico faro e per le omonime dune di sabbia. Rientro nel pomeriggio a Las Palmas, deciso a visitare il centro storico. Con mio sommo disappunto noto che impossibile trovare un deposito bagagli, cosa alquanto sorprendente per una città attraversata ogni anno da migliaia di turisti. Tra i monumenti interessanti di Las Palmas sono certo da menzionare la bellissima Cattedrale di Santa Ana e la Casa di Colombo dove il navigatore genovese avrebbe pernotatto prima del fatidico viaggio verso il Nuovo Continente.
La OrotavaLa Orotava
Ritorno, contrariamente ai miei principi, sui miei passi verso Agaete e da lì fino a Santa Cruz, dove mi incontro con Eugen, un amico della Repubblica Ceca con il quale ho deciso di spendere la seconda metà del mio viaggio. In macchina, una Mini Cooper rossa, ci dirigiamo verso la nostra prima tappa, la graziosa cittadina di La Orotava. Dopo una buona notte di sonno cominciamo il nostro viaggio verso l'attrazione più impressionante dell'isola: il vulcano Teide. Difficile descrivere a parole il percorso che da la Orotava conduce fino alle pendici del vulcano: si parte inerpicandosi in mezzo a una foresta di pini dalla quale si gode un'ottima vista della costa circostante. Poi, gradualmente, gli alberi si fanno più radi e iniziano a vedersi le prime rocce vulcaniche mentre all'orizzonte appare l'altissimo camino del Teide (3718 metri, cima più alta della Spagna). Il sole di mezzogiorno illumina quello che ormai potrebbe essere il panorama del pianeta Marte: immense rocce di tutte le sfumature di rosso resistono alle raffiche di vento e sabbia che soffiano da secoli in questi luoghi. Non a caso, il Parco Nazionale del Teide è stato usato per testare diverse sonde inviate sul Pianeta Rosso.
La strada per il TeideLa strada per il Teide
Arriviamo a quota 2356 in funivia per scoprire che la vetta può essere raggiunta solo con un permesso speciale, ottenibile gratuitamente via internet. Un po' delusi, ma nonostante questo soddisfatti dall'incredibile vista dell'isola e in qualche modo sollevati dall'aver evitato un'estenuante camminata di quattro ore, camminiamo lungo i sentieri nelle vicinanze. La popolazione aborigena dei Guanches ha tramandato numerose leggende legate al Teide (originariamente chiamato Echeyde) che è da sempre considerata una montagna sacra. Nella bocca del vulcano, ancora attivo, il dio Achamán avrebbe infatti imprigionato Guayota, una divinità diabolica responsabile delle eruzioni.
Il Teide di notteIl Teide di notte
Fermandoci di tanto in tanto a rimirare il panorama, continuiamo il viaggio verso Nord-Ovest raggiugendo Icod de los Vinos, una paesino che fa parte della to-do list di Eugen. Qui si trova infatti El Drago Milenario, un gigantesco albero (22 metri di altezza) che, secondo la tradizione, avrebbe più di mille anni. Tale affermazione è dibattuta (questo tipo di alberi non produce anelli grazie al quale è possibile stimarne l'età) ed è probabile che l'albero abbia forse cinque o sei secoli. Nonostante il sentore di trappola per turisti, le coste nelle vicinanze sono davvero notevoli. Facciamo un'ulteriore pausa a Puerto de la Cruz, dove ci godiamo un incredibile tramonto su una spiaggia di sabbia nera, e poi raggiungiamo San Cristóbal de La Laguna. Il nostro ostello, gestito da Giuliana, una ragazza di Firenze, è in una zona molto centrale e i sensi unici ritardano di una ventina di minuti il nostro arrivo. L'ostello ha una sua personalità e la stanza che ci viene data non è da meno: interamente pitturata di nero è illuminata da due fioche lampade ed è necessario l'uso di una torcia per essere certi non averti dimenticato nulla sul pavimento. La stanchezza supera comunque il disappunto e ci addormentiamo senza sforzo.
Icod de Los VinosIcod de Los Vinos
L'indomani scopro che i vicini di stanza, intravisti con i loro strumenti musicali la sera prima, appartengono a una Tuna, un gruppo di studenti universitari che suonano strumenti tipici e serenate (l'etimologia deriva dal termine 'Principe di Tunisi' che era un titolo scherzoso dato ai vagabondi). Non ci vuole molto per convincerli ad allietare la nostra colazione con musica spagnola e ho anche l'onore di suonare insieme a loro. I giovani, che vestono con i colori tradizionali della loro università, sono originari di Léon e si trovano in città in occasione di un festival dei Tuna. La Laguna, spesso indicata come la Firenze delle Canarie, è una città gradevole ma non sembra offrire, a parer mio, architetture tanto maestose da motivarne l'inclusione tra i patrimoni dell'Unesco. Giuliana, laureata in architettura, svela l'arcano: la città presenta uno dei centri storici meglio preservati del mondo. Infatti la pianta de La Laguna è praticamente identica a quella raffigurata in una mappa del 1500 e per questo motivo è considerata culturalmente rilevante.
San Cristóbal de La LagunaSan Cristóbal de La Laguna
Nella tarda mattinata ci rimettiamo in moto verso il bellissimo Parco Naturale di Anaga che regala scorci mozzafiato sulle coste vicine. Nel pomeriggio raggiungiamo Los Cristianos e la rinomata Playa de la Américas dove la temperatura è abbastanza elevata da consentirci di fare il bagno nell'Atlantico. Il clima di Tenerife è abbastanza facile da prevedere: il Nord intrappola spesso le nuvole dalla costa del Marocco e sono frequenti precipitazioni. Il centro e il Sud, invece, presentano un clima arido e gli acquazzoni sono rari.
Tramonto a Puerto de la CruzTramonto a Puerto de la Cruz
Passiamo la serata nella cittadina di Las Galletas, in compagnia di Agata, una couchsurfer polacca che lavora da un anno come aiutante per anziani. La ragazza conferma le mie impressioni sul sud dell'isola: 'Qui ci sono solo turisti, hotel e villette a schiera'. In effetti le architetture della zona sono decisamente orrende e si ha costantemente l'impressione di trovarsi in uno di quei tristi resort turistici senz'anima presenti nei punti peggiori delle coste italiane. L'indomani, sebbene la reception si sia dimenticata di svegliarci, riusciamo ugualmente a raggiungere l'aeroporto in tempo per il volo. I pensieri e i ricordi legati agli intensi viaggi in Spagna sfumano nell'azzurro del Mediterraneo che scivola senza fretta dal mio finestrino. Non sarà certo l'ultima volta che mi troverò a visitare questo affascinante paese.