Macedonia, Македониjа

Macedonia, Македониjа

Come ogni viaggiatore che si rispetti rimango sempre affascinato da mappe e cartine geografiche tanto da averne tappezzato le pareti della mia camera. Due planisferi, la mappa dei Tesori Scomparsi, la mappa delle Grandi Esplorazioni, la mappa della Via Lattea... Quella sera Zuzana, una mia amica slovacca, stava guardanmdo la mappa della Rete Ferroviaria Europea.

Macedonia, Racconto di Viaggio, Carta Politica
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'Which country is F. Y. R. O. M.?', mi domanda con un sorriso di sfida. 'Former Yugoslavian Republic of Macedonia' rispondo dandomi un tono. Tutto quello che sapevo di quel piccolo paese incastonato nei Balcani riguardava le dispute relative al suo nome: la Macedonia è infatti anche una regione storica della Grecia, anticamente fulcro dell'Impero di Alessandro il Macedone. Pertanto, in base agli accordi internazionali stipulati in seguito all'implosione della Yugoslavia e ai numerosi veti posti dal governo greco, la Repubblica di Macedonia non può fregiarsi dell'antico nome di Macedonia ed è stata accettata dalla comunità internazionale con il titolo provvisorio di Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia. Per ragioni simili la bandiera della neonata repubblica, che raffigurava il Sole di Verghìna, probabilmente stemma della famiglia di Filippo II il Macedone e già utilizzata dalla Grecia a livello regionale, ha dovuto essere modificata.

Le montagne attorno a SkopjeLe montagne attorno a Skopje

Quasi per gioco decido di dare un'occhiata alla pagina di Wikipedia e rimango affascinato da alcuni scorci del paese. Lo scherzo continua e raggiungo il sito web della compagnia di voli economici Wizzair: 80€ da Treviso. Senza ancora riuscirmi a spiegare bene il perchè, alla fine della serata mi ritrovo con un biglietto di andata e ritorno per Skopje, capitale della Macedonia (siccome non sono greco, e anche se lo fossi troverei la disputa alquanto artificiosa, userò questo nome nel resto del racconto per riferirmi al paese slavo).

Così la mattina del primo Giugno 2014 raggiungo l'aeroporto di Treviso. Le condizioni di volo sono perfette e mi godo dall'alto Venezia, il Mar Adriatico e le coste croate. Dopo un'ora di volo, con sinistri cigolii, l'aereo perde quota rivelando un paesaggio montagnoso: rigogliose foreste, piccoli laghi e fiumi scorrono sotto i miei occhi. Il biplano si addentra in una stretta valle mentre raffiche di vento lo fanno sballonzolare; non posso fare a meno di pensare alla scena dell'atterragio in elicottero del film Jurassic Park. Una ventina di minuti di sofferenza più tardi riusciamo ad atterrare in una spianata che si è aperta all'improvviso sotto di noi: sono giunto all'Aeroporto Alessandro il Grande.

Porta MacedoniaPorta Macedonia

La struttura è moderna e nel complesso ben tenuta. Seguendo le indicazioni, riesco a raggiungere la fermata del piccolo bus che in una ventina di minuti mi porterà nella capitale. L'Autostazione di Skopje è situata in prossimità dello svincolo autostradale e sotto la ferrovia. Riesco a farmi strada tra aggressivi tassisti, vocianti venditori ambulanti e insistenti mendicanti, scoprendo con piacere che la mia mappa artigianale per raggiungere l'Ostello Shanti è del tutto inutile: appena fuori dalla stazione dei colorati cartelli scritti a mano mi guidano senza problemi fino alla mia destinazione. Mentre mi addentro in una stradina piena di edifici in rovina e lamiere mi domando se qualcuno non abbia manomesso i cartelli per fuorviare i turisti più creduloni. Mi rincuoro però vedendo l'elegante cancello in ferro battuto dell'ostello e la sorridente faccia di Anna, la portiera, che mi dà il benvenuto.

La statua 'Guerriero'(Filippo II il Macedone)La statua 'Guerriero'
(Filippo II il Macedone)

Sbrigate le formalità, rese più facili dal fatto che Anna parla anche un decente italiano dato che ha lavorato per qualche mese in Sicilia, ricevo una tessera plastificata che funge da permesso di soggiorno provvisorio. 'Portala sempre con te o la polizia ti fa la multa', si raccomanda Anna. Mi accompagna quindi per un breve giro dell'ostello che è di sicuro ben tenuto e pulito. La camerata dove dormirò sembra essere stata riadattata a partire da un vecchio garage, cosa che dev'essere permessa dal piano regolatore della città. Nella sala comune, che offre un televisore, qualche gioco da tavolo e una vecchia chitarra, faccio conoscenza con Ingrid, una ragazza svedese anche lei appena giunta all'ostello. Dopo esserci brevemente consultati con Anna, decidiamo di fare due passi lungo il fiume Vardar, che scorre a un centinaio di metri dall'ostello, fino a raggiungere il centro.

La stradina che costeggia il fiume è parecchio dissestata ma questo non sembra preoccupare i pochi sportivi che praticano jogging. L'erba ai lati della strada non è per niente curata e alcuni cani randagi si aggirano minacciosi tra i rifiuti. Avvicinandosi al centro città si nota però un netto miglioramento: le piastrelle del marciapiede diventano più allineate, la presenza di bancarelle e negozi si fa più marcata e le strade sono piene di persone che hanno deciso di godersi il sole estivo. Si delineano anche i primi monumenti ed edifici di interesse: tra questi, il Museo di Archeologia, il Ministero degli Interni e il nuovo Ponte dell'Arte.

Statua di Hristo TatarchevStatua di Hristo Tatarchev

Tutte le costruzioni del centro sono state realizzate nell'ambito del progetto Skopje 2014, autorizzato dal governo macedone con il fine di ridisegnare l'aspetto della città. Infatti, in seguito al devastante terremoto del 1963 che rase al suolo l'80% degli edifici, la capitale venne ricostruita in stile sovietico, cosa turisticamente poco attraente. L'opera di rinnovamento ha avuto anche due ulteriori fini politici: infastidire la vicina Grecia utilizzando figure e simboli a torto o a ragione comunemente associate con la cultura ellenica, ed escludere la minoranza albanese, che rappresenta il 25% della popolazione, dall'appartenenza alla cultura nazionale; per questo motivo le statue raffigurano solo eroi della storia macedone e solo recentemente sono state aggiunte tre statue di figure storiche albanesi.

La statua di Giustiniano, il Ponte di Pietra sul Vardar e il Museo di ArcheologiaLa statua di Giustiniano, il Ponte di Pietra
sul Vardar e il Museo di Archeologia

In quest'ottica di provocazione si colloca ad esempio la gigantesca Statua del Guerriero a Cavallo, situata al centro di Piazza Macedonia, raffigurante in realtà Alessandro il Grande e il suo fido destriero Bucefalo. L'opera venne inaugurata l'otto Settembre 2011, in occasione del ventennale dell'indipendenza dalla Yugoslavia, dalla quale la Macedonia è riuscita a staccarsi pacificamente. Ma ci sono molte altre statue monumentali che abbelliscono l'area centrale: ad esempio, poco lontano dal Guerriero a Cavallo si trova una statua dei Gemedjii (Гемиджиите), anche noti come gli Assassini di Salonicco, un gruppo di anarchici bulgari che, tramite attentati dinamitardi, cercarono di attirare l'attenzione delle potenze europee sull'oppressione dell'Impero Ottomano in Tracia e Macedonia. Poco distante svetta la statua in marmo bianco dell'Imperatore Giustiniano Primo, realizzata a Firenze nel 2011, dietro la quale sventola una gigantesca bandiera macedone.

Di fronte a questa, dall'altra parte del fiume, è situata la piazza dedicata all'Insurrezione di Karpoš, un condottiero che sul finire del Diciassettesimo Secolo tentò di liberare parte della Bulgaria e i dintorni di Kumanovo dal controllo ottomano. La piazza ospita il Museo della Lotta Macedone, dedicata all'indipendenza del paese, ed è sovrastata da Guerriero, una statua raffigurante Filippo II. Nelle vicinanze è collocata la Fontana delle Madri della Macedonia, composta dalle statue di quattro donne mentre accudiscono e allattano i loro bambini.

Il Ponte di Pietra sul VardarIl Ponte di Pietra sul Vardar

Nel complesso le opere risultano soffocanti e sembrano essere disposte senza una particolare armonia, quasi a sottolineare la loro estraneità alla storia cittadina. Continuiamo quindi verso la trionfale Porta Macedonia, passando nei pressi del Memoriale di Madre Teresa di Calcutta, nata Anjezë Gonxhe Bojaxhiu a Skopje da una famiglia di origini albanesi. Qui non posso fare a meno di notare le indicazioni turistiche che sono riportate su lunghissimi cartelli apparentemente prossimi a piegarsi sotto il loro peso.

Il Museo di ArcheologiaIl Museo di Archeologia

Ritorniamo verso l'ostello attraversando il Parco Žena Borec che ospita due statue dedicate rispettivamente agli Eroi Caduti della Macedonia e all'Organizzazione Rivoluzionaria Interna Macedone, il movimento di liberazione nazionale fondato nel 1893 con lo scopo di liberare la Macedonia dal controllo ottomano. Sorridendo un poco di questi eroi sconosciuti decidiamo di trovare un ristorante dove consumare la nostra prima cena macedone.

Anna ci aveva suggerito un paio di ristoranti, con la raccomandazione di dire che venivamo dall'ostello, e decidiamo di seguire la sue indicazioni. Scopriamo così con piacere che i menu sono anche in inglese e che il cameriere lo parla discretamente. Nonostante questo il posto non è affatto turistico, a giudicare dagli altri avventori che sono impegnati in fitte conversazioni in macedone. Già solo scorrendo il menu si intuisce che la Macedonia è sempre stato un luogo di passaggio e incontro tra molteplici culture. Gli influssi sulla cucina locale provengono da Turchia, Serbia, Bulgaria e Ungheria. Indecisi, ci facciamo infine consigliare e proviamo senza indugi un piatto di Tavce-gravce, cibo tipico macedone a base di fagioli, la Turlitava, uno stufato di agnello, e per chiudere un piattino di Baklava, un dolce diffuso in tutti i territori dell'Impero Ottomano.

In concerto con la gente del postoIn concerto con la gente del posto

Mentre stiamo per terminare la nostra cena, notiamo che due tavoli più in là si sta festeggiando qualche avvenimento speciale: brindisi, sorrisi e urla riscaldano l'atmosfera del locale. Come richiamati dalla confusione un gruppo di musicisti ambulanti entra nel ristorante, iniziando a suonare tra i tavoli. Il violinista è scatenato e improvvisa assoli molto tecnici sui semplici accordi di una melodia popolare. Quando si avvicinano a noi, fiutando al volo l'aria da turisti, iniziano a parlarci in un inglese stentato. Mi complimento con il violinista, allungandogli una banconota da 100 Denari, e mi domandano se suoni anche io uno strumento. Mi ritrovo quindi con una chitarra al collo ad accompagnare il violinista in una rumba mentre ci avviciniamo al tavolo della festa. Scoprono che sono italiano e riescono a convincermi a suonare almeno una canzone dei nostri classici conosciuti anche in Macedonia ('Azzurro' di Celentano, sic!). Come ricompensa il festeggiato, che sta celebrando il suo cinquantesimo compleanno, mi offre un bicchiere di Rakia (ракија), un liquore tipico dei balcani mentre gli altri amici si avvicinano curiosi cercando di conversare con me, cosa che riusciamo a fare in un misto di serbo, russo, ceco, inglese e italiano. Il primo impatto con l'ospitalità macedone è certo molto positivo.

Statua 'Guerriero a Cavallo' (Alessandro il Grande e Bucefalo)Statua 'Guerriero a Cavallo'
(Alessandro il Grande e Bucefalo)

L'indomani, io, Ingrid e Pablo, un ragazzo messicano conosciuto in ostello, decidiamo di raggiungere il Lago di Matka (Матка, che significa 'ventre'), riserva naturale poco distante da Skopje, sede di monasteri e canyon mozzafiato, raggiungibile in poco meno di un'ora di bus. Attendiamo alla fermata per oltre quaranta minuti ma non riusciamo a capire se sia già passato o meno. Poi vediamo un vecchio automezzo, che ha un'aria stranamente famigliare, arrancare nel caotico traffico cittadino. Lo guardo meglio e riconosco uno dei vecchi bus arancioni dell'ATM, l'azienda dei trasporti pubblici di Milano. Sentendomi un po' come Marcel Proust quando gli viene offerta una Madeleine, salgo sulla vettura tutto contento. Permangono ancora diverse scritte in italiano (tipo 'uscita' ed 'entrata') ma le pubblicità sopra i finestrini sono state coperte con i loro equivalenti macedoni.

Matka LakeMatka

La degradata periferia di Skopje scorre lenta sotto i nostri occhi. Un gruppo di quindicenni appena saliti fa baccano gridando e rincorrendosi per il bus per poi stravaccarsi vociando sui sedili. I giovani si ricompongono però immediatamente non appena una vecchia signora sdentata cerca di salire i gradini della vettura. La prendono sotto braccio e le cedono molto cavallerescamente il posto, mettendo freno alla loro esuberanza giovanile. Noterò in altre occasioni questo reverenziale rispetto per gli anziani che sembra accomunare le popolazioni dei balcani.

Siamo ormai fuori dalla città e si inizia a intravvedere la campagna macedone e le molte colline che la circondano; il bus costeggia il piccolo fiume Treska (Треска) mentre vecchie case, stalle e pollai punteggiano il panorama. Raggiungiamo il capolinea e, dopo aver chiesto indicazioni, ci incamminiamo per il solo sentiero esistente in direzione di una diga. La struttura, strategicamente sensibile vista la sua vicinanza con la capitale, è sorvegliata da uomini in divisa e sono presenti ovunque cartelli che vietano fotografie (come icona è usato il simbolo di una vecchia macchina fotografica che inizialmente faccio molta fatica a decifrare).

Gli affreschi del Monastero di Sant'AndreaGli affreschi del Monastero di Sant'Andrea

Continuando per un centinaio di metri il lago si apre davanti a noi, rivelando la sagoma dell'antico Monastero di Sant'Andrea (Манастир Светог Андреје), risalente al 1389. Ci fermiamo brevemente ad ammirare i vecchi affreschi che ne abbelliscono le pareti e continuiamo a costeggiare il lago. Le gigantesche rocce che compongono il canyon sembrano volersi appropriare del sentiero, mentre in alcuni punti la vegetazione è così rigogliosa da cancellarne ogni traccia. La vista dell'altro lato del canyon è comunque notevole: un'impervia colonna di roccia sorge da un'acqua azzurra nella quale, ogni tanto, si può vedere qualche turista praticare kayak.Dopo tre ore di cammino e il continuo infoltirsi della vegetazione, ci rendiamo conto che raggiungere la sorgente del lago è stato un obiettivo troppo ambizioso. Ritorniamo quindi sui nostri passi, rimpiangendo di non riuscire a visitare le grotte di Vrelo, situate sull'altra sponda.

La Città Vecchia di SkopjeLa Città Vecchia di Skopje

Rientriamo a Skopje e, con le ultime forze, finiamo il giro turistico iniziato il giorno prima. Attraversiamo il Vardar e raggiungiamo la collina sulla quale sorge la Fortezza di Kale (Скопско Кале) che è però chiusa, sebbene gli orari di apertura dicano altrimenti. Da lì facciamo una breve visita alla moschea di Mustafa Pasha ed entriamo quindi nel cuore del città vecchia (Стара Чаршија), che ospita il più grande bazaar della penisola balcanica dopo quello di Istanbul. Di particolare interesse sono di sicuro il Bezisten, il mercato coperto, la Cifte Hammam, un tempo bagno termale ora convertito in museo di arte contemporanea, e il caravanserraglio di Kursumli Han. In questo ampio cortile erano soliti riposarsi i viaggiatori e le carovane che viaggiavano nei territori dell'impero ottomano. Stanchi ma soddisfatti dalla nostra intensa giornata rientriamo in ostello mentre il sole tramonta oltre il Monte Vodno, mettendo in risalto la sagoma della Millenium Cross, la croce più alta del mondo (66 metri).

Le Montagne del ŠarLe Montagne del Šar

L'indomani mi aspetta il primo viaggio in Macedonia. Da Skopje ho deciso di raggiungere Ohrid, piccola cittadina sulle rive dell'omonimo lago. Così verso le dieci di mattina, dopo aver salutato gli amici dell'ostello, mi incammino verso la stazione dei bus. Cerco di acquistare un biglietto per la corsa delle dieci e trenta ma, sebbene il tabellone degli orari affisso al muro dietro di lei affermi proprio il contrario, la cassiera mi spiega a gesti che il prossimo bus parte all'una. Acquisto il biglietto e ritorno verso l'ostello raccontando l'accaduto. Anna commenta tranquilla: 'Si vede che non c'era abbastanza gente che voleva andare là e quindi hanno cancellato la corsa. Oppure l'autista non si è svegliato in tempo'.

Tre ore più tardi salgo su un fatiscente pulmino con targa albanese. Un po' dubbioso, deposito la valigia all'entrata, a fianco dell'autista. A parte un paio di altri turisti, riconoscibili dall'aria spaesata, gli altri passeggeri sono tutta gente del luogo e sembrano alquanto annoiati o delusi da qualcosa. La vettura parte sbuffando ed effettua brevi fermate lungo una strada principale di Skopje. Dopo una decina di minuti sale un personaggio dall'aspetto dubbio che confabula con l'autista lanciando occhiate rapaci alle valigie. La cosa non passa inosservata e un altro turista, preso dal panico, chiede che lo lascino scendere. Un po' scosso dalla scena decido di non pensarci convincendomi di aver lavorato troppo d'immaginazione.

La Fortezza di SamueleLa Fortezza di Samuele

Il viaggio continua lungo la piccola autostrada E-65 e la prima fermata, dopo circa un'ora di viaggio, è la cittadina di Tetovo, alla base delle montagne del Šar, zona di confine col Kosovo e per questo a maggioranza albanese. Il cupo personaggio scende rapido e l'autista, tra la confusione dei passeggeri in uscita, scarica anche la mia valigia. Con un balzo mi precipito a bloccarlo e lui si giustifica dicendo di voler far spazio per le altre valigie. Una voce femminile mi sussurra in un buon inglese: 'Succede a volte. Non voleva necessariamente farti sparire la valigia anche se questa non è la compagnia di bus che solitamente serve questa tratta'. Mi volto e una ragazza sui vent'anni mi sorride presentandosi.

Contento di aver trovato un punto di contatto con la cultura locale, trovo posto dietro di lei e conversiamo vivacemente, del tutto dimentichi dell'accaduto. La giovane, originaria di Ohrid, sta tornando a casa dopo aver sbrigato delle commissioni nella capitale. 'In genere c'è una compagnia di autobus migliore ma oggi dev'essere successo qualcosa e hanno trovato questa sostituzione. In ogni caso Ohrid ti piacerà un sacco, è un posto bellissimo d'estate.'. Le dico di aver prenotato un letto al Sunny Lake Hostel e lei approva la scelta: 'Si possono trovare pernottamenti più economici ma il gestore, Gyoko, è simpaticissimo'.

Il Lago di OhridIl Lago di Ohrid

Dopo una quarantina di minuti il bus effettua ancora una fermata a Gostivar ma questa volta la mia valigia rimane dove l'avevo lasciata. Il paesaggio che intravedo dal finestrino impolverato si fa meno montagnoso e più collinare. Abbandoniamo l'autostrada e ci immettiamo su una statale piena di buche; fortunatamente il pulmino non dispone di ammortizzatori da rovinare. Continuo la conversazione con Katerina e scopro che la ragazza è prossima a trasferirsi a Berlino dove comincerà la laurea di secondo livello: 'In Macedonia ci sono tantissime università ma nessuna è paragonabile agli standard europei. Per questo non ha senso rimanere qui a studiare.'. Anche lei adora viaggiare ed è con quasi nessun dubbio che domando se faccia parte della community di Couchsurfing.org.

Giungiamo a Ohrid con oltre un'ora di ritardo e la stanchezza è visibile sul volto dei passeggeri. Katerina mi saluta dandomi il suo indirizzo mail e promettendomi di vederci l'indomani. Mi aiuta infine a contrattare una corsa con un tassista che sa dov'è situato l'ostello. Appena abbandonata la strada principale è facile notare la conformazione collinare della città: il taxi, scartando veicoli provenienti da altri sensi di marcia (sì, ce ne sono più di due), si inerpica sicuro lungo piccole stradine delle quali avrei fatto fatica a notare l'esistenza. Dopo una decina di minuti l'autista inchioda quindi di colpo per evitare un camion che blocca la strada. Imprecando si gira verso di me dicendo: 'Vedi quella scalinata dietro l'angolo? Quello è l'ostello.'.

La strada per StrugaLa strada per Struga

Il gestore del Sunny Lake Hostel, Djoko, mi accoglie con in mano un cacciavite ('stavo finendo di riparare una lavatrice') e mi dà un caloroso benvenuto. É un tipo simpatico, chiaccherone e con un modo di vivere pacato e fatalista che traspare in ogni suo gesto. Gli dico di aver incontrato gente che lo conosce e che tutti sembrano raccomandare il suo ostello. 'L'Ostello non è mio, l'hanno comprato due norgevesi con fiuto per gli affari', commenta sorridendo. Mentre controlla i miei documenti faccio un giro nella sala comune che è abbellita di cartoline, foto e detti curiosi. In un angolo spunta una vecchia chitarra classica. Poco lontano, in uno scatolone, sono custoditi diversi videogiochi degli anni novanta tra i quali un perfettamente funzionante Gameboy. Faccio conoscenza con alcuni degli altri ospiti della casa: due ragazze australiane, un ragazzo inglese e una coppia finlandese. Djoko entra nella stanza con un ghigno: 'Ti vuole una ragazza al telefono'. Katerina si è attivata e decidiamo di vederci una mezz'ora più tardi per un primo giro turistico della città.

Una camminata nel tardo pomeriggio di una giornata soleggiata è un'esperienza sempre piacevole: piccole nuvole appaiono di tanto in tanto sul versante albanese del lago e solo in lontananza, verso le colline che discendono poi sul Lago Prespa e sul confine greco, si profilano grigi nuvoloni minacciosi. Del tutto ignari di questo, i gabbiani si librano leggeri nella brezza primaverile mentre abitanti e turisti passeggiano tranquillamente lungo Viale Maresciallo Tito. Katerina, che ogni due minuti trova conoscenti o amici da salutare, mi racconta dalla sua infanzia ad Ohrid: 'La città è piccola e d'inverno c'è poca gente, quindi ci si conosce tutti abbastanza bene. Io non riuscirei a viverci tutto l'anno ma d'estate è il posto migliore per far vacanza.'.

La chiesa di San Giovanni da KaneoLa chiesa di San Giovanni da Kaneo

Ci addentriamo nel quartiere centrale che sorge in parte su una collina ed è quindi un susseguirsi di vicoli e stradine. Passiamo sotto a un bell'arco nei pressi della Casa del Sindaco, un tempo appartente alla ricca famiglia dei Robevi, e oggi adibito a museo cittadino. Raggiungiamo quindi la Chiesa di Santa Sofia e guardandomi in lontananza noto che è tutto un fiorire di campanili e croci. Scopro così che Ohrid era nota in antichità col nome di 'Gerusalemme dei Balcani' proprio perchè ospitava ben 365 chiese. Sebbene oggi il numero sia notevolmente diminuito, visitare tutte le chiese della città è un'operazione che può portar via parecchio tempo. Fortunatamente la mia guida sa bene quale di queste meritino una visita e mi fa strada fino alla chiesetta della Santa Madre di Dio. Da lì continuiamo fino al portone d'ingresso dalla Fortezza di Samoil (Самуилова тврдина), il castello che domina la cittadina di Ohrid. La struttura venne costruita per volere di Samuele, primo zar di Bulgaria, intorno all'anno mille. A quei tempi Ohrid conosceva uno splendore senza precedenti, tanto da diventare la capitale dell'Impero Bulgaro. La vista del lago e della città dalle mura del castello è semplicemente indescrivibile e lascerò che siano le foto a parlare.

Ridiscendiamo quindi sul versante Ovest della collina attraverso il bosco per raggiungere lo spiazzo su cui sorge la Chiesa di San Pantaleo alla quale non possiamo avvicinarci più di tanto a causa dei lavori di ristrutturazione. Ma Katerina non si perde d'animo e mi porta fino in riva al lago, presso la chiesetta ortodossa di San Giovanni da Kaneo. Da lì, sempre costeggiando il lago, attraverso sentieri solo a lei noti, ritorniamo verso il centro città.

Cibo tipico a OhridCibo tipico a Ohrid

Camminare molto mette appetito e Katerina mi conduce al Fortuna (Фортуна), un grazioso ristorante del centro. Seguo i suoi preziosi consigli e rimango molto colpito dalla pietanze che mi vengono proposte, raffigurate nella foto a fianco. Sebbene non sia per niente un amante di verdure e affini, non posso restare indifferente alla saporitissima insalata Shopska (Шопска салата, al centro), inventata negli Anni Cinquanta dal cuoco del primo tour operator bulgaro, il Balkanturist. Il piatto contiene pomodori, cipolle, cetrioli, peperoni e formaggio a cubi, il tutto condito con olio d'oliva. Subito dopo segue una deliziosa musaka (Мусака, in basso a destra), che nei balcani, a differenza della Grecia, è preparata con patate anzichè con melanzane. Come intermezzo vengono serviti dei Polneti Piperki (Полнети пиперки, in alto a destra), fondamentalmente i nostri peperoni ripieni; si chiude quindi con il mio piatto preferito, Selsko Meso (Селско месо, in alto a sinistra) che significa carne di campagna ed è una specie di spezzatino a base di carne di maiale. Come bevanda provo anche il kompot (компот), una bevanda calda non alcolica a base di frutta (nel mio caso albicocche). Pagato il conto, che non supera i venti euro, ho bisogno di tutta la mia determinazione per riuscire ad inerpicarmi sulla collina fino all'ostello.

Un negozio richiudibile a StrugaUn negozio richiudibile a Struga

L'indomani vengo svegliato da un dolce aroma di frittelle e scopro uno dei benefit dell'ostello: colazione a base di paste dolci e salate appena sfornate dal panettiere dell'angolo. Una mezz'ora più tardi, grazie alla bicicletta che l'ostello mette a disposizione (e che Djoko ha gentilmente riparato per l'occasione), decido di raggiungere la cittadina di Struga (Струга), situata una quindicina di chilometri a Nord-Ovest di Ohrid. Katerina, che deve svolgere delle commissioni, mi raggiungerà più tardi. Struga è nota per aver dato i natali ai poeti Konstantin e Dimitar Miladinov e per questa ragione la città ospita un famoso festival internazionale di poesia ('Il più grande del mondo', dicono i macedoni, anche se è difficile capire come una simile stima sia stata fatta). In ogni caso, va detto che i dintorni sono davvero pittoreschi e suggestivi: canneti e fiori selvatici abbelliscono la costa del lago e la presenza dell'uomo è tradita solo da una striscia di asfalto che funge da strada. In lontanza si sente il rombo della macchine in corsa lungo la statale per Gostivar, ma questo suono viene facilmente coperto dall'infrangersi delle onde sulla riva. Ogni tanto il panorama è rovinato da edifici fatiscenti, probabilmente testimoni di giorni migliori ai tempi della Yugoslavia. É questo il caso di un complesso di palazzi al momento in vendita che sorge a pochi chilometri da Struga.

La Chiesa di San PantaleoLa Chiesa di San Pantaleo

Raggiungo la cittadina poco dopo mezzogiorno e, trovato un piccolo ristorante dall'aria autentica, mi godo un ottimo burek (Бурек), una specie di schiacciata formata da diversi strati di pasta alternati alla farcitura (nel mio caso prosciutto e formaggio). Il ristorante si affaccia sul Drini Nero (Црн Дрим) un piccolo fiume che, partendo dal lago di Ohrid, attraversa Macedonia e Albania per poi sfociare nel Mar Adriatico. Katerina mi raggiunge a breve e insieme facciamo una passeggiata nei dintorni, incuranti del tempo che minaccia pioggia. Nel giardino pubblico che costeggia il lago la ragazza mi fa notare una grossa sfera gialla, di almeno sei metri di diametro, piazzata a lato del vialetto. Non sembra trattarsi di una decorazione nè di una qualche opera di arte astratta e, dopo diversi vani tentativi di indovinare cosa possa essere, Katerina sarà costretta a svelare il mistero: si tratta di un negozio richiudibile tipico dei balcani, facile da trasportare e praticamente impossibile da scassinare o rubare. Le nuvole si fanno sempre più scure e decidiamo di ritornare verso Ohrid. Passiamo quindi una tranquilla serata in ostello con gli altri ospiti e qui faccio conoscenza con Uli, una ragazza di Dresda che sta facendo un viaggio di un mese nei Balcani. Anche per lei si tratta dall'ultima notte a Ohrid e siccome la nostra prossima destinazione sarà Bitola (Битола), seconda città più grande del paese, decidiamo di fare il viaggio insieme. Katerina ci suggerisce di viaggiare 'in taxi', cioè cercando qualcuno che vada in quella direzione, oppure di prendere il bus.

Piazza Magnolia, Bitola (da sinistra a destra: la torre dell'orologio, la Moschea Nuovae la Statua del Fondatore)Piazza Magnolia, Bitola (da sinistra a destra:
la torre dell'orologio, la Moschea Nuova
e la Statua del Fondatore)

La mattina seguente, giunti alla polverosa autostazione di Ohrid, scopriamo che dobbiamo aspettare quaranta minuti per il prossimo bus. Ci guardiamo attorno e notiamo diversi autisti che urlano il nome della loro destinazione, attirando potenziali viaggiatori con la stessa meta, e raggiungendo, dopo brevi trattative, un accordo sul costo del viaggio. Decidiamo di provare l'ebbrezza di questa esperienza e siamo fortunati: un uomo si offre di portarci a Bitola immediatamente per 900 denari a testa (15€), oppure di aspettare altri due viaggiatori e pagare 450 denari. Decidiamo così di aspettare dieci minuti, esattamente quanto basta per riempire la macchina e partire. Il viaggio trascorre in un'atmosfera rilassata e amichevole ma, non avendo lingue in comune, è difficile comunicare più dello stretto necessario. Copriamo gli ottanta chilometri che ci separano da Bitola in poco più di un'ora (la strada è a tratti dissestata). Una volta giunti sul posto, uno dei nostri compagni di viaggio, originario della città, ci conduce gentilmente fino al'ingresso dell'ostello che è una succursale dell'Ostello Shanti di Skopje.

Il sito archeologico di Heraclea LyncestisIl sito archeologico di Heraclea Lyncestis

Appena entrati facciamo conoscenza con i simpaticissimi proprietari degli ostelli Shanti che si trovano entrambi a Bitola per dare il cambio al portiere malato. Si tratta di una coppia di trentenni, appassionati di viaggio, i quali, grazie al supporto economico di un amico, si sono imbarcati, con ottimi risultati, nel rischioso settore del turismo macedone. Il primo ostello, Shanti 1, è aperto ormai da tre anni, il secondo ha seguito a ruota e il più nuovo dei tre, Shanti Bitola, è stato inaugurato da soli sei mesi. La struttura è arredata con gusto e le stanze sono spaziose e comode. I due sono particolarmente orgogliosi della pulizia dei loro ostelli: La ragazza mi racconta: 'Sai, viaggiando siamo stati in posti veramente disastrati. Io ho una paura soprattutto degli insetti che si annidano nei materassi e pungono. E in genere li trasportano i viaggiatori nei loro sacchi a pelo.'.

Dopo aver consumato un rapido pranzo, Uli ed io decidiamo di vedere quello che Bitola ha da offrire. Il centro città, rappresentato dalla Torre dell'Orologio, dista solo qualche centinaio di metri dall'ostello. Il campanile si affaccia su Magnolia Square (Плоштад Магнолија), sede di diversi monumenti, tra i quali la statua al Fondatore di Heraclea (che è in realtà Filippo II il Macedone) e la Moschea Nuova. Poco distante si trova l'affascinante bazar coperto, costruito nel Quindicesimo Secolo. La piazza è certamente il fulcro della vita cittadina e a dimostrazione di questo notiamo un gruppo sempre più folto di spettatori che si radunano intorno a un palco dove un'orchestra di una trentina di elementi sta accordando gli strumenti. Da quello che riusciamo a capire il concerto viene tenuto in occasione di una qualche ricorrenza legata alla fondazione di Bitola. Mentre risuonano note di canzoni tradizionali macedoni ci incamminiamo sulla lunghissima Širok Sokak, la strada che connette Piazza Magnolia con i giardini pubblici.

Il sito archeologico di Heraclea LyncestisIl sito archeologico di Heraclea Lyncestis

Da lì, camminando per un paio di chilometri, raggiungiamo il sito archeologico di Heraclea Lyncestis, patrocinato dal Ministero dei Beni Culturali italiano. Secondo gli studiosi, in quest'area si trovano i resti dall'antica città fondata da Filippo II il Macedone nel 4 Secolo a.C. e distrutta da un terremoto circa mille anni più tardi. Alcune strutture risalenti al periodo romano e bizantino, come il teatro romano e le terme, sono ancora ben conservate. Ritorniamo sui nostri passi e ci concediamo una merenda a base di un dolce tipico macedone, che assomiglia a un cannoncino gigante ripieno di panna.

Il giorno seguente le strade mie e di Uli si separano: lei continuerà per un'escursione di diversi giorni sulle montagne di Voras mentre io rientrerò in bus a Skopje per un'ultima notte all'ostello Shanti. Sono necessarie quasi cinque ore per coprire i 180 chilometri che ci separano dalla capitale e il fatto che l'autista decida di fare una pausa pranzo a Veles non fa che rallentare il viaggio. Fortunatamente, dopo una ventina di minuti, alcuni passeggeri, tra sbuffi e commenti sarcastici, riescono a convincerlo ad abbandonare il suo comodo tavolino e a rimettersi in moto.

La serata a Skopje trascorre senza particolari eventi degni di nota e nel giro di dodici ore sono di nuovo seduto in aereo. Pochi minuti dopo il decollo mi assopisco dolcemente mentre il piccolo Ponte di Pietra sul Vardar si riduce a un puntino indistinguibile sotto di me.