Repubblica Ceca, Česká Republika

Un paese così bello da voler tornarci ogni volta

Repubblica Ceca, Česká Republika

Quando venni accettato come studente Erasmus nella cittadina di Linz (Austria), l'unico inconveniente da me rilevato fu la vicinanza con la Repubblica Ceca (il confine passa a circa cinquanta chilometri). Fresco di letture storiche, racconti di amici risalenti agli Anni Ottanta, e fumetti romanzati, mi domandavo ingenuamente quanto l'Alta Austria avesse risentito della prossimità con la cortina di ferro, il tristemente celebre confine tra blocco orientale e occidentale, tra luce e tenebre, tra libertà (più o meno apparente) e dittatura. Così, non senza l'irrazionale preoccupazione di dover vivere in una città dai muri scrostati, dai disumani palazzoni in stile real-socialista, avvolta nel grigiore che il nostro immaginario associa alla parola sovietico, partii, pieno di curiosità, alla volta del capoluogo austriaco.

Repubblica Ceca, Racconto di Viaggio, Carta Politica
Guarda gli itinerari nei paesi che ho visitato

Il breve giro panoramico della città offertomi dalla mia amica Katrin bastò a tranquillizzarmi e in parte disilludermi: Linz è una normalissima città, gradevole, vivibile e assolutamente in linea con le altre città austriache da me visitate. Così devo rimandare il mio primo contatto con la cultura ceca (faticavo a credere che un paese di 10 milioni di abitanti potesse avere mantenuto nel tempo caratteristiche proprie inconfondibili) di qualche giorno. L'incontro con Šárka, originaria di Praga e coinquilina di una mia compagna di classe polacca, desta in me un immediato interesse.

La Cattedrale dei SantiPietro e Paolo a BrnoLa Cattedrale dei Santi
Pietro e Paolo a Brno

Scambiando con lei poche frasi imparo che in Repubblica Ceca la maggior parte dei giovani è completamente atea e fiera di esserlo; la lingua ceca ha dei suoni che non esistono in nessun altra lingua (tra tutti il più impronunciabile è la lettera ř); la famosa casa automobilistica Škoda, che letteralmente significa danno o peccato, e le calzature Bat'a sono originarie della Repubblica Ceca; Šeredová, cognome della moglie del mitico portiere della Nazionale Buffon, significa brutta, essendo la radice Šeredný; Cechi e Slovacchi si erano separati, di comune accordo e senza atti di violenza, nel 1993, formando rispettivamente la Repubblica Ceca e la Repubblica Slovacca.

Nei mesi successivi, anche grazie alle interessantissime discussioni con Andrea, una ragazza slovacca, e Petr, originario di Praga, riesco a calarmi sempre più nella problematica alla base della separazione tra questi due paesi: la Slovacchia, più rurale, aveva interessi economici diversi da quelli dell'industrializzata Repubblica Ceca. Le due lingue, per quando simili, risultavano sempre meno comprensibili alle nuove generazioni (sebbene tutti gli slovacchi capiscano il ceco, non è affatto vero il contrario).

Un piatto di KnedlíkyUn piatto di Knedlíky
(sono più buoni di quanto sembrino)

A conferma di questo, noto le difficoltà di comunicazione tra Andrea e Jana, nata nelle vicinanze di České Budějovice e quindi, per ragioni geografiche, poco avvezza alla lingua slovacca. Causa scatenante della divisione della Federazione Ceco-Slovacca, secondo l'opinione di Eugen, era la presenza di due leader che ambivano entrambi alla carica di Primo Ministro. Non riuscendo a risolvere la questione, pensarono bene di dividersi il paese.

Scopro anche che non corre buon sangue tra gli abitanti di Praga e quelli del resto del paese. Jana confessa di percepirli come altezzosi e mi racconta l'aneddoto del cittadino di Praga e della vecchia di Brno: va premesso che quest'ultima città si trova in Moravia, una regione con usi e costumi molto diversi dalla Boemia, e che in ceco standard Come? si traduce con Co?, mentre nel dialetto di Praga si dice Cože?.

Ciò detto, il nostro bravo, emancipato cittadino si reca in visita a Brno. Il viaggio è stato lungo e desidera dissetarsi alla fontana. Una vecchia del paese lo avverte: Guardi che nella fontana ha appena pisciato uno zingaro. Il cittadino, poco avvezzo alla pronuncia locale, domanda Cože?, rivelando così la sua provenienza dalla capitale. Bevi piano che è fredda risponde la vecchia.

Il Castello di Český KrumlovIl Castello di Český Krumlov

La Storia e la Politica non sono comunque i soli aspetti interessanti della Republika: dopo il primo assaggio dei Knedlíky, gustosissimi gnocchi dalla forma allungata consumati insieme ad arrosto (in questo caso il nome del piatto diventa vepřová pečeně s knedlíky), sono diventato rapidamente un fan di Bramboráky, frittelle di patate, un adoratore di Řizek, simile alla nostra cotoletta impanata ma resa più interessante dall'impronunciabilità del nome, e un divoratore di Koláče, torta con amarene e zucchero a velo. Insomma, la cucina ceca, svelatami giorno dopo giorno dalle incredibili doti culinarie di Šárka e Jana, merita davvero attenzione. L'unica cosa che riesce ad entusiasmarmi è la zuppa, immancabile a cena, più simile a una bevanda che a un primo piatto.

Anche la lingua ceca inizia a farsi meno misteriosa: grazie alle lezioni di Šárka, cominciate quasi per gioco e poi continuate con interesse sempre crescente, riesco, con qualche frase fatta inserita nel contesto giusto, a spaventare gli altri cechi, facendogli credere di capire i loro discorsi (You're getting dangerous dirà Petr con un sorriso).

Olomouc, Colonna della Santa TrinitàOlomouc, Colonna della Santa Trinità

L'aspetto che più mi colpisce di questo primo viaggio sono i prezzi bassissimi: la birra è addirittura più conveniente dell'acqua, un piatto di carne costa meno di 3€. Nel complesso il paesino è molto turistico e pertanto tutto sembra poco autentico, ma almeno il castello e le piccole stradine che lo circondano mantengono intatto il loro fascino medioevale.

Le visite successive alla Repubblica saranno invece molto più genuine: ospite per due giorni nel cottage della nuova coinquilina di Šárka, Renata, a Sázava, familiarizzo con le tradizioni tipiche degli abitanti della capitale: le famiglie un minimo abbienti posseggono un piccolo terreno fuori città dove praticano il giardinaggio e passano le afose giornate estive. Le inondazioni sono all'ordine del giorno e il fiume è trattato come un vecchio amico dal carattere irascibile. Stesse considerazioni valgono per il paesino di Řež, di cui è originario l'amico Eugen, e in prossimità del quale è ospitato una reattore nucleare che sfrutta l'acqua proveniente dal fiume Vltava (Mòldava, in italiano).

Jonas Fink cammina per le vie di PragaJonas Fink cammina
per le vie di Praga

E veniamo ora alla magica e indimenticabile città che ha dato spunto a questa pagina e alla fotocomposizione riportata poco sotto: Praha!

Il mio primo incontro con la capitale ceca avviene tra le pagine del fumetto Jonas Fink di Vittorio Giardino, un'opera di incredibile profondità e spessore, capace di teletrasportare letteralmente il lettore indietro nel tempo e nello spazio. Come sempre accade quando ho la fortuna di andare in pellegrinaggio nei luoghi cantati, raccontati o disegnati dai miei autori preferiti ho fatto il possibile per ritrovare le strade, i muri e i monumenti rappresentati nel fumetto. Non è stato facile far capire ai miei amici cechi, che mi hanno pazientemente guidato per la città, perchè ci tenessi tanto a fotografare il passaggio di un tram diretto a Malá Strana o le targhe delle strade di Na Kampě.

Ma andiamo con ordine: arrivo a Praga di notte, con un bus della Student Agency partito da Budapest con fermate intermedie a Győr, Bratislava e Brno. La cupa stazione di Florenc sembra come in attesa, immobile e silenziosa, nella tiepida notte estiva. Šárka, che è gentilmente venuta a prendermi, mi guida con mano sicura attraverso i dedali della metropolitana. Ascolto per la prima volta lo spettrale scampanellio che avverte della chiusura delle porte dei vagoni: Ukončete, prosím, výstup a nástup, dveře se zavírají.

Per ora niente di che, una metropoli europea come tante altre. Raggiungiamo in una mezz'oretta la nostra destinazione, dalle parti di Černý Most, periferia est della città, dove lei abita con il padre. Il quartiere popolare sembra uscito da un manifesto di propaganda filo americano: grigi palazzi di dodici piani inframmezzati da siepi identiche e squadrate. Si nota però una voglia di rinnovamento: impalcature e pannelli ovunque, qualche solitario cartello scritto in inglese, i vivaci colori con cui si stanno ridipingendo i muri risaltano alla tenue luce dei lampioni.

Entriamo nel palazzo (in alto, sopra la porta, campeggia il nome del padre di Šárka e della sua agenzia di riparazioni), prendiamo l'ascensore e quindi oltrepassiamo la soglia di casa. La stanchezza non mi impedisce di imprimere nella memoria ogni particolare dell'arredamento, che ritroverò, più o meno dissimulato, nelle case di tutti gli altri amici cechi e che imparerò a riconoscere come stile sovietico. Armadietti marroncini con piccoli pomelli di apertura, scaffali dello stesso colore, finestre con infissi grigi. Faccio conoscenza anche del paradigma dei bagni separati: in pratica, ogni casa ceca ha una stanza con il water e un'altra stanza con il lavandino, la doccia e la vasca da bagno. Al mio stupore Šárka risponde divertita: Così è più pratico: se uno è in bagno un altro può farsi la doccia allo stesso tempo...

Fotomontaggio dedicato agli amici cechiFotomontaggio dedicato agli amici cechi e in
particolare a Šárka, insostituibile compagna di viaggio.

L'indomani si rivela ricco di sorprese. Dopo una colazione alla ceca (pane nero, prosciutto, burro e succo d'arancia) il ritrovo con gli altri amici è fissato sotto la statua di Re Venceslao, a Václavské Námesti. Eugen, come sempre in ritardo di una ventina di minuti, prende la guida del gruppo e, con passo di marcia, dà inizio alla gita.

Ogni strada è un mistero, ogni piazza un libro di storia, ogni negozio un mondo inesplorato. Mi domando come quello stesso tratto di strada sarebbe apparso nei decenni passati, durante gli ultimi rantoli dell'Unione Sovietica, all'arrivo dei carro armati polacchi, ai tempi dell'assassinio di Heydrich, oppure sotto l'Impero Austro-ungarico.

Lo stile moderno, nel suo anestetizzante conformismo capace di rendere indistinguibili Berlino, Londra e Parigi, sta poco a poco cancellando i segni del passato. Una radicale modifica resa ancora più immediata dalla volontà di dimenticare al più presto quello che è stato, nella speranza di costruire qualcosa di nuovo e migliore. Come per incentivare le mie riflessioni, attraversando Vinohradská, passiamo davanti alla sede centrale di Radio Free Europe/Radio Liberty, l'emittente, precedentemente situata nella Germania dell'Ovest, che, durante la guerra fredda, cercava di fornire notizie fattuali aldilà della cortina di ferro.

La Piazza della Cittá Vecchia a PragaLa Piazza della Cittá Vecchia a Praga

Attraversiamo il quartiere di Nové město (città nuova) e ci dirigiamo verso Vyšehrad, uno dei castelli più famosi di Praga. La vista dal muro di cinta è indescrivibile: la Mòldava si estende in tutta la sua bellezza sotto i miei occhi. Le barche scivolano lente sulla superficie del fiume. Scorgo in lontananza alcuni monumenti a me ancora sconosciuti. Praga sembra proprio una ragazza seducente che mi inviti, con uno sguardo blu mare, a scoprirla poco per volta. Mi riprometto di provare a fissare su carta quest'intuizione una volta tornato in Italia.

Una breve visita per il cimitero del castello (Vyšehradský hřbitov), dove sono sepolti alcuni degli artisti e compositori più famosi del paese, mette in luce la mia ignoranza in fatto di cultura ceca: di una cinquantina di nomi conosco solo Gregor Mendel e Antonín Dvořák, che credevo fosse russo. Ritorniamo sui nostri passi attraversando Nuselský most, il ponte dei suicidi, impressionante strada sopraelevata che si affaccia sulla ferrovia.

Il ponte dei suicidiIl ponte dei suicidi

L'itinerario da noi seguito nei giorni successivi è tipicamente turistico: Staré Město, la città vecchia, con la sua piazza e l'orologio astronomico, Josefov, il quartiere ebraico con le sue numerose sinagoghe e la casa di Kafka, Karlův most, il ponte di Carlo con la sua torre e la statua... Qui Renata, sebbene originaria di Kolín, un paese a cinquanta chilometri da Praga, dimostra la sua profonda conoscenza della città: Sapete che guardando la statua di Carlo IV da un certo punto sembra stia facendo pipì?. Credeteci o no, è proprio così e il punto prospettico sembra quasi essere indicato da una rosa dei venti posta a destra della statua guardando dalla città vecchia.

Praga e la MòldavaPraga e la Mòldava

Esaurite risate e battutine, attraversiamo il ponte più famoso di Praga. Inutile cercare di descrivere a parole la splendida vista che si ha della città. Sarebbe come cercare di spiegare il colore del mare o il cadere delle foglie d'autunno. Certe cose bisogna davvero viverle per poterle assaporare e qualunque racconto, per quanto accurato, tralascerà sempre particolari fondamentali.

Eugen aggiunge un altro tocco di classe alla gita: giunti alla fine del ponte, nella zona denominata Pražské Benátky (letteralmente, Venezia di Praga, soprannome dovuto alla presenza di piccole stradine e canaletti che sembrano evocare uno scorcio del capoluogo veneto), ci conduce in un ristorante. Saluta sicuro i camerieri e ci guida attraverso le varie sale da pranzo, fino ad una zona all'aperto, sempre appartenente al locale, dalla quale è possibile toccare le fondamenta del ponte. L'ora di cena è ormai vicina (sono già le sei di pomeriggio e in Repubblica Ceca si cena già nel tardo pomeriggio) e ci dirigiamo verso la periferia, dove i menu sono un po' più a buon mercato.

I carrarmati polacchi entrano a PragaI carrarmati polacchi entrano a Praga

Il giorno seguente, la gita continua tra i giardini di Na Kampě, il quartiere Malá Strana, il parco di Petřín e la sua torre Petřínská rozhledna, alta 60 metri, dalla quale si ha una vista panoramica della città. Visitiamo quindi la Cattedrale di San Vito, il castello di Carlo e il Parlamento. Sulla via del ritorno mi godo un romanticissimo tramonto dal ponte Legií.

É ormai sera quando giungo con Šárka a casa. Suo padre, appena tornato da tre giorni di riposo nel cottage di famiglia, mi accoglie con cordialità. Rimango positivamente colpito dai suoi tentativi di parlare in inglese. Considerando che è nato a metà anni '30 mi domando dove abbia avuto l'occasione di imparare questa lingua praticamente bandita dal blocco orientale.

Praga in AutunnoPraga in Autunno

Incuriosito domando, cautamente, ulteriori informazioni. Annuisce e poi si rivolge alla figlia: Co řikal?" (cosa ha detto?). I suoi occhi di un azzurro intenso che neanche lo scorrere del tempo è riuscito a sbiadire, sembrano risplendere di una nuova luce mentre risponde, in ceco, ai miei interrogativi. Scopro così che ha studiato in un college inglese per due anni, che era di famiglia benestante e che molti dei suoi averi, compresa la sua casa natale in Slovacchia, vennero confiscati durante il comunismo.

Il suo racconto non tradisce alcuna animosità. Forse i sentimenti più forti sono mitigati dalla saggezza e dal distacco acquisiti in quarant'anni di regime. Mi racconta, tentando con frequenza sempre maggiore qualche frase in inglese, della Primavera di Praga (Pražské jaro, in ceco), periodo di rinascita culturale e sociale della Repubblica, durante il quale la morsa di Mosca sul paese sembrava allentarsi, per lasciare spazio a qualche timido tentativo di rinnovamento. Speranze immediatamente distrutte dall'invasione dei carro armati sovietici, provenienti da Polonia, Ungheria e Bulgaria, e del successivo inasprimento del regime. Mi parla dei giovani coinvolti nelle manifestazioni in Piazza Vaclav, di donne di paese che invertivano le indicazioni stradali per rallentare l'avanzata dei tank, di amici, volti e suoni ormai appartenenti a un epoca passata.

České BudějoviceČeské Budějovice

"Cosa volete per cena?" domanda Šárka. Řizek! esclamo io, ricevendo, per la perfetta pronuncia, i complimenti del padre, che sapevo essere un grande amante del cotolettone impanato. Approfittando di questa pausa imprevista, dirotto il discorso verso tematiche più rilassate, facendomi raccontare dei viaggi al mare negli anni '70, quando le uniche scelte possibili, nel blocco sovietico, erano la Polonia (troppo fredda) o la Bulgaria (2 giorni di macchina e una lingua incomprensibile). E poi, sempre punzecchiandolo con la mia curiosità, mi faccio narrare dei numerosi lavori che ha svolto nel corso degli anni: costruttore di apparati elettronici, venditore di libri, meccanico, esperto di macchine da cucire...

La cena è consumata in un'atmosfera amichevole, tra discorsi in ceco, italiano, inglese e tedesco, e annaffiata con dell'ottimo Tokaji ungherese, patria originaria del nonno di Šárka. Quello che mi pervade è un sentimento di pace nei confronti del mondo: una tavola imbandita, del buon vino, e il desiderio di ascoltare chi si ha di fronte fanno dimenticare ogni differenza di età, cultura e lingua. Sensazioni già provate durante il troppo breve e lungamente rimpianto periodo di studente Erasmus in Austria ma in qualche modo acuite dalla presenza dell'anziano signore. In questo momento le aberrazioni nazionalistiche che per secoli hanno tenuto, e in parte ancora tengono, in scacco l'Europa sembrano semplicemente irreali. Se tutti gli abitanti del globo potessero assaporare istanti simili, la parola Guerra verrebbe definitivamente cancellata dal vocabolario.

La Sinagoga del Giubileo nel quartiere di JosefovLa Sinagoga del Giubileo nel quartiere di Josefov

Parto il giorno seguente dall'aereoporto di Ruzyně, con in cuore l'infelicità tipica di chi sa che, per lungo tempo, non potrà rivedere le persone con cui si è trovato tanto in armonia, e gli splendidi luoghi che hanno fatto da cornice ai suoi vagabondaggi.

Tornerò a Praga solo nove mesi dopo, sul finire dell'inverno, questa volta da Renata, che mi ospita nella sua stanza in un dormitorio studentesco del quartiere di Žižkov. L'appartamento è grande efunzionale, contraddistinto dall'immancabile stile sovietico di cui si parlava poco sopra: ci sono due stanze doppie, una cucina non abitabile e i due bagni. Al piano terra c'è il pub e la mensa. L'obiettivo di questa seconda visita è quello di entrare ancora più in contatto con gli abitanti di Praga, anche in vista di un possibile lavoro nella città. Pertanto, sempre accompagnato dai miei amici, visito alcune università, i pub studenteschi e il Luna Park di Výstaviště. La lingua è sicuramente un ostacolo notevole alla socializzazione: è difficile trovare giovani disposti a parlare un'intera serata in inglese o comunque a limitare l'utilizzo del ceco.

La torre televisiva di ŽižkovLa torre televisiva di Žižkov

Completo il giro turistico interrotto l'estate precedente visitando la Torre televisiva di Žižkov, il parco naturale Divoká Šárka (letteralmente Šárka selvaggia, dal nome di una principessa protagonista di una famosa favola ceca), e alcuni monumenti del centro storico. Grazie a Saša, provo anche l'ebbrezza dell'utilizzo di un paternoster, uno dei pochi rimasti in Europa, un ascensore composto da una catena di compartimenti aperti che si muovono in circolo su e giù per il palazzo.

La breve visita a Praga si conclude con un nulla di fatto sul fronte lavorativo e giunge presto al termine. Dovrò aspettare ben cinque anni prima di rimettere piede sul suolo ceco. Ma sarà un ritorno in grande stile, denso di nuove esperienze e interessanti giri turistici.

Dopo una breve sosta a Linz, arrivo a Ceské Budejovice, la capitale della Boemia del Sud, dove mi incontro con Martin, un amico conosciuto a Linz tramite Eugen. La piccola cittadina, dall'atmosfera rilassata e gradevole, presenta un centro storico molto interessante e ben tenuto, visitabile in un paio d'ore. Con la macchina raggiungiamo quindi Hluboká nad Vltavou, un paesino poco distante sede di un bellissimo castello, le cui origini risalgono alla fine del Tredicesimo Secolo. Tornati in città, ho ancora una paio d'ore prima del bus per Praga e le passo in compagnia di David, un altro vecchio amico di Linz, grande musicista e programmatore.

Un paternoster in azioneUn paternoster in azione

Raggiungo nuovamente la capitale del paese con un bus della Student Agency, che è ormai diventata l'orgoglio dell'economia ceca. Nata come piccola società di bus locali, la compagnia è riuscita, grazie alla lungimiranza del proprio manager, ad espandersi tanto da possedere oggi una moderna flotta di pullman, aerei e treni.

Al terminal di Na Knížecí incontro Zuzana, una simpaticissima ragazza slovacca conosciuta a Innsbruck. La giovane vive a Praga ormai da cinque anni e, sebbene la città le appaia ancora come caotica e opprimente, ha accettato di farmi da guida. Con il tram e la metro arriviamo alla stazione di Holešovice e, continuando a piedi per dieci minuti, raggiungiamo lo studentato dove Zuzana vive. Dopo un'ottima cena a base di lasagne (la mia ospite è un'esperta di cucina italiana) ci aggiorniamo sulle nostre conoscenze comuni e organizziamo il programma della giornata successiva.

La Chiesa di Santa Barbara a Kutná HoraLa Chiesa di Santa Barbara a Kutná Hora

Il nostro itinerario parte costeggiando la Mòldava fino al caratteristico distretto di Troja, che ospita un elegante palazzo barocco. Da lì, in quaranta minuti, raggiungiamo la zona delle ambasciate e quindi il centro storico per poi rinfrescarci con una birra al Riegrovy Sady, un bar situato su una collina con un'ottima vista sulla zona ovest della città. Ritorniamo verso il centro e insieme a Šárka, che ha appena finito di lavorare, e Lilia, un'amica ucraina conosciuta a Kiev, ci concediamo una pausa con musica dal vivo nell'elegante Caffè Slavia. Lì decidiamo anche come muoverci nei giorni successivi. Ormai riesco a orientarmi bene nella capitale ceca e così propongo di esplorare qualche nuova città nelle vicinanze.

La piazza principale di Hradec KrálovéLa piazza principale di Hradec Králové

L'indomani, dopo quasi due ore di treno, arriviamo quindi a Plzeň, universalmente nota per l'antico birrificio Pilsner, aperto nel 1839. La città non offre tantissimo da visitare ma la Cattedrale di San Bartolomeo in Piazza della Repubblica e la curiosa Stazione Centrale sono di sicuro degne di nota. A livello storico, Plzeň è stata la città più popolosa della zona dei Sudeti, quella parte di impero austro-ungarico a maggioranza tedesca ceduta alla Cecoslovacchia dopo la Prima Guerra Mondiale e in seguito rivendicata pdai nazisti come Spazio Vitale della Terzo Reich. Sebbene alla fine della Seconda Guerra Mondiale i cittadini di lingua tedesca vennero espulsi dal paese, la città presenta ancora diversi tratti "bavaresi". Il confine con la Germania corre infatti a meno di cinquanta chilometri.

Plzeň, Stazione CentralePlzeň, Stazione Centrale

Sulla via del ritorno decidiamo, dopo una piccola confusione ferroviaria alla stazione di Beroun, di far tappa a Karlštejn, sede di uno dei castelli più famosi del paese. Qui, per oltre duecento anni, vennero conservati i gioielli della Corona di Boemia, traferiti nel 1791 nella Cattedrale di San Vito a Praga. Il paesino è di per sé molto turistico ma il piccolo castello merita di sicuro una visita.

Il giorno seguente lo passiamo a Hradec Králové, una delle più antiche città del paese, situata a Est di Praga, vicino alla confluenza dell'Elba e dell'Adler. Il nome della città significa Castello della Regina, dato che sul finire del 12° Secolo era diventata la residenza della Regina Elisabetta Richeza di Polonia. Nonostante le ridotte dimensioni, il centro storico è davvero impressionante e ben tenuto. Camminiamo pigramente tra le piccole stradine del centro mentre una lieve brezza offre conforto dalla calura estiva.

Il Castello di KarlštejnIl Castello di Karlštejn

I miei giorni in Boemia giungono al termine e continuerò in bus verso Brno, capitale della Moravia. Mi ospiterà Lenka, un'altra amica conosciuta a Innsbruck l'inverno precedente. Lenka è abituata ad organizzare incontri e viaggi per l'associazione europea degli studenti di legge (ELSA, European Law Student Association) ed è un'ottima guida. In un giorno visitiamo i luoghi di interesse della città, compresa la tristemente celebre fortezza/prigione dello Spielberg (Špilberk in ceco). Qui sono stati imprigionati, insieme a criminali comuni, generazioni di cospiratori europei: protestanti ussiti, rivoluzionari francesi, giacobini ungheresi, partigiani cechi e carbonari italiani. Tra questi ultimi il più famoso è certamente Silvio Pellico che dai suoi otto anni di prigionia trasse ispirazione per il libro Le Mie Prigioni.

Brno, Chiesa di San GiacomoBrno, Chiesa di San Giacomo

Nel pomeriggio optiamo per una meta più rilassante: con il tram raggiungiamo il lago della riserva naturale Brnenská Prehrada, situato a Nord-Ovest della città, e da lì, continuando in barca lungo il fiume Svratka, arriviamo al piccolo castello di Veverí, una delle mete preferite di Sir Winston Churchill che lo visitò addirittura durante la sua luna di miele. Rientriamo in città verso sera e incontriamo Andrea e il suo ragazzo Jan, passando con loro un'allegra serata in un pub locale. Provo diverse specialità culinarie della Moravia e noto che qui, a differenza della vicina Boemia, la gente sembra preferire il vino alla birra.

Grazie all'ospitalità di Lenka riesco a calarmi ancora di più nella cultura locale: vengo infatti invitato a Vlasatice, il piccolo paesino, situato una cinquantina di chilometri a Sud di Brno, di cui lei è originaria. Lo raggiungiamo in bus nel primo pomeriggio e, nonostante l'afa, decidiamo di ammirare la piccola storia che fa la Grande Storia compiendo un giro nei dintorni. Due pub, una chiesa, una drogheria e tanti campi di grano. In lontananza si intravede una vecchia villa, acquistata una quindicina di anni prima da una famiglia olandese.

La campagna nei pressi di VlasaticeLa campagna nei pressi di Vlasatice

Per strada tutti si salutano e i rituali quotidiani sono ben noti. Un uomo, probabilmente il sacrista, si affretta verso la chiesa. In poco più di un'ora siamo di ritorno e faccio conoscenza con il resto della famiglia.La cena trascorre allegra (la madre di Lenka ha pensato bene di fare la pizza) e per la serata è previsto un concerto di un gruppo locale, i Cimballica. Nel repertorio però poca musica Moràva e tanta musica italiana, da Verdi a Bocelli.

L'indomani, prima di raggiungere Znojmo da cui proseguirò per Vienna, Lenka mi porta a visitare i laghi artificiali nei pressi di Vlasatice che servono da riserva di pesca o come parchi acquatici. Per realizzarli un intero villaggio venne evacuato e si può ancora vedere i resti della chiesa che spuntano dall'acqua.

Stanco ma soddisfatto dei miei dieci giorni in Repubblica Ceca mi appisolo dolcemente sul Railjet che mi riporterà a Innsbruck.

Molto tempo è passato dalla mia ultima visita in Repubblica Ceca. I contatti con la gente del posto si sono lentamente affievoliti, fino quasi a scomparire. Le case in cui i miei amici hanno vissuto sono state ristrutturate, vendute oppure demolite. Le persone con cui ho condiviso la mia giovinezza sono invecchiate, magari hanno cambiato paese, sono sposate, divorziate, forse scomparse.

Anche io sono cambiato: molte cose, che credevo dovessero durare per sempre, sono andate distrutte, sostituite da altre esperienze, che hanno generato gioie e sofferenze nuove, allora imprevedibili, così come le antiche tristezze e felicità mi risultano oggi difficili da comprendere. Per questo ho deciso di fissare con un racconto e delle illustrazioni i nomi, i volti e le storie delle persone che mi hanno accompagnato per un tratto importante e indimenticabile della mia vita. A loro, e alla generosissima Repubblica Ceca, è dedicato questo racconto.